Sono giorni drammatici per l’Italia e per i suoi cittadini: fra lavoratori costretti a raggiungere ugualmente le proprie aziende e industrie, smart working, videolezioni accademiche o scolastiche, letture, serie tv e playstation, c’è davvero tanto tempo – più del solito – per riflettere.

E riflettere, in questo caso, sull’operato di una figura bistrattata dai più fino a qualche giorno fa: parliamo del presidente dell’Inter, Steven Zhang. E bisogna parlarne, nello specifico, per commentare quello che è stato il suo approccio all’enorme problema che ha messo anche un azienda miliardaria come il calcio in ginocchio. Ci piacerebbe tanto poter parlare dello Zhang presidente, dell’operato di Suning sul mercato, e magari passare poi alle questioni puramente di campo, come l’impiego di Eriksen, il momento buio di Lautaro e così via. E abbiamo cercato, in questo senso, di non rassegnarci a non parlarne, di non arrenderci a quello che – per il calcio – era un destino segnato. Quella parola che tanto faceva paura e che si è materializzata in tutta la sua brutalità una settimana fa: sospensione. Ed è probabilmente questa volontà di non rassegnarsi, la teoria del the show must go on, anche quando è palese che dovrebbe diventare “off”, che ha scatenato la reazione del giovane Steven dopo il rinvio di Juventus-Inter prevista inizialmente per l’1 marzo.

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Già, perchè in data 2 marzo, intorno alle 23.45, Steven attacca in maniera netta il presidente della Lega, Paolo Dal Pino. Lo fa usando toni accesi, lo fa insultandolo, lo fa con una storia su Instagram. In molti, in quei giorni, ritennero esagerati e fuori luogo i toni utilizzati da Zhang. A ripensarci oggi, 15 giorni dopo, quando ieri sera abbiamo assistito ai numeri peggiori di questa emergenza, si possono leggere diversamente i toni utilizzati da Steven in quella serata di inizio marzo. Sono indice di un ragazzo che ha vissuto sulla propria pelle l’inizio della pandemia, proprio nel suo Paese, colpito in maniera devastante, con tutti gli effetti che ne sono scaturiti. Sono indice di un ragazzo che sapeva a cosa l’Italia stava per andare incontro, suo malgrado, come oggi stiamo tristemente constatando. Sono indice di un ragazzo incredulo davanti alle manovre – queste sì – fuori luogo da parte del presidente della Lega, che decise di rinviare una partita proponendo di giocarla il giorno successivo – udite udite – “a porte aperte”. Sì, era stata davvero paventata l’ipotesi di giocare con il pubblico la partita, quando i numeri erano già diventati critici e in un mondo – quello della Serie A – che ben presto avrebbe avuto modo di segnalare il primo contagiato, Rugani. Uno che, per la cronaca, in quella partita era presente, seppur da panchinaro. Steven Zhang si sfogava, esplodeva, perché non poteva credere a ciò a cui stava assistendo, ovvero la volontà di speculare sui calendari con un’assurda speranza di poter giocare a porte aperte, e addirittura assistere alle accuse nei confronti per non aver accettato il rinvio al giorno successivo a porte aperte. E meno male, oseremmo dire (visti il numero di contagi cui si è arrivati) che il club nerazzurro si sia rifiutato immediatamente anche di ascoltare una simile proposta, nonostante lo stesso Dal Pino abbia attaccato l’Inter, rea proprio di aver “declinato la proposta” (e che proposta!), seguendo il sentimento popolare di molti tifosi (appunto, tifosi) della squadra avversaria che accusavano addirittura l’Inter di avere “paura di giocare a porte aperte”. No, l’Inter, con in testa il suo Presidente, hanno semplicemente ritenuto assurda e fuori dalla realtà l’ipotesi di poter riunire in uno stadio 40mila persone in una simile situazione, destinata come era prevedibile a peggiorare, come si può constatare oggi. Lo strumento delle porte chiuse è stato considerato l’unico, almeno da chi è dotato di coscienza, in grado di far proseguire questo campionato, prima che la situazione degenerasse e la competizione venisse sospesa formalmente (si andrà ovviamente e purtroppo oltre) fino al 3 aprile.

La reazione di Steven Zhang, così come le sue successive dichiarazioni nelle quali dichiarava di “essere stato troppo leggero”, testimonia quanto questo ragazzo si senta emotivamente vicino non solo all’Inter, ma all’Italia intera. Le donazioni di fondi e mascherine sono conseguenza naturale dell’atteggiamento fortemente empatico con il quale Steven sta affrontando la situazione pandemica in Italia. Un ragazzo che si è dimostrato maturo, molto più maturo di coloro che cercavano di “giocare col calendario”, nonostante non sia italiano e nonostante la situazione in Cina sia avviata alla conclusione. Steven si è mostrato molto più italiano di tanti personaggi di spicco del calcio, e non solo. Dando prova di nobiltà d’animo, di enorme personalità e di senso civico. Proprio quelle caratteristiche e quei valori che oggi più che mai tanto servono all’Italia e a tutto il mondo.