Ci teneva subito a mettere in evidenza la propria identità, in maniera fiera e senza paura di mostrarsi trasparente. L’Inter è un po’ come quelle donne particolarmente esuberanti che – al primo appuntamento – decidono di essere se stesse, senza preoccuparsi troppo di piacere all’altro e dando sfoggio a tutti i propri eccessi. Sta all’altro innamorarsi di pregi e difetti. Ma è bella, tremendamente bella, e quell’aura di lucida follia la rende persino irresistibile. Ecco, l’Inter alla prima a San Siro decide di indossare l’abito che le si addice di più: quello dell’intrinseca irrazionalità che la contraddistingue da sempre. Parte malissimo, subisce gol, continua a sbandare, si rialza a fatica, pareggia sulla sirena dell’intervallo, passa in vantaggio con un po’ di fortuna, si fa riagganciare, va di nuovo sotto, rischia di subire il colpo del ko ma Vlahovic la grazia (ha restituito ai nerazzurri i punti portati via nella stagione scorsa…), la pareggia e infine va addirittura a vincerla. Cose da Inter, insomma.

Squilibrati

Sarà la condizione fisica che ancora è lontanissima da quella migliore, visto che ci stiamo apprestando a vivere un’altra stagione anomala (basti pensare che i nerazzurri hanno disputato l’ultima partita della scorsa annata il 21 agosto, poco più di un mese fa). Sarà un mercato ancora aperto che inevitabilmente condiziona alcune scelte, come quella di Skriniar non impiegato nonostante – nel pre e post partita – il direttore sportivo Ausilio e il tecnico Conte abbiano messo in evidenza che lo slovacco non è in vendita, pur ammettendo l’esistenza di contatti con il Tottenham in tal senso. Però l’Inter appare priva di equilibrio, sfilacciata tra i reparti, troppo incline a subire ripartenze pericolose non appena gli avversari si impossessano della palla. La linea difensiva è inedita, con il nuovo acquisto Kolarov impiegato dall’inizio e Bastoni schierato da centrale. Il serbo ha delle responsabilità in particolare sul primo gol, ma si fa apprezzare in fase di impostazione; l’italiano, nonostante si temesse che nella nuova posizione potesse perdere la brillantezza della scorsa stagione, non sfigura affatto e conferma la predilezione di Conte per i centrali-registi: Bonucci, David Luiz, De Vrij, ora Bastoni. Ma non può bastare. L’Inter concede troppo, i reparti comunicano poco. E quando ci si trova davanti un eterno campione come Ribery le cose diventano ancora più difficili: il francese fa malissimo ai nerazzurri sul 2-2 e sul 2-3.

Non si è troppo netti se si afferma che così non si vince. La speranza, che diventa ragionevolmente certezza, è che la squadra di Conte – con il passare delle partite – acquisirà solidità difensiva. Per ora si “accontenta” di tre punti pesantissimi, nonostante si tratti della prima giornata.

Il grande equivoco

Non si può non parlarne: Christian Eriksen continua ad apparire avulso dal gioco nerazzurro. Un pesce fuor d’acqua che comincia ad annaspare, visto che i mesi di militanza sono ormai nove e che ieri – ancora una volta – sia stato messo nelle condizioni migliori per dare sfoggio alle proprie potenzialità e qualità: la zolla da trequartista. Conte lo ha sottolineato dopo la partita, ammettendo che al ragazzo “serve una scintilla”. Il primo gol della Fiorentina parte da un suo banale errore a centrocampo. Ma non è solo un episodio: il danese appare sempre in ritardo, corre ad una marcia in meno rispetto agli altri 21 sul terreno di gioco, non è cattivo, anzi evita i contrasti. La sensazione è che serva un lavoro psicologico sul ragazzo, che ha ottima qualità ma che ad oggi appare insicuro dei propri mezzi. Se cambierà atteggiamento potrà diventare importante per questa Inter, altrimenti dovrà abituarsi a numerose panchine.

