A Milano è andato in scena il primo dei due incontri validi per decretare il finalista della Coppa Italia 21/22, Milan-Inter finisce con un pareggio a reti bianche che fa tanto comodo ai padroni di casa mentre acuisce una crisi d’identità ancor non ritrovata per l’Inter.
La squadra di Inzaghi pareggia un derby stanco, pigro, non da Coppa, un derby che quasi non voleva essere giocato seppur in campo siano scesi i migliori (quasi) undici per entrambe le squadre.
Ennesima partita senza segnare, siamo giunti agli oltre 400 minuti senza esultare praticamente l’ultimo gol che abbiamo visto era mentre sistemavamo il puntale sull’albero di Natale.
In questa prima serata di marzo era importantissimo mettere a segno una rete vigendo ancora, e solo per quest’anno, la regola del gol in trasferta ed essendo che si giocava in casa del Milan bisognava tentare qualcosina in più in fase realizzativa.
Invece, ne esce fuori uno 0a0 che ci inguaia non poco se al ritorno dovessimo subire un gol.
Con questa regola, si dice che giocare in casa sia un vantaggio ma sinceramente non sono mai stato d’accordo, ok, l’avere il pubblico dalla propria può essere in certe circostanze fondamentale ma se all’andata non si è concretizzato neanche con un gol (ed eccoci qui) giocare in casa il ritorno l’ho sempre ritenuto svantaggioso. Nel nostro caso, se nella semifinale di ritorno il Milan dovesse segnare riusciremmo a fargli due reti? Al momento è impensabile ma il 20 aprile si spera che l’Inter abbia ritrovato il suo calcio, smarrito chissà dove da un mese circa a questa parte.
Ma perché non abbiamo più la brillantezza, il bel gioco, la sicurezza e la realizzazione espressa chiaramente fino a gennaio?


Manifesto dell’anti-calcio

Sono diverse le motivazioni per le quali la squadra di Inzaghi pare si sia persa in sé stessa, quasi mai in questo funesto mese di febbraio (e marzo non sembra essere iniziato meglio) l’Inter è stata in difficoltà per una superiorità o eccessiva bravura dell’avversario, forse l’ultimo quarto d’ora contro il Liverpool dove gli inglesi hanno dimostrato di poter essere devastanti anche con il minimo sforzo, ma nelle altre partite l’Inter si è autosabotata.
Troppe le dinamiche che non vanno e che spesso e volentieri vanno addirittura al contrario, vediamole.
In primis, l’involuzione nel gioco.
L’Inter a volte sembra voglia sperimentare un gioco rugbyano: c’è una costante propensione a dover giocare, anche in situazioni favorevoli, il pallone all’indietro, sempre, ancora ed ancora, succede frequentemente che dalla trequarti avversaria si arrivi a passare il pallone ad Handanovic e il tutto è inspiegabile. Va bene cominciare la manovra dal basso, soprattutto quando una squadra ti pressa alto, per poter uscire palla al piede e creare superiorità numerica ma quando ciò non accade (ad esempio Sassuolo ed ancora di più contro il Genoa) si finisce per avere un possesso palla sterile facendo toccare un numero spropositato di palloni al portiere neanche fosse un regista.
Nessuno ha un guizzo, nessuno tenta un dribbling o una giocata, nessuno rischia nelle zone dove il rischio non solo è concesso ma è doveroso tentarlo.
Altro problema inspiegabile: non tiriamo in porta.
Sembra francamente assurdo ma non nessuno tenta il tiro da fuori o all’interno dell’area. E’ tutto un fraseggio stretto, difficile, complicato che in un momento storto come questo non sempre (per usare un eufemismo) riesce e bisognerebbe andare più sul concreto. Lautaro e Dzeko hanno terminato delle partite senza mai concludere verso la porta avversaria: se non si tira è impensabile poter pretendere di far gol.
Questi sono i nostri problemi surreali, anti-calcistici, dove si esprimiamo un calcio al contrario quando fino ad un mese fa era tutto totalmente l’opposto: possesso palla propositivo, si cercava la verticalità, si tirava in porta che sembra un problema assurdo ma c’è, un po’ come le buche a Roma.
La preoccupazione viene proprio perché sono fattori assolutamente risolvibili ma bisogna aver il coraggio di ammettere che ci siano.

