L’Inter di ieri sera, specialmente nel primo tempo, ha mostrato chiaramente di essere alla fine di un tour de force sfiancante, da 7 partite in 20 giorni. A differenza del mini-ciclo affrontato prima della sosta di ottobre, però, quest’ultimo è stato condotto in condizioni di netta emergenza. E la lista degli indisponibili di ieri la dice lunga sulla precaria situazione numerica dei nerazzurri: Sensi (in panchina ma indisponibile), Ranocchia, Asamoah, Gagliardini, Politano, Sanchez. A centrocampo l’unico cambio Borja Valero, in attacco il suo alter-ego in termini anagrafici: Sebastiano Esposito. L’Inter di ieri ha condotto metà dei primi 45 minuti a ritmi lenti, mostrando di essere scarica fisicamente e forse anche mentalmente. E chissà se, in questo senso, il gol segnato su rigore da Verre dopo 20 minuti non sia stato paradossalmente provvidenziale per lo sviluppo della partita.
FORCING – Nella prima frazione di gioco, la condizione di assedio alla quale l’Inter di Conte ha costretto il ben organizzato Verona di Juric non è stata costante, anche se a tratti molto decisa. Fra i più pimpanti, un giocatore per ruolo: De Vrij (al quale viene concesso ampio spazio in impostazione), Brozovic (che prova più volte il tiro, senza lasciare il segno) e Lukaku. Ed è proprio quest’ultimo a guidare l’assalto del secondo tempo. Nei secondi 45 minuti, l’Inter non ha concesso al Verona di respirare, con i gialloblu costretti ad erigere una muraglia umana davanti a Silvestri. Romelu si carica la squadra sulle spalle, tiene palla, lotta come un leone e sprona i suoi da leader. Oltre al belga, ci provano un po’ tutti: Barella – meno pimpante rispetto al solito – alza il livello, Lazaro prende coraggio, Candreva entra per Biraghi ed è un pericolo costante, Brozovic e De Vrij sono i registi dell’assedio, Skriniar gioca una “partita mostruosa” (Conte dixit) in costante movimento fra le due fasi, Bastoni mostra doti balistiche sconosciute e un’ottima qualità di base (sua l’apertura per Lazaro in occasione del pareggio), mentre Lautaro e Vecino nella foga prendono due forti colpi in testa che li stordiscono. Lottano tutti come leoni. Ed il pareggio firmato di garra pura proprio dall’uruguaiano è assolutamente il minimo. Poi, però, per scardinare una difesa così chiusa (la migliore insieme alla Juventus alla vigilia) serve una prodezza, una giocata in grado di rompere gli schemi.
MAGIA – E se il destino è crudele con Lukaku, migliore dei suoi ma protagonista di un clamoroso errore sotto porta, è invece benevolo con Nicolò Barella. Il centrocampista sardo – pagato 45 milioni in estate – gioca una partita sotto tono, commette diversi errori tecnici, è più lento del solito: la sua stanchezza è evidente. Poi, però, al minuto 84 arriva la giocata da campione, da predestinato, la magia che fa esplodere San Siro e regala i 3 punti ai nerazzurri. Nicolò si tira via la maglietta (riesce a farsi ammonire anche senza commettere fallo, ma stavolta non importa a nessuno) ed urla di gioia. ”È il gol più bello della mia carriera”, confesserà ai microfoni a caldo. Ed è il gol che consente all’Inter di continuare la sua corsa, nonostante le mille difficoltà che un destino beffardo si sta divertendo a creare nella stagione nerazzurra.
ATTACCO AL POTERE – Perché questa Inter è più viva che mai. E lotta, soffre, conosce i propri limiti e le proprie fragilità ma si diverte ad oltrepassarli. Non era facile dopo la batosta di Dortmund (come ha ammesso lo stesso Conte), specie nel momento in cui ti ritrovi sotto dopo 20 minuti. E invece l’Inter, questa Inter, spinta anche da un San Siro meraviglioso, è riuscita a vincere ancora e restare lì, incollata ad una squadra di categoria nettamente superiore. Un confronto, fra due rose così, non avrebbe ragione di esistere, ma gli uomini di Conte si divertono a crearlo e ad ambire a qualcosa di leggendario. E ci credono ogni giorno di più. Perché magari l’Inter di quest’anno il potere non potrà ancora batterlo, ma è pronta a sferrare il primo vero attacco.