Certezze

La squadra di Conte, nei momenti di difficoltà, si rifugia però nei suoi uomini cardine, che nella scorsa stagione le hanno permesso di riconquistare “credibilità” (Conte dixit). Il gol di Lautaro Martinez sul finire del primo tempo, per esempio, non solo è bellissimo ma ha anche un peso specifico parecchio rilevante, visto che consente all’Inter di andare negli spogliatoi sul pareggio e con una ritrovata fiducia. E a condurre la ripartenza che porta alla rete del Toro c’è quel Nicolò Barella anche ieri fra i migliori: è ormai una certezza, anche perché le sue giocate risaltano in un centrocampo in cui Brozovic non si accende, il redivivo Perisic gioca una brutta partita (condizione fisica o inadeguatezza al ruolo da “quinto”? Lo scopriremo) e Young gioca una partita scolastica in fase offensiva, mentre in fase difensiva salva un gol fatto di Kouame con uno straordinario intervento. E poi c’è lui, sempre lui, quel Romelu Lukaku che si mangia un paio di gol ma che continua ad essere il punto di riferimento per eccellenza dell’Inter di Conte: quando i compagni riescono a trovarlo spalle alla porta, c’è sempre pericolo in agguato per gli avversari. Il belga trova il gol del 3-3 che avvia la rimonta finale, segna per il quarto anno consecutivo all’esordio e ribadisce il suo ruolo da protagonista anche nella nuova Inter.

Panchina d’oro

La netta differenza rispetto all’Inter della scorsa stagione si è avvertita già all’annuncio delle formazioni ufficiali, leggendo i nomi sulla panchina nerazzurra. I cinque cambi, si sa, saranno un fattore enorme nell’economia del campionato 2020-21, e l’Inter si è attrezzata per poter (finalmente) cambiare le partite in corsa. Se nella passata stagione Conte guardava la panchina e non aveva possibilità di soluzione del rebus, quest’anno la scelta è più vasta sia in termini di qualità che di quantità. E i cinque che entrano a partita in corso hanno possibilità di cambiare la partita in ogni momento: HakimiSensiVidalNainggolanSanchez. Il belga appare abbastanza fermo, si spera che la sua condizione fisica possa migliorare con il passare delle partite, nonostante l’esplosività non possa più essere quella degli anni migliori. A patto che rimanga. Il nuovo acquisto Vidal trasmette lucidità nell’assalto finale e sicurezza quando c’è da mantenere il 4-3. Ma sono gli altri tre a cambiare volto al match: Hakimi è una costante spina nel fianco per i viola, e si regala anche il primo – fondamentale – assist della sua stagione servendo sul piatto d’argento il 3-3 a Lukaku; Sensi sembra quello delle prime partite della scorsa stagione, velocizza la manovra nerazzurra, è pimpante e regala agli uomini di Conte l’apporto purtroppo non concesso da Eriksen; Sanchez è letteralmente fondamentale, come dimostra il cioccolatino servito ad Hakimi nell’azione del 3-3 e lo splendido cross per D’Ambrosio sul gol della vittoria (sempre lui, quando conta). Avviso ai naviganti: l’Inter quest’anno ha una panchina. E luccica.

Pazze rimonte

Quella andata in scena ieri sera è una delle innumerevoli versioni della Pazza Inter. La rimonta effettuata, che ormai sembrava insperata, ha ricordato ai tifosi nerazzurri due partite in particolare, sempre a San Siro: la prima è Inter-Sampdoria 3-2 del 2005, dove la squadra dell’allora tecnico Mancini riuscì a segnare addirittura tre reti nel finale. La seconda è un match del 2010 che è quasi inquietante per come ricalca esattamente la successione di gol di ieri sera: si tratta di Inter-Siena 4-3. Anche lì Inter sotto, rimonta numero uno, rimonta avversaria, rimonta numero due con doppia marcatura nel finale. Lì furono Sneijder e Samuel – schierato da centravanti nel finale con una geniale intuizione di Mourinho – oggi sono Lukaku e D’Ambrosio. Come a dire: l’anima pazza dell’Inter non si può debellare, neanche negli anni migliori e nelle squadre che hanno vinto. E tanto. L’auspicio è che diventi una follia vincente, quella che porta a non mollare mai e vincere partite che sembravano perse, non viceversa. Proprio come ieri. Siamo certi che, messa così, la accetterebbe anche Conte. O forse l’ha già accettata.

 

 

24 anni, laureato in "Scienze della Comunicazione" presso l'Università della Calabria. L'Interismo è qualcosa che scorre dentro senza freni, in maniera totalmente irrazionale. Condividere questo sentimento è magnifico, scrivere di Inter ancora di più.