Calo fisico e frenesia mentale

Purtroppo non è tutto. L’Inter paga sicuramente anche una stanchezza fisica galoppante.
Dzeko e Barella su tutti stanno soffrendo evidentemente un calo fisico che li porta ovviamente a non rendere come potrebbero, entrambi non hanno un sostituto del quale Inzaghi si fidi e sono vistosamente stanchi.
Il rendimento è calato anche da parte di chi sembra che fisicamente stia bene: Calhanoglu e Perisic, per citare i due portabandiera. Non danno più quel qualcosa in più, quasi fossero frenati o si fossero adeguati all’andamento della squadra. In fase offensiva soprattutto, sono entrambi capaci di poter portar superiorità numerica o di poter inventare in fase realizzativa che sia un assist o un gol, invece sembrerebbero restii, specchio dei compagni, a qualsiasi tipo di iniziativa dalla metà campo in su.
Lautaro. Si è totalmente fatto ingoiare dal momento no. Un tunnel che diventa sempre più lungo e sempre più buio dal quale non sarà facile uscire se non arrivano i risultati per l’Inter, buone prestazioni dell’argentino e soprattutto i gol.
Che il numero 10 interista sia un giocatore fortissimo è fuori discussione e chi gli chiede un maggior numero di gol stagionali chiede l’impossibile, almeno per ora, perché Lauti non è un attaccante che porterà mai 30 gol all’anno (naturalmente spero di sbagliarmi). Detto ciò, non riuscire ricordarsi quale sia stato il suo ultimo gol è preoccupante ed il giocatore non deve perdersi nei meandri delle critiche sennò non ne uscirà più e con lui noi.
Diverso il discorso su Handanovic, Vidal e Sanchez.
Bisognerebbe iniziare a pensare che, forse, il capitano dell’Inter ed i due cileni il prossimo anno potrebbero essere messi da parte (il primo) ed essere ceduti (i sudamericani).
L’età è un fattore non giriamoci intorno e per quanto riguarda Handanovic, con l’arrivo di Onana, si tratta semplicemente di traghettare fino a fine stagione, per Sanchez e Vidal invece, per quanto uno ci abbia regalato la gioia in Supercoppa e l’altro abbia giocato alcune partite importanti in maniera più che discreta (ad esempio Liverpool), alla lunga, nella stagione, sono più le partite deludenti che quelle dove hanno dimostrato di poter fare la differenza.
Serve una panchina più giovane e determinante perché in un campionato che si gioca punto su punto sono queste e risorse determinanti.

Inzaghi stanco e confuso

In questo periodo negativo non è esente il tecnico nerazzurro.
Inzaghi dalla vittoria della Supercoppa sembra quasi appagato, o comunque soddisfatto d’aver alzato un trofeo, di essere in semifinale di Coppa Italia, aver raggiunto gli ottavi di Champions e l’essere potenzialmente primo in primo in campionato.
Il che è tutto legittimo, come dargli torto, se l’Inter fosse un’altra squadra con aspettative e pretese modeste ma gli obiettivi sono ben altri di vincere la Supercoppa Italiana (che ci teniamo stretti per carità) o di raggiungere gli ottavi o di restare in corsa per il campionato, l’obiettivo dell’Inter è vincere.
E in questa involuzione nerazzurra lui c’entra eccome. C’è da dire, proprio per il fatto che sia ancora in corsa in tutte le competizioni, che è legittimo avere una leggero momento di down nella prima stagione su una panchina importante o semplicemente di smarrimento.
Il gioco della sua creatura, tanto apprezzato ed osannato, ora non è più lo stesso e non rende più come qualche mese fa; questo perché è rimasto invariato mentre le altre squadre cambiano e si adattano. Tra l’altro non con tutte le squadre si può avere lo stesso approccio, perlomeno quando si capisce che quel che si esprime non è più efficace come un tempo.
In alcune gare forse ci sarebbe stato bisogno di cambiare modulo e cambiarlo prima, a Genova mettere tre attaccanti a 3 minuti dalla fine e insistere sulla difesa a tre nonostante l’innocuità dell’attacco genoano è sembrato volersi incaponire su un metodo che ora non funziona.
E poi una critica sull’acquisto di Caicedo.
Se l’infortunio di Correa ha portato a dover intervenire sul mercato prendendo Caicedo ma quest’ultimo nel mese clou è stato inserito solo per una manciata di minuti e neanche ieri sera contro il Milan è stato buttato dentro (proprio perché preferito a lui Correa il che è anche comprensibile) la domanda vien da sé: Caicedo, cosa è stato acquistato a fare?