Domenica 18 settembre 2022, ore 12:30. L’Inter è ospite in casa dell’Udinese, la squadra friulana viene da quattro vittore consecutive, sua miglior partenza di sempre, ed un’unica sconfitta alla prima di campionato contro il Milan dopo essere addirittura, con merito, passata in vantaggio. I nerazzurri hanno appena vinto in Champions contro il Viktoria Plzen ma ancora bruciano le tre sconfitte con Lazio, Milan e Baryern.
La partenza interista contro la squadra di Sottil non è niente male: Barella con una punizione porta sull’1 a 0 i suoi, doppia gioia, per l’Inter e per il centrocampista azzurro, visto che (fino ad oggi) i calci piazzati non erano mai stati il suo cavallo di battaglia.
Da quel momento, una partita che sembrava essere in discesa si trasforma in una salita senza fine, in una ferrata proibitiva, proprio come tutte le ultime gare giocate malamente da parte dei nerazzurri.
E così arriva il calo dal punto di vista del gioco, errori individuali, nervosismi, il classico atteggiamento restio, quel non voler avanzare preferendo invece l’attesa; finché, in maniera del tutto prevedibile, arriva il pareggio dell’Udinese su autogol (sfortunato) di Skriniar.
Siamo al ventiduesimo e c’è una vita ancora per poter portare a casa il risultato.
Ma, ventotto minuti dopo il fischio d’inizio accade un qualcosa che cambierà inevitabilmente le sorti della stagione nerazzurra e del suo allenatore.
Inzaghi effettua un doppio cambio, che lì per lì può risultare un tentativo di voler dare un segnale e cercare di smuovere l’andazzo negativo, ma con il passare dei secondi si percepisce che in realtà la mossa è scellerata: fuori Bastoni (effettivamente il peggiore in campo fino a quel momento) dentro Dimarco e, scelta che sarà, insieme a diverse altre, madre di interrogativi e perplessità, fuori Mkhitaryan per far spazio a Gagliardini. Sì, Gagliardini.
Piccola parentesi su quest’ultimo, nulla contro il ragazzo ma se San Siro lo ha fischiato e dunque non è amatissimo dal pubblico è anche perché spesso e volentieri viene messo nella mischia in condizioni non favorevoli, diciamolo chiaramente così viene solo messo difficoltà.
Questi cambi naturalmente non daranno una mano all’Inter a vincere la partita, anzi, uniti ad altri che Inzaghi effettuerà nel secondo tempo hanno aiutato a portare una sconfitta per 3 a 1, la terza in campionato in sette partite.
Errori, errori, errori
Gli sbagli di gestione di Inzaghi sono molti ed evidentissimi, in primis: i cambi.
E’ un tallone d’Achille che condiziona in modo decisivo le partite. Far entrare quattro giocatori difensivi su cinque cambi a disposizione (effettuati), avendo una partita da dover vincere, e l’unica mossa offensiva è togliere Dzeko (uno dei pochi migliori in campo) al posto di Correa non ha senso.
Come se non bastasse l’ultima carta giocata è Acerbi per De Vrij, una sostituzione sterile, perlomeno per noi interisti visto che l’Udinese troverà il terzo gol proprio su un errore (l’ennesimo) dell’olandese.
Non sarebbe stato meglio perdere buttando dentro “tizio” attaccante della primavera piuttosto che perdere cercando di subire di meno o, banalmente, chiudere la partita tentando il tridente Lautaro-Dzeko-Correa?
In secundis: l’ossessione dei gialli.
Giustificare l’uscita di Mkhitaryan e Bastoni perché ammoniti non è più accettabile; l’armeno è un giocatore di 33 anni con una certa esperienza europea, ma come si può sostituirlo al 28’ del primo tempo perché ammonito? Un giocatore non avvezzo al fallo, tra l’altro? Non se ne può più.
Se poi un giocatore non mette più la gamba per paura di prendere un’ammonizione ed essere sostituito, beh, ha la mia solidarietà.
Terzo: il modulo.
