Nel corso dei secoli, le fiabe hanno avuto il merito di trasferire episodi, virtù e debolezze umane nel mondo animale per veicolarne agevolmente il messaggio tra bambini e adulti. Il danese Hans Christian Andersen scriveva de Il Brutto Anatroccolo nel 19esimo secolo, non immaginando che due secoli più tardi un croato avrebbe preso alla lettera quel racconto trasformandolo nella sua personalissima realtà. Il brutto croato sta riacquistando il rispetto e la considerazione di una piazza e di una gente che ormai lo sopportava a stento.
GLI INIZI
Marcelo Brozovic, arrivato all’Inter nel gennaio 2015 dalla Dinamo Zagabria, aveva riempito la valigia col talento e la corsa, ma non solo. Per essere uno slavo che si rispetti non poteva non aggiungere quella mancanza di continuità e indisponenza proprie e fondamentali della cultura calcistica balcanica. Una sorta di morbo inconscio e autodistruttivo che in quelle terre perde le sue tracce nel corso della storia e che raramente è stato debellato.
Marcelo Brozovic è stato questo e altro per 3 anni; caratterizzati da grandissime prestazioni circoscritte, da abbacinanti realizzazioni, da tanti chilometri corsi (spesso a vuoto) e tanta sofferenza (personale e collettiva). Per anni si è temuto dell’ennesimo equivoco tattico similare a quello rappresentato dal connazionale Kovacic nella sua esperienza nerazzurra. La sua perdurante inconsistenza, le sue mancate rincorse, le sue “braccine rotanti” in segno di disappunto per un errore personale o dei compagni, la sua mimica facciale e corporea sfiduciata erano motivo di contestazione della tifoseria e uno spettacolo deprimente e negativo per i suoi compagni. L’anatroccolo di Zagabria sembrava destinato a lasciare il nerazzurro già a gennaio; prima di essere frettolosamente bloccato da Spalletti a causa di tempistiche di mercato insufficienti a trovarne un rimpiazzo adeguato. Sembrava il protrarsi di un’agonia che avrebbe presto trovato conclusione nella sessione estiva.
LA SERA DELLA SVOLTA
Tutto questo, fino alla sera dell’11 marzo 2018. Al Meazza c’è in programma la sfida contro il Napoli e una serie di eventi (riconducibile a un reparto mediani schizofrenicamente concepito al risparmio numerico) quasi “costringe” Luciano Spalletti a inserire Brozovic nei due di centrocampo sul centro-sinistra accanto a Roberto Gagliardini. In quella sera si completa la magia. Malgrado tutte le preghiere e gli scongiuri dei tifosi della Beneamata (all’uscita delle distinte), unite alle difficoltà di un impegno simile e a una prestazione collettiva molto attenta e di cuore, Marcelo si riscopre a suo agio e come uno dei migliori, sia nel proporre (quelle rare volte) sia nel distruggere. Chiude con l’89% di passaggi riusciti (6 errori di cui solo 1 come appoggio arretrato) facendosi valere anche in interdizione (67%), non proprio la specialità della casa.
LA CONTINUITÀ
Riproposto a Genova contro la Samp, il croato riesce anche a migliorarsi. La percentuale di precisione dei passaggi sale al 92% pur toccando molti più palloni della sfida con i partenopei. Statistica ribadita nella sfida interna contro l’Hellas (91%), fino ad arrivare al derby dove si assicura un 90% vincendo il 78% (!) dei tackle. E’ proprio la sfida contro i rossoneri che sancisce la definitiva maturazione dell’anatroccolo Brozovic (con tanto di annesse dichiarazioni di Spalletti a fine gara). Un messaggio chiaro e con destinatari anche tutti quei tifosi ormai abituati da anni a dare il giusto peso alle buone prestazioni del 77 nerazzurro.
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Col Torino, nonostante l’inopinata e immeritata sconfitta, si conferma come il migliore, pur ricevendo un’ammonizione decisiva per fargli saltare la trasferta di Bergamo. Al termine della sfida dell’Atleti Azzurri d’Italia, la sua assenza e le difficoltà palesate della Beneamata alimentano il coro unanime dei tifosi: “Brozovic è diventato il motore dell’Inter” e sembra essere svanito ogni dubbio residuale.
IL SUO CANTO PRENDE VIGORE
Il turno infrasettimanale di martedì contro il fin troppo remissivo Cagliari è l’ennesimo acuto vocale di un periodo magico, culminato con un 94% di passaggi riusciti, 60% di tackle vinti e uno dei “suoi” gol: per intenderci, il tiro a giro sul palo lontano (peraltro molto difficile perché scagliato con la palla molto sotto rispetto al corpo). Tuttavia, ciò che dicono i crudi numeri non spiega a sufficienza l’impatto e la linfa energetica che è riuscito a dare Brozovic dopo essere stato abbassato di 10 metri. Una chiave di lettura l’ha fornita Spalletti stesso in conferenza.
