Un pareggio che fa male. E che sa di sconfitta. La partita del Friuli è stata frustrante fin dai primi minuti: spezzettata e nervosa, oltre che costellata di errori concettuali e tecnici da parte degli uomini di Conte negli ultimi 20 metri, quando era necessario far male ad un avversario difensivamente abile. L’Inter di Conte, che una settimana fa aveva regalato la miglior prova stagionale, non è riuscita a prendersi quei fondamentali tre punti che le avrebbero consentito di agganciare il Milan in vetta alla classifica, vista la debacle cui i rossoneri sono andati incontro a San Siro contro la splendida Atalanta. Le occasioni da gol sono state oggettivamente poche: la più clamorosa è quella che capita a Lautaro Martinez che però, per l’ennesima volta, si divora il gol quando, peraltro, avrebbe potuto agevolmente servire il gemello Lukaku a porta vuota. Un altro protagonista in negativo è stato certamente Achraf Hakimi, che – nonostante sia stato ripetutamente coinvolto e abbia ribadito la propria assoluta centralità nella squadra nerazzurra – è incappato in una serie di errori di scelte oltre che di misura. Può calciare al volo su uno splendido cross di Young e non lo fa, tentando un maldestro controllo; può servire ancora Big Rom a porta vuota ma il cross basso in area (fondamentale nel quale solitamente è infallibile) risulta ampiamente fuori portata. Romelu Lukaku, nel frattempo, dimostra di essere leggermente appannato fisicamente: ieri non è mai riuscito a fare la differenza, risultando anzi costantemente anticipato dai difensori friulani.

I tre giocatori citati non sono casuali: sono i principali interpreti chiamati in causa nei momenti in cui le partite dell’Inter non si sbloccano. Se falliscono tutti e tre nei momenti clou, per i nerazzurri – che in rosa difettano di giocatori in grado di saltare costantemente l’uomo – il campo diventa in salita e la strada ripida.

Contro un muro

Se contro la Juventus l’Inter aveva affrontato il suo genere di partita ideale ieri è successo l’opposto. La difesa alta dei bianconeri di Pirlo aveva mandato a nozze la squadra di Conte, che con ripartenze micidiali ha tagliato a fette gli avversari, stradominando. Ieri, invece, il pallino del gioco è stato lasciato ai nerazzurri: l’Inter ha affrontato una delle famigerate difese chiuse che quest’anno, più di una volta, hanno rappresentato uno spauracchio e un grosso limite della squadra di Conte. L’Udinese di Gotti ha disputato una partita difensivamente magistrale, riuscendo così a raggiungere l’insperato e lodevole risultato di aver subito un solo gol dai due attacchi più prolifici del campionato: Inter (ieri) e Atalanta (tre giorni prima). I friulani inoltre sono stati in grado di esacerbare l’atavico difetto nerazzurro, ovvero l’incapacità di scardinare le barricate di una squadra che gioca con l’obiettivo di pareggiare. L’Inter continua ostinatamente a sbattere contro il muro: non riesce a sfondarlo di forza (per quello servirebbe un Lukaku al top) ma non riesce neanche ad aggirarlo, trovando vie alternative. Quelle dovrebbero arrivare dalla panchina, ma i subentrati SanchezSensi Perisic non danno l’apporto auspicato: il cileno si vede poco, l’azzurro non incide e il croato fornisce l’ennesima risposta sconfortante. Nulla da fare, quindi, nonostante l’Inter avesse avuto una settimana per preparare la sfida (un’assoluta rarità, in tempi di Covid) e nonostante l’Udinese fosse stata impegnata nel recupero infrasettimanale. Una beffa inaspettata, ma non troppo…

