Come scrive il Corriere della Sera nella sua versione online, Carlo Alberto dalla Chiesa era “un grande appassionato del pallone e mai poteva mancare allo spettacolo in diretta: lo stadio. Interista in prima battuta e atalantino in seconda, eredità quest’ultima della parentesi a Bergamo dove il padre Romano, un altro storico alto ufficiale dell’Arma aveva comandato, dalla Chiesa era ospite fisso del Meazza“.
Il quotidiano, così, ha intervistato Massimo Moratti che di dalla Chiesa ha un grande ricordo: «Due file dietro di noi, in tribuna, proprio alle nostre spalle. Papà con me e Gianmarco, e lui col figlio Nando e a volte Rita. E guardi, era interista vero. Sono cose che si capiscono al volo. Per esempio: al primo nostro gol mica gioiva, perché si sa, il calcio è imprevedibile e nel caso dell’Inter più che imprevedibile. Si manteneva serioso e silente in attesa del raddoppio o del fischio finale per avere la conferma della vittoria. Ma a successo incassato, niente cambiava: l’atteggiamento rimaneva composto, semmai subentrava una poderosa stanchezza. Dello stadio ho questa concezione: la partita bisogna viverla concentrati, con partecipazione. Le persone che si distraggono, parlano d’altro col vicino di posto, che scherzano e ridono… Mah, non le ho mai capite… È anche un festa, un divertimento, per carità, ma bisogna sapersi porre nel modo giusto… Ci vuole un’adeguata “tensione” che, nel mio caso, produce un’incredibile stanchezza con profondi attacchi di sonno. Ecco, dalla Chiesa interpretava così le domeniche a San Siro, senza dimenticare che del calcio era un intenditore. Guardava i più talentuosi, certo, ma gli piaceva l’immagine d’insieme che la squadra rimandava, la sua solidità difensiva, la compattezza. Insomma, un tifoso di quelli rigorosi. Nonostante, s’intende, le sue enormi responsabilità».