Quattro difese cambiate in corso gara (unico reparto che di solito si lascia intatto) ma un solo ed unico credo: il 3-5-2, un modulo che sta diventando un’agonia, tanto più quando in tre marcano il solo Beto. Eppure, lui è lì, ogni domenica come la domenica precedente, come se non esistesse altro schieramento possibile o come se non ci fosse una competenza adeguata per proporne un altro.
Quarto: il portiere. Handanovic non è stato il problema ultimamente ma è ora di andare oltre, Onana deve essere il portiere titolare. In tutti e tre i gol subiti (il terzo evitabilissimo) ha accompagnato il pallone in rete con lo sguardo, serve il coraggio per fargli fare un passo indietro, in panchina. Questa alternanza tra portieri è altamente nociva.
Ultimo punto: la condizione fisica indecente. L’Inter non corre, fa fatica, non ha brillantezza e questo è direttamente imputabile allo staff di Inzaghi quindi, di riflesso, imputabile a lui.
Sliding doors
Gli episodi chiave nella storia di Inzaghi all’Inter, per ora, sono essenzialmente tre: il derby perso al ritorno nella scorsa stagione, la Supercoppa e la Coppa Italia conquistate sempre lo scorso anno e la partita di ieri a Udine. Sono momenti che cambiano la carriera di un allenatore o le sorti di una squadra poiché se il derby fosse stato vinto al 99% si sarebbe vinto anche lo scudetto con annessa seconda stella, se invece non avesse vinto le due Coppe (avendo alla fine perso il campionato) probabilmente sarebbe stato esonerato e la sconfitta di ieri, perché dà ad Inzaghi il chiaro segnale di avere un’ultima chance da giocarsi per poter rimettersi in carreggiata o perdere tutto.
La domanda è una sola: Inzaghi può riprendersi l’Inter? In questo momento Simone non sembra avere la squadra in pugno, le facce e gli atteggiamenti dei giocatori dicono tutto.
I tifosi sicuramente hanno bisogno di vedere un cambiamento repentino, tutti accettano la sconfitta ma non in queste circostanze perché si ha l’idea che non siano sconfitte figlie della sfortuna bensì dell’inadeguatezza.
Non c’è uno spiraglio di luce ed il tunnel sembra lungo, Inzaghi deve accelerare nei cambiamenti se vuole uscirne il prima possibile ma il tempo stringe e le opportunità a disposizione, ora, sono davvero poche.
Cambiare allenatore, ma chi al posto di Inzaghi?
Le prossime sfide nerazzurre vedranno fronteggiare la Beneamata contro Roma, Barcellona (x2) e Sassuolo ed è ovvio che saranno sfide decisive per il futuro di Inzaghi.
La classifica fortunatamente non è nera, -5 punti dalla vetta non sono un’enormità se si agisce subito sulla virata generale.
Sicuramente sarà giusto ed intelligente dare queste altre poche possibilità all’allenatore nerazzurro, per poter vedere se effettuerà dei cambiamenti, sotto più fronti, e se si ritroverà quel percorso intrapreso lo scorso anno prima che tutto in campionato si sgretolasse come un castello di sabbia dopo una ventata.
I problemi di un eventuale esonero saranno due: capire il momento adatto e con chi sostituire Inzaghi.
Aspettare fino ai Mondiali di novembre non sarebbe possibile, troppe partite prima del grande evento e potrebbe risultare essere troppo tardi prendere una decisione in tali tempistiche, con la stagione oramai già compromessa.
L’altro problema è chi prendere. Al momento gli allenatori di spessore liberi non sono molti, gli unici big sono Tuchel (pessimo rapporto con Lukaku) e Zidane, e pensare ad un giovane (stile Inzaghi) o un traghettatore (Stankovic) potrebbe essere controproducente; una valida alternativa potrebbe essere un Bielsa ma lì poi bisognerebbe armarsi di pazienza, elemento che scarseggia nella tifoseria oggi come oggi.
Comunque vada, è presto per cambiare, saranno le due settimane post sosta quelle decisive per le sorti della panchina interista.
Inzaghi in queste due settimane può pensare a quali carte giocarsi per restare seduto su una panchina che ha guadagnato con tanti anni di lavoro e che sta buttando via troppo facilmente.