Puntuali come un treno svizzero, dopo l’eliminazione dalla Champions di martedì scorso, ecco che arrivano le voci che vogliono l’esonero di Spalletti o comunque un cambio sulla panchina dell’Inter alla fine della stagione in corso. Secondo la stampa infatti, l’arbitro non aveva ancora finito di emettere il triplice fischio di Inter – PSV che Marotta (entrato ieri ufficialmente in società come Amministratore Delegato per la parte sportiva) stava già chiamando in ordine di rubrica telefonica: Conte Antonio, Mourinho José e Simeone Diego (salvo altri).

Ora, io non so come stiano esattamente le cose in società, ma di certo mi sento di asserire che un cambiamento sulla panchina dell’Inter, ora, sarebbe assolutamente deleterio e controproducente.

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Detto questo, di certo Luciano Spalletti non è esente da colpe, come ad esempio non essere riuscito a far ripartire la squadra dopo il gol del PSV, quando invece l’Inter è andata in totale confusione, non riuscendo a riorganizzarsi in maniera decisa e funzionale, come una grande squadra dovrebbe fare, senza accusare il colpo e disunirsi come invece abbiamo fatto noi. Oppure, a pareggio raggiunto grazie ad un grandissimo Mauro Icardi, quando Spalletti ha mandato in campo Vrsaljko al posto di Politano: un cambio che tecnicamente ci potrebbe anche stare viste le pedine disponibili in panchina, ma che in ogni caso ha dato, in maniera più o meno esplicita, un segnale alla squadra di accontentarsi del pareggio visto che il Barcellona stava vincendo col Tottenham. Il pareggio della squadra di Pochettino (che peraltro stava comunque attaccando a pieno organico da un pezzo) è arrivato come una punizione divina.

Ma bastano queste colpe per addossare tutta la responsabilità dell’eliminazione sulle spalle del tecnico? Io dico di no, né tantomeno possono giustificare la ridda di voci su presunti avvicendamenti più o meno repentini sulla panchina nerazzurra.

Il mai troppo compianto Bruce Lee asseriva che “essere superati da altri non è una vergogna. Quando ti superano, la cosa più importante è chiederti: ‘Perché sono stato sconfitto?’. Se una persona riesce a riflettere in questo modo, allora c’è ancora speranza”.

Ecco, quello che io mi auguro è che questa “sconfitta” sportiva porti la squadra e Spalletti in primis a porsi la domanda sul perché questa eliminazione sia arrivata.

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Ho provato ad evidenziare un paio di lezioni che il tecnico di Certaldo (e anche noi tifosi) dovremmo aver imparato da questa eliminazione.

La prima lezione: non basare la valutazione di una partita solo in ragione del risultato ottenuto.

L’Inter ha vinto la prima partita del girone in casa col Tottenham per 2 a 1, riuscendo a rimontare nel finale grazie alle reti del solito Icardi e di Vecino. L’euforia per il gol della “garra charrua” a tempo scaduto ha edulcorato una prestazione di squadra non certo entusiasmante. Lo stesso dicasi per il pareggio strappato al Barcellona sempre a San Siro per 1 a 1: i blaugrana hanno dominato dall’inizio alla fine, ma il gol di Icardi (sempre lui!) ha fatto pensare ad una squadra già matura per competere con le migliori. Ma non è così.

Il Tottenham, pur non essendo una squadra di primissimo livello, ha pareggiato al Camp Nou facendo una partita ben diversa rispetto a quella che facemmo noi (perdendo 2 a 0). Certo, il Barca era già qualificato e ampiamente rimaneggiato dal turnover di Valverde, ma il Tottenham ha comunque fatto una partita che l’Inter ha dimostrato di non saper ancora fare, a certi livelli.

Il giornalista e scrittore catalano Guillem Ballague, biografo di Guardiola, Messi e Cristiano Ronaldo (quindi non l’ultimo dei pirla), al termine di Barcellona – Tottenham ha postato su Twitter una foto dello stadio e scritto: “Questa è stata senza dubbio una delle migliori partite di una squadra straniera al Camp Nou in tanti tanti anni. Fatico a ricordare una squadra che abbia fatto così bene qui”. Non penso che lo stesso lo potesse dire per la partita dell’Inter.

Altra lezione: è stato sbagliato l’avvicinamento alla partita col PSV.

Dico questo perché è risultato evidente che si fosse data più attenzione all’eventuale “biscotto” tra Barcellona e Tottenham che al fatto che battere i ragazzi di Eindhoven non fosse proprio quella passeggiata che molti ipotizzavano. Anche durante la partita, il gol di Dembélé sembrava ci stesse spianando una strada che invece dovevamo spianarci noi per primi, con le nostre forze. Alzi la mano chi, ad un certo punto, non sperava più in un gol del Barcellona al 90° che in uno dei nostri… una squadra che vuole diventare grande deve abituarsi a schermarsi dal mondo che la circonda e pensare solo a vincere una partita dopo l’altra.

Tornando a Bruce Lee, io voglio augurarmi che tutto ciò che è successo abbia portato Spalletti a riflettere su queste lezioni. Se così è, allora il nostro mister potrà giocarsi la riconferma anche per le prossime stagioni, perché imparerà a correggere quello che non ha funzionato nella testa della squadra.

La prima fondamentale riprova la avremo nella partita di sabato contro l’Udinese a San Siro. Io mi auguro che il discorso che Spalletti farà alla squadra negli spogliatoi inizierà con queste testuali parole: “quella di oggi è la partita di gran lunga più importante dell’anno, la partita fondamentale della stagione!”. Perché la verità è proprio questa: l’Inter è chiamata a rialzare la testa immediatamente, a prendere atto della realtà, a lavorare ed a migliorarsi partita dopo partita, sapendo che il lavoro da fare è tanto e che ogni passo deve essere volto al rafforzamento della convinzione di essere in cammino per arrivare ad essere, presto, una grande squadra.

In questo momento di difficoltà, ci viene in soccorso un altro grande uomo, Nelson Mandela. Quando era rinchiuso in prigione in Sudafrica, affranto dalle difficoltà, invece di arrendersi scrisse una discorso che è diventato storia:

Dalla notte che mi avvolge,
nera come la fossa dell’Inferno,
rendo grazie a qualunque Dio ci sia
per la mia anima invincibile.
La morsa feroce degli eventi
non m’ha tratto smorfia o grido.
Sferzata a sangue dalla sorte
non s’è piegata la mia testa.
Di là da questo luogo d’ira e di lacrime
si staglia solo l’orrore della fine.
Ma in faccia agli anni che minacciano,
sono e sarò sempre imperturbato.
Non importa quanto angusta sia la porta,
quanto impietosa la sentenza,
io sono il padrone del mio destino,
il capitano della mia anima.

 

Oggi più che mai: Forza mia bella Inter!