Con un bel po’ di affanno e correndo qualche brivido di troppo, l’Inter porta a casa altri tre punti, battendo in trasferta il Benevento. Gara resa insidiosa dall’orgoglio dei calciatori di Baroni e dall’insicurezza di una Beneamata ancora convalescente, costretta a fare i conti con gli arcinoti limiti di gestione di un vantaggio che, ad onor del vero, nel primo tempo avrebbe potuto assumere una dimensione ancora più importante. Sul 2-0 sono emerse le difficoltà dell’ultimo periodo di Borja Valero, non lucido come nelle prime uscite, cassaforte nerazzurra della quale più d’un avversario sembra aver trovato la combinazione. Ma dopo un filotto del genere, fatto di sei vittorie ed un pareggio, il bicchiere non può che essere mezzo pieno. E fa bene Spalletti a ribadire il concetto ai microfoni dei colleghi al triplice fischio. Perché proprio tenendo conto delle lacune, il tecnico toscano non può non apprezzare i risultati comunque ottenuti e la disponibilità dei calciatori ad apprendere nel minor tempo possibile un’idea di calcio che per larghi tratti emerge già con contorni ben definiti.
Nella terra delle streghe, l’Inter vive il suo Halloween anticipato e scaccia via, si spera definitivamente, i fantasmi del recente passato, vincendo una gara che soltanto una stagione fa avrebbe avuto con molta probabilità un esito diverso. Merito del lavoro certosino di Lucianone, che ha già avviato un percorso verso la ricostruzione di una mentalità vincente, in attesa degli invocati progressi sull’estetica di un gioco che ancora non esalta i tifosi. Importantissimo che, anche quando le gambe smettono di girare e l’avversario sembra acquistare fiducia, la squadra non perda la bussola, come troppe volte successo negli ultimi anni: il primo grande merito di un tecnico che finora non può merita soltanto dolcetti dalla sua piazza.