Pur attribuendosi la colpa di non aver compreso prima dove Marcelo potesse rendere maggiormente, per sé e per la squadra, il tecnico di Certaldo ha usato il termine “recinto”. In particolare, le sue dichiarazioni post derby sono queste:
“Brozovic, un giocatore che ora riesce a darci pulizia, qualità, velocità, a capire in che parte bisogna mandare la palla. Lui, avendolo fatto giocare nel ruolo di trequartista, aveva bisogno di interpretare il campo come meglio voleva. Messo in un contesto più ristretto, avendogli creato il recinto dove passa la maggior parti di palloni, lì è fortissimo. Perché poi recupera il pallone e si sente responsabilizzato per la delicatezza del ruolo”.
LA STORIA DEL TREQUARTISTA “MAI AVUTO”
Nel corso degli anni, malgrado i tanti, troppi errori in appoggio o nelle scelte negli ultimi 20/16 metri, Brozovic si era contraddistinto per essere uno dei centrocampisti più dotati balisticamente e tecnicamente dello scarno reparto interista. Non che ci volesse molto, beninteso, ma il croato si confermava come l’unico (o quasi) giocatore di quella zona di campo in grado di inventare qualcosa, che fosse un tiro, un passaggio decisivo, un assist.
Evidentemente, quel continuo correre avanti e indietro (che pur faceva, benché male, in mezzo alle sue folli pagine bianche mentali) ne minava la lucidità sulla trequarti, ma non solo. Il ruolo in questione richiede una predisposizione (tra innata e allenata) di sapersi ricavare lo spazio per aiutare il possesso. In questo fondamentale, Marcelo non ha mai brillato particolarmente, mostrando un certo disagio nella copertura di quello specifico ruolo.
Inoltre, in tanti anni di moduli comprensivi della figura del trequartista, non è mai arrivato nessuno in grado e in possesso di determinate caratteristiche per farlo. Solo nell’ultimo gennaio l’arrivo di Rafinha ha portato in rosa un calciatore in grado di ricoprire quelle zolle e con quelle qualità assenti in tutti gli altri compagni che si alternavano in quella posizione più per “necessità” che per reale capacità. Prendendo in esame unicamente quest’anno, Borja Valero prima e, a volte, lo stesso Brozovic dopo hanno offerto un’interpretazione differente, entrambe lacunose sotto diversi aspetti, attivi e passivi.
PULIZIA, QUALITÀ E VELOCITÀ
L’averlo “recintato”, distribuendo la sua enorme e generosa corsa con più raziocinio, allontanandolo dal traffico degli ultimi metri, le sue innate capacità di dare la palla verticale, l’elasticità e velocità di pensiero, il saper arrivare da dietro per sostenere l’azione con abilità tecniche e le capacità balistiche e realizzative (oltre al concetto di responsabilità che deriva da quel ruolo e da essere la leva della manovra) hanno sancito la (speriamo) definitiva maturazione del Brozovic calciatore, aprendo nuovi e inusitati orizzonti all’esperienza del croato con la maglia nerazzurra.
Figura 1 – Il recinto di Brozovic – Milan 0 – 0 Inter
IL CANTO AVRÀ LUNGA VITA?
Marcelo si è ripreso l’Inter, ha riconquistato una grossa fetta della tifoseria e ha trovato il suo habitat naturale. Il prossimo step sarà il finale di stagione, dopodiché si volerà in Russia con la Croazia. Difficile dire se il CT Zlatko Dalic lo inserirà in quel ruolo nell’11 titolare (solitamente parte dall’esterno destro), ma se Brozovic continuerà sul sentiero tracciato, sarà complicato non vederlo al timone del centrocampo croato nel breve futuro. D’altronde l’età è dalla sua (novembre 1992), mentre i “mostri sacri” Modric e Rakitic sono rispettivamente del 1985 e del 1988. In definitiva, la speranza comune è che il taumaturgo Spalletti abbia, tra le altre cose, rivelato un nuovo presente e scritto un differente futuro per il 77 croato, nonché per l’Inter.
Tuttavia, l’errore più grande sarebbe ribadire il concetto aberrante del “siamo a posto così!” al termine di questa stagione. E’ evidente che il buon e ritrovato Marcelo non sia sufficiente per un club con determinate ambizioni e che tornerà a giocare due volte a settimana. Nell’attesa di scoprire ciò che sarà, ci godiamo questo finale di stagione tutto da vivere. Un palco finale che, nel festival della rincorsa alla prossima Champions League, potrà contare sulle performance canore di un cigno ammantato di nerazzurro in più.