Pensavo che una delle cose che piú colpiscono e lasciano il segno di Diego, é il fatto che fosse un comandante nato.
Diego era davvero un comandante nato.
Un capo.
Non é facile avere le doti, la stoffa di un capo vero, non lo incontri tutti i giorni.
Una di quelle persone che non si fanno spaventare da nulla, che non si tirano mai indietro, che stanno sempre in prima fila e si prendono sulle spalle il peso di tutto perché sanno di poterlo fare. Di doverlo fare.
Diego in campo aveva il potere totale, un gesto, un'occhiata, una sillaba, e i compagni si sarebbero tuffati a pesce nel fuoco per lui senza chiedere, e lui lo avrebbe fatto per loro.
Aveva una sua moralitá di ferro, il che suona paradossale parlando di Maradona, ma é proprio questa la cosa affascinante, pur nella sua viziositá, pur nell'inclinazione alla dipendenza dal goderecciame piú distruttivo, aveva una sua morale su cui non era disposto a scendere a compromessi. La