Quel passo da grande

L’Inter, infatti, ha ormai tristemente abituato a non saper sfruttare le occasioni decisive, i match point come quello di ieri, quelli in cui si può fare un passo, quel passo, quello da grande. Un appuntamento costantemente rimandato, che ieri avrebbe consentito di agganciare i cugini chiudendo con le milanesi appaiate in vetta il girone d’andata. Alzi la mano chi, alla comparsa del tabellino Milan-Atalanta in alto a destra su Sky non ha rivisto i fantasmi dell’ultima notte di Champions, quando a San Siro i nerazzurri affrontavano lo Shakhtar Donetsk e nella stessa posizione figurava il risultato della sfida fra Real Madrid e Borussia. L’esito è stato lo stesso: risultato favorevole dall’altro campo, pareggio a reti bianche per l’Inter. Una coincidenza? Forse. L’aspetto positivo è che, a differenza del match europeo, che ha avuto conseguenze irreparabili, questa volta i nerazzurri hanno in fondo guadagnato un punto sui rivali. Anche se dietro, le altre “cinque sorelle” corrono veloci e si avvicinano pericolosamente. L’Inter dimostra quindi di non riuscire a liberarsi di quello sciagurato braccino che si ripresenta ogni qualvolta può raggiungere la vetta. Non è un caso, infatti, che nelle due giornate in cui la capolista Milan è uscita sconfitta, i nerazzurri abbiano rimediato un misero punto contro Sampdoria e Udinese. Ci si augurava, inoltre, di invertire la tendenza che vede l’Inter steccare nei periodi successivi alle vittorie contro la Juventus: sarebbe stata un’altra immensa prova di maturità oltre che di continuità assoluta. Il primo step è stato fallito, ma c’è tempo di rimediare. Già da martedì, quando sarà tempo di dentro o fuori: derby di Coppa Italia valido per i quarti di finale.

La morale di Immanuel Maresca

Nel 1785, Immanuel Kant redige l’imperativo categorico, che nella sua prima formulazione recita “agisci soltanto secondo quella massima che, al tempo stesso, puoi volere che divenga una legge universale“. Seguiranno altre due formulazioni.

Il 23 gennaio 2021, l’arbitro Fabio Maresca si candida di diritto – direttamente dal tunnel dello stadio Friuli di Udine – al ruolo di post-kantiano attraverso la quarta formulazione del suddetto imperativo: “Bisogna accettare quando non si riesce a vincere“. Rivolta, nello specifico, ad alcuni componenti del gruppo squadra dell’Inter. Un gesto di grande spessore morale da parte di un uomo che, nel corso dello stesso match, aveva già ampiamente dimostrato bontà d’animo decidendo di non espellere il difensore dell’Udinese, Arslan, che intorno al minuto 25 si era reso protagonista – già ammonito – di un chiaro fallo tattico su Romelu Lukaku. Un chiaro atto di benevolenza che si aggiunge ai soli quattro minuti di recupero che hanno destato l’ira funesta di Conte e che solo agli occhi di ispidi immorali potevano apparir pochini. In fondo, la partita non era stata affatto segnata da numerose interruzioni, simulazioni e cambi estremamente rallentati. Da non trascurare inoltre il fatto che l’arbitro Maresca abbia deciso di derogare dalla propria deontologia che  richiederebbe una certa distanza emozionale, immolandosi per una nobile causa: far comprendere all’immorale Inter “come non si vince”. E così prendiamo nota della nuova formulazione dell’imperativo categorico, che per potersi dire completa necessiterebbe di una doverosa integrazione. Per farlo, ci permettiamo di attingere da un’altra edulcorata espressione arbitrale datata 18 novembre 2012, autore Piero Giacomelli: “Voi dell’Inter dovete stare zitti“. Perentoria, possiede tutti i tratti per essere definita – in effetti – una legge universale.

A questa immorale Inter possiamo tuttavia riconoscere un merito: quello di prestarsi a diventar cavia per la formazione di post-kantiani d’eccezione, con il fischietto in bocca e i cartellini in mano. Uno stage di tutto rispetto.

 

24 anni, laureato in "Scienze della Comunicazione" presso l'Università della Calabria. L'Interismo è qualcosa che scorre dentro senza freni, in maniera totalmente irrazionale. Condividere questo sentimento è magnifico, scrivere di Inter ancora di più.