È stato un pomeriggio speciale, quello di San Siro. E non solo per la presenza dell’allenatore – sulla panchina opposta – dell’allenatore che Speciale lo è stato, più di ogni altro, alla guida dell’Inter. Lo stadio ha fatto registrare ancora un tutto esaurito, portando a quota 150mila gli spettatori che hanno assistito, colmi di passione, alle sfide contro Milan e Roma. Il Meazza era un’autentica bolgia, a tratti emanava il calore di un impianto sudamericano ed è stato fattore dirimente nella superlativa vittoria ottenuta contro i giallorossi. José, inoltre, è stato accolto con il consueto calore e la naturale emozione (e commozione, anche da parte sua) che ne deriva, prima dell’inizio e verso la fine della gara. Il portoghese, nell’analisi post-partita, è stato impeccabile, chiarendo subito di aver dato tutto per vincere ma riconoscendo l’indiscutibile superiorità dell’avversario, oltre ad ammettere candidamente che per lo Scudetto – adesso può dirlo – tifa Inter. Insomma, tutto perfetto: vittoria speciale, Inter speciale. Speciale perché i nerazzurri hanno retto la pressione della lotta punto a punto anche affrontando un avversario di spessore contro la Roma; speciale perché per larghi tratti si è rivista la squadra che aveva incantato tutti fino a gennaio; speciale perché, se prima di ieri tutti credevamo al sogno seconda stella, adesso ci crediamo anche di più e ne abbiamo tutti i motivi.

Ciò che rende la vittoria nerazzurra particolarmente dolce è il fatto che la squadra di Mourinho non perdesse in campionato dal 9 gennaio scorso, giorno della rimonta juventina all’Olimpico d 3-1 a 3-4: da quel momento in poi, la Roma ha trovato la quadra e per questo la partita di ieri era particolarmente temuta. E infatti non è stato facile, specialmente nei primi 30 minuti, quando si è assistito ad una gara estremamente bloccata e tattica, caratterizzata dagli scossoni estemporanei di Calhanoglu da fuori e Mancini di testa. Poi, però, l’Inter ha cominciato a macinare calcio e per gli avversari, fatalmente, c’è stato poco da fare. La squadra di Inzaghi ha reso facile ciò che facile non era affatto.

Due gol-manifesto

Il primo è di una completezza abbagliante, denota organizzazione maniacale ed esecuzione tecnica impeccabile. C’è proprio tutto: costruzione dal basso, tocchi di prima, ricerca della profondità grazie a un movimento perfetto di Dumfries che riesce anche ad eludere il fuorigioco con un movimento a rientrare prima di dar sfogo alla sua velocità, concludendo da cecchino e battendo Rui Patricio con freddezza. Il secondo nasce dal lancio di Dimarco, scelta di Inzaghi che si esponeva a critiche e rischi, che coglie perfettamente Perisic ancora sul filo del fuorigioco e al resto, poi, ci pensa l’uomo più importante della stagione: Marcelo Brozovic. Il croato, che per gran parte della stagione si è “limitato” a dirigere l’orchestra e dettare i tempi ad un’intera squadra, gestendo entrambe le fasi da leader, adesso ci ha preso proprio gusto ad entrare nei tabellini. Solo nell’ultima settimana gol contro lo Spezia, assist contro il Milan per Gosens e la meraviglia di ieri, con un tiro all’angolino circondato da cinque uomini, contro la Roma.

La terza rete, quella che indirizza in maniera definitiva la gara, rappresenta invece la conferma che Lautaro Martinez è tornato: stacco di testa imperioso con cui imprime gran forza al cross di Calhanoglu e rete del 3-0. Sono 20 gol stagionali per il Toro, a lungo criticato, mentre sono ben 17 le reti a cui ha preso parte il turco: 7 gol e 10 assist. Ieri Hakan è stato probabilmente il migliore in campo: continua a sorprendere la sua estrema applicazione in fase difensiva, con un’abilità nel recupero palla che ai più era sconosciuta. Nella sua esperienza al Milan, infatti, avevamo imparato ad apprezzarlo per la qualità che si manifestava negli assist e nelle soluzioni balistiche, mai per uno spirito di sacrificio così importante. Calha ha proprio voglia di vincere, c’è poco da dire.

Un mese speciale

È simbolico il fatto che l’Inter abbia aperto le danze verso un mese speciale proprio contro l’allenatore che era stato condottiero nel mese più bello della storia nerazzurra. Tutti ci ricordiamo di quel maggio 2010 e, forse, non rivivremo più niente del genere. Ma questo maggio 2022 promette scintille: sarà un mese speciale, pazzesco, come non lo vedevamo da tempo. Lo scorso anno, infatti, dopo la vittoria per 3-0 nel derby (bel risultato…) di febbraio, la strada si era inclinata evidentemente in discesa e l’Inter di Conte aveva vinto uno Scudetto in scioltezza, accumulando vantaggio su vantaggio. Di questi tempi, l’unica domanda da porsi era: “Quando festeggeremo?”.

Non neghiamo che avremmo gradito un andamento simile, ma tant’è: quest’anno è tempo di battagliare, di arrivo in volata, di pressione, tensione, passione. Tanta, tantissima passione. E di orgoglio, quello che si instilla naturalmente in ognuno di noi, nel momento in cui da piccoli decidiamo di tifare Inter. Ma che oggi più che mai ci accompagna, perché non era scontato – dopo tutto quello che è successo in estate – arrivare a viverlo, questo mese. In 28 giorni ci giocheremo tutto: Scudetto e Coppa Italia, contro Milan e Juventus. Il massimo del batticuore. Ma noi, a differenza di chi si è già affrettato a rinsaldare l’ancestrale legame augurandosi trionfi a vicenda, non andiamo in cerca di amicizie. Saremo da soli. Come sempre. L’Inter e i suoi tifosi, con lo stesso spirito visto ieri a San Siro: un connubio di emozioni forti che nessuno può pareggiare. E di sogni da raggiungere, tutti insieme. Prossima tappa: Bologna.

 

24 anni, laureato in "Scienze della Comunicazione" presso l'Università della Calabria. L'Interismo è qualcosa che scorre dentro senza freni, in maniera totalmente irrazionale. Condividere questo sentimento è magnifico, scrivere di Inter ancora di più.