Ultima partita del 2022 nerazzurro, con annessa carica di malinconia e di soddisfazione. Gli ultimi 7 giorni interisti ci hanno infatti mostrato tutte le potenzialità di una squadra che, quando vuole, sa essere straripante e fonte di bel gioco. Per questo motivo, la settimana appena trascorsa non può che lasciarci con l’amaro in bocca a causa degli scontri diretti inspiegabilmente persi; al tempo stesso, tuttavia, è inevitabile provare compiacimento per il sorteggio decisamente fortunato di Nyon e per le vittorie meritate contro Bologna e Atalanta. Sono stati dunque giorni piuttosto propizi, che hanno in parte compensato il rincrescimento derivato dalla delusione di quelli precedenti.

Atalanta-Inter 2-3, Bergamo espugnata

Al Gewiss Stadium di Bergamo il risultato finale non è mai scontato. L’Atalanta ha dalla sua parte una tifoseria molto calorosa, una rosa equipaggiata e competitiva ed un allenatore col dente avvelenato che fa dell’Inter uno dei propri bersagli – sia dal punto di vista calcistico che da quello mediatico – preferiti. Le pressioni erano tante, perché la formazione di mister Inzaghi si è ritrovata costretta ad affrontare una delle 7 sorelle del nostro campionato ad una settimana esatta dalla notte più buia, quella del 6 novembre, quella dello Juventus Stadium. Perdere un altro big match avrebbe significato davvero salutare definitivamente il sogno scudetto. Ma Dimarco e compagni hanno alzato la testa decidendo di reagire, portandosi a casa una vittoria tanto sofferta quanto meritata. Questo successo è il coronamento del lavoro di un gruppo compatto, che non si è lasciato abbattere dalle difficoltà ma al contrario ha saputo rimboccarsi le maniche e portare a casa i 3 punti nel mai banale derby lombardo.

Lookman apre le danze, poi il Cigno diventa Rapace

Terza partita della stagione disputata all’ora di pranzo, che proprio al 25′ ci rimane bloccato in gola quando un intervento ingenuo di de Vrij stende in area Duván Zapata. L’arbitro Daniele Chiffi non ha dubbi e ordina il calcio di rigore. Ad aprire le danze è il solito Ademola Lookman, che dagli undici metri traccia una traiettoria imprendibile che il nostro sfortunato Onana può solo intuire. L’andamento della partita sembra ripetere il solito canovaccio: sofferenza, delusione, sconforto. Ma l’unico copione che si ripete è quello della gara di mercoledì col Bologna, con un’Inter orgogliosa in grado di rispondere di carattere al momentaneo svantaggio. Al 36′ minuto la squadra di Inzaghi trova infatti il pareggio con un’acrobazia in volo dell’ispirato Edin Dzeko, che da Cigno diventa Rapace e si fionda come un avvoltoio su un pallone spizzato dalla testa Lautaro Martinez, capitalizzando la prima grande occasione nerazzurra.

Il postino suona sempre due volte

Ma il Cigno di Sarajevo – divenuto Rapace – è insaziabile, e come il postino suona sempre 2 volte. Al 56′ minuto arriva infatti il goal del sorpasso targato Edin Dzeko, che di rapina sigla la terza doppietta stagionale dopo quelle contro Viktoria Plzen e Sassuolo. La rete è una delle sue: sul bel cross dell’incontenibile Dimarco il bosniaco classe 1996 risponde ancora una volta presente, accomodando in rete un pallone facile ma pesantissimo. È un goal di vitale importanza per le speranze dei nerazzurri, che da quel momento in poi sembrano in fiducia e capaci di inventarsi interessanti transizioni e trame di gioco. Il solito geometra Calhanoglu in mezzo al campo disegna traiettorie geniali per gli esterni e per le punte, mentre la retroguardia difensiva, nonostante i due goal incassati, appare più solida rispetto al solito. Sono tuttavia i due attaccanti a rendersi protagonisti. Oltre alla freddezza dell’ex Roma e Manchester City, va infatti encomiata la garra del Toro, che nonostante il Mondiale alle porte non si esime mai dal rischiare un contrasto e corre come un forsennato fino all’84’.

Palomino tuttofare, prima affossa e poi illude i bergamaschi

È stata una serata sicuramente pregna di emozioni quella del difensore dell’Atalanta José Palomino, ritrovatosi inaspettatamente titolare per la prima volta in stagione a seguito dell’infortunio patito durante il riscaldamento da Rafael Tolói e della recente assoluzione nel processo che lo ha visto imputato per doping. L’argentino classe 1990 si è eletto protagonista indiscusso della gara, incidendo sul tabellino prima con un autogoal e poi con un goal. Al 61′ minuto, infatti, l’ex Metz trafigge con un colpo di testa il proprio portiere Juan Musso, deviando in maniera fortuita il pallone proveniente da un corner velenoso di Calhanoglu sporcato di testa da Lautaro. Sempre da calcio d’angolo – ma stavolta nella metà giusta del campo – il numero 6 della Dea insacca di testa il cross proveniente dal mancino preciso di Teun Koopmeiners, sporcato per la terza volta in maniera decisiva dal nostro fuoriclasse col numero 10 sulla schiena. Nella mezz’ora finale è dunque un Palomino tuttofare: il centrale di San Miguel prima affossa e poi illude i bergamaschi.

L’ultimo canto del Cigno?

Nell’antichità si credeva che sul punto di morte i cigni, invece di spegnersi mestamente, esprimessero la loro gioia con canti ancora più armoniosi e soavi di quelli di cui sono stati capaci durante tutta loro la vita. Giunti ormai alla fine del 2022 interista e con il ritorno post-Mondiale di un Romelu Lukaku imprescindibile nello scacchiere di Inzaghi, viene da chiedersi se quella di ieri pomeriggio sia stata l’ultima prestazione da protagonista assoluto di Edin Dzeko. Il bosniaco troverà sicuramente meno spazio nel girone di ritorno, ma ha dimostrato in più occasioni di poter ancora fare la differenza e di avere ancora quella fame di goal propria dei grandi bomber. Le quasi 37 primavere sulle spalle non sembrano finora pesare sulle prestazioni e sulla determinazione del numero 9 nerazzurro, il cui contratto scadrà il 30 giugno 2023. La pausa Mondiale sarà un momento nodale per capire l’intenzione delle parti, che potrebbero sfruttare questo periodo di stallo del nostro campionato per accordarsi circa l’eventuale estensione annuale del contratto. Vedremo se Edin potrà ancora deliziarci con la sua rapacità o se invece abbiamo avuto la fortuna di assistere, da inconsapevoli spettatori, all’ultimo canto del Cigno di Sarajevo

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