Fresco di ritiro dal calcio giocato, Andrea Pirlo è stato intervistato da Sky Sport e ha affrontato diversi temi.

SENSAZIONI – Per adesso sono positive perché era da un po’ che ci pensavo: non è una scelta fatta al momento, ma è ponderata e arriva al momento giusto. Ora mi sento bene. Cosa ho provato nell’ultima partita? Sicuramente un po’ di emozione perché era la mia ultima volta su un campo da calciatore, ma era una cosa che avevo deciso: non è stato un fulmine a ciel sereno, l’emozione era giusta al momento giusto. L’ho pensato l’anno scorso, alla fine del campionato anche perché un po’ di acciacchi si facevano sentire e non volevo arrivare a trascinarmi sul campo. Quando battevo gli angoli mi dedicavano una standing ovation: la gente mi apprezzava moltissimo, era contenta di vedermi in campo. Quando mi avvicinavo a loro c’era sempre grande affetto: li devo ringraziare perché mi hanno accolto come una star, anche se non lo ero.

MAESTRO – Qualche volta l’avevo già sentita in Europa, ma negli USA era l’aggettivo con il quale mi chiamavano: è una bella cosa, fa sempre piacere.

ESPERIENZA AMERICANA – Da sempre ho pensato di chiudere la carriera in America perché mi affascinava e il calcio era in crescita. C’è un movimento forte, che ha voglia di migliorare: c’è passione, i bambini cominciano a giocare a calcio invece di football e baseball. C’è voglia di diventare uno dei campionati più importanti del mondo. C’è da cambiare, ma hanno tutto per poterlo fare: ci vuole tempo e qualche regola diversa.

FUTURO – Starò qua fino alla fine dell’anno per sistemare tutte le cose, poi tornerò in Italia e inizierà un nuovo percorso: non so cosa, ma una nuova vita.

PUNIZIONI – Avevo studiato Juninho, tirava da tutte le parti con naturalezza e faceva traiettorie strane: mi sono messo lì a provare da solo e ho tirato fuori questo tipo di calcio mio che mi ha dato tante soddisfazione. Classifica? Juninho, Mihajlovic che calciava molto bene. Poi ce ne sono tanti altri: da Beckham, a Giovinco, Baggio, Del Piero. Ma i migliori due rimangono loro.

ALLENATORE – Non lo so, ho smesso da poco e non ho ancora le idee ben chiare. Sicuramente andrò a fare il corso, che è una cosa che potrà tornarmi utile. Se arriverà la scintilla di fare l’allenatore, lo farò; altrimenti farò qualcos’altro.

DIRIGENTE – Mi piacerebbe anche quello perché mi piace vedere le partite, conoscere giocatori. Amo il calcio, conosco molti campionati e mi piace stare lì a vedere giocatori giovani. Può essere una soluzione.

ALLENATORE PIU’ SPECIALE – Sia Conte, Simoni, Mazzone, Lucescu e Ancelotti hanno avuto grandi meriti nella mia carriera. Lucescu è stato il primo a portarmi in prima squadra e ha chiesto una delega per farmi giocare. Simoni mi ha dato fiducia all’Inter. Mazzone mi ha creato un ruolo. Ancelotti mi ha dato fiducia al Milan e con Conte ho instaurato un bellissimo rapporto. Devo ringraziarli: non li avessi avuti non avrei fatto la mia carriera.

TIFO – Da piccolo ero tifoso dell’Inter come mio papà, che mi ha portato a tifare i nerazzurri.

BAGGIO – Era il mio idolo fin da bambino e ho avuto la fortuna di giocarci all’Inter e al Brescia. Lo vedevo tutti i giorni e vederlo dal vivo era una cosa stupenda. Era un campione dentro e fuori.

MILAN O JUVENTUS – Ho fatto dieci anni fantastici al Milan e quattro stupendi alla Juve. Sono due squadre fortissime in cui mi sono trovato benissimo in entrambe. Sono due momenti fantastici della mia vita: si equivalgono, non c’è una migliore dell’altra.

ISTANBUL – Una delle più brutte notti della mia vita calcistica. Perdere una finale che vincevi 3-0 con un calcio fantastico è difficile da immaginare. Questo è il calcio, sono bastato 10 minuti per cambiare la partita. Per fortuna due anni dopo c’è stata la rivincita, anche se non cancella quello che è successo.

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