Il calcio è strano. Se solo un anno e mezzo fa si fosse parlato di Sanchez all’Inter avremmo assistito a scene di isteria collettiva e tifosi nerazzurri intenti ad erigere statue al patron Zhang. A gennaio 2017 il cileno era un top player tale da considerare fantascienza un suo approdo non tanto all’Inter ma proprio in Serie A. Lo dichiarò Sabatini nella conferenza “arrogante” dell’estate 2017: “Non credo che venire in Italia sia nei piani di Sanchez”. Uno status maturato grazie a sei anni giocati ad altissimo livello fra Barcellona e Arsenal e culminati con la stagione 2016/2017, quella da 30 gol e 18 assist in 50 partite. Un rendimento talmente alto da scatenare la sfida senza esclusione di colpi (milioni) fra i due club di Manchester, quando il Cileno a gennaio decise che i Gunners erano troppo piccoli per lui.

Il meraviglioso video in cui lo United presentò quello che nei piani avrebbe dovuto proseguire la gloriosa tradizione del numero 7

DEL NO, PER IL DENAR, VI SI FA ITA

La spunta il Manchester United offrendo un ingaggio scriteriato di oltre 20 milioni di euro l’anno che lo fanno diventare il sesto giocatore più pagato d’Europa. Questo per dare la misura di cosa fosse Sanchez solo un anno e mezzo fa. Probabilmente inebriato dal profumo del denaro il cileno prese quella che, a ritroso, fu una scelta disastrosa. Il Manchester City ultra offensivo che sarebbe diventato campione d’Inghilterra, con Pep Guardiola che lo aveva già avuto al Barca e in grado di moltiplicare le statistiche dei suoi attaccanti (vedere alla voce Raheem Sterling) sarebbe stato il contesto ideale per il suo calcio. E’ invece scelse una squadra piena di problemi con un allenatore che fa fare i terzini ai suoi esterni d’attacco. Da Gennaio a Giugno fa male con una squadra che arriva seconda, la stagione successiva è disastrosa (1 gol in 20 di Premier), il Cileno è un corpo estraneo irriconoscibile. La squadra naufraga insieme a Mourinho, sostituito a Gennaio, e arriva sesta. La maledizione del numero “7” che prosegue dalla cessione di Cristiano Ronaldo e un po’ di Karma per le risatine in panchina quando il suo Arsenal perdeva 1-5 con il Bayern hanno fatto il resto.

UN’OCCASIONE TROPPO GHIOTTA

Il calcio è strano si diceva. E dopo un anno e mezzo i Red Devils vogliono liberarsi a tal punto di Sanchez da offrirlo a destra e manca in prestito con diritto di riscatto bassissimo e la disponibilità a pagare trequarti (!!!) del suo stipendio. Un’operazione in cui l’Inter ha tanto da guadagnare e poco da perdere. Dovesse confermare il suo declino, i nerazzurri si ritroverebbero un’alternativa di lusso in squadra, spendendo la metà di quello che avrebbero speso solo per il cartellino di Dzeko di tre anni più vecchio. Nella migliore delle ipotesi ci si ritroverebbe durante l’estate 2020 con la possibilità di acquistare a prezzo di saldo un attaccante di livello internazionale con potenzialmente ancora davanti a se due tre stagioni al top. Un’operazione sulla carta inattaccabile, tanto che qualcuno non ha potuto fare a meno di tirare fuori il paragone con l’acquisto di Tevez della Juventus, sempre ad opera di Marotta. E’ vero che il Machado non aveva alle spalle stagioni negative, ma al tempo stesso Sanchez in condizioni di rendimento normale sarebbe stato semplicemente irraggiungibile per l’Inter. Ma è in questi momenti di confusione dei grandi club ricchi che bisogna andare a prendere i loro scarti. Samuel, Cambiasso e Snejider ci devono aver insegnato qualcosa.

FINALMENTE IL DIECI CHE MANCAVA

Pur scegliendo il “suo” numero 17, Sanchez rappresenta quel “numero dieci” che ai nerazzurri mancava da troppo tempo. Il suo acquisto va a colmare una lacuna che per la rosa dell’Inter era diventata lacerante. Quello del giocatore in grado di scombinare le difese chiuse a proteggere gli zero a zero con una giocata. L’attaccante in grado di creare superiorità numerica, inventarsi gol ed assist e di fare la differenza con la qualità sulla trequarti campo. Viene ironicamente da chiedersi cosa stia pensando in questo momento il buon Luciano da Certaldo, lui a cui tanto è mancato un profilo del genere.

PROBLEMA DI TESTA O DI FISICO?

E’ difficile, se non impossibile, capire quali siano state le ragioni che abbiano portato ad un decadimento tanto evidente nel rendimento di Sanchez. Oltre a quelle ambientali e tattiche (di cui si è parlato sopra) potrebbe aver fatto la differenza la testa. Sedersi su uno stipendio del genere sarebbe una tentazione per tutti, specie per uno definito dai più come scarsamente empatico. C’è una bella intervista di Sampaoli in cui, raccontando il declino del Chile post vittoria della Coppa America, il tecnico racconta come Sanchez non parlasse mai con nessuno, si metteva le cuffie e se ne stava sempre solo. Un’altra, più inquietante, sarebbe quella del declino fisico. Il cileno è stato sempre uno che nella capacità di eseguire il gesto tecnico in velocità nel breve ha fatto le sue fortune. E’ chiaro che la perdita di questa brillantezza con l’età, renda difficile ipotizzare di rivedere il miglior Sanchez degli anni d’oro. Al tempo stesso la tecnica non ha età, ce lo insegnò Zidane nel mondiale del 2006. E, perlomeno, possiamo ufficialmente dichiarare concluso quell’accordo con la moglie secondo il quale l’immondizia l’avremmo portata fuori quando c’era un calcio di punizione a favore dell’Inter, perché tanto non sarebbe successo nulla.