Ancora una volta, l’Inter si vede costretta a rimandare l’appuntamento con la vittoria alla prossima settimana ed ancora una volta per colpa di un goal subìto nei minuti finali. O meglio, ANCHE per colpa di una rete negli ultimi minuti. Sarebbe davvero ingenuo giudicare il pareggio odierno basandosi solo sul tabellino dei marcatori e fungerebbe da scudo per gli undici giocatori (anzi, tredici, contando i sostituti dai quali escludo Rafinha poiché subentrato quando non poteva fare nulla) che anche oggi hanno mostrato il loro lato peggiore, il loro egoismo, la loro scarsa capacità di capitalizzare al meglio le occasioni che si sono presentate durante il match, la loro incapacità di costruire azioni degne di nota.

Il primo tempo è stato degno di una partita di serie B, con tutto il rispetto per le squadre del campionato cadetto: passaggi elementari sbagliati da giocatori che disputano da anni campionati ad alti livelli, ma che vengono sistematicamente intercettati dai difensori avversari, cross casuali nella speranza di trovare il compagno che la piazzi di testa oltre ai movimenti in attacco che sbagliati ripetutamente. Mi vengono in mente due occasioni: nella prima, mentre Icardi arretrava sul limite dell’area per ricevere il pallone, Perisic andava sul fondo per crossare (alto) al centro, mentre Candreva si era posizionato, manco a dirlo, sull’esterno, in attesa di rimettere in area di rigore un eventuale cross non sfruttato. Nella seconda occasione, sempre con il capitano protagonista, D’Ambrosio alza il pallone per l’argentino che calcia goffamente il pallone, facendolo finire a lato. Se questi fossero episodi casuali, le critiche alla squadra andrebbero bollate come pessimismo o, se vogliamo, tafazzismo. Tuttavia è da più di un mese che la squadra gioca come se si conoscessero da una settimana, come se in allenamento non provassero alcuno schema o addirittura si allenassero singolarmente. Nella ripresa, la squadra ancora una volta ha sprecato delle occasioni che avrebbero chiuso la partita e portato un po’ di serenità all’ambiente ma, come sovente accade nel calcio, è stata punita negli ultimi minuti da Paloschi, dimenticato da Ivan Perisic che ormai sembra un corpo estraneo.

E’ evidente che qualcosa si è rotto tra i giocatori. Non è solo una questione di schemi o movimenti, i nostri attaccanti appaiono come rassegnati all’inevitabile ed i continui rimproveri in campo (vedi Perisic con Candreva ad inizio partita) certificano lo stato di tensione in cui versa l’attacco nerazzurro, aggravato dalle continue voci di mercato che vedono trequartisti ed ali vicini a vestire la maglia dell’Inter. A questo punto si può fare un parallelismo con l’Inter di Mancini nel 2015/2016: anche allora la squadra lottava per i primi posti ma nel mese di dicembre, dopo le voci di mercato secondo le quali la società era alla ricerca di giocatori in grado di segnare (come oggi!), l’armonia tra allenatore e giocatori si ruppe ed i nerazzurri conobbero un periodo di crisi che durò fino ad inizio marzo, quando la società decise finalmente di agire a supporto dell’allenatore e criticò pesantemente i giocatori in diretta tv. Qualcuno potrebbe ribattere che quell’Inter arrivò quarta ed oggi quella posizione garantirebbe la qualificazione in Champions League. Sarei anche d’accordo, non fosse che quest’anno rischiamo di non arrivare nemmeno quarti, perché se i primi due posti sono irraggiungibili dato il ritmo incredibile sostenuto da Napoli e Juventus, va ricordato che anche la Lazio sta attraversando un momento di forma strepitoso e la Roma dista solo 3 punti dai nerazzurri. Inoltre bisogna prestare attenzione ad un possibile inserimento della Sampdoria che potrebbe sfruttare il momento di difficoltà di Inter e Roma.

Data la passata esperienza, è auspicabile che Ausilio e Zanetti prendano immediatamente provvedimenti e abbiano il coraggio, qualora sia necessario, di fare scelte anche drastiche, come la cessione di uno o più prezzi pregiati. E’ inammissibile che la squadra dipenda dagli umori di 3-4 giocatori che si sentono intoccabili perché non ci sono alternative in panchina e chiedono rinnovi ogni anno, facendo trascorrere settimane nelle quali non riescono a gestire il pallone come qualsiasi giocatore di serie A dovrebbe essere in grado di fare. Se si perseverasse nell’immobilismo, le conseguenze sono note: crollo in classifica e addio alla Champions League e successivo esonero dell’allenatore che diventerebbe il capro espiatorio per l’ennesima stagione fallimentare. Questa, dispiace dirlo, è un’accozzaglia di giocatori, non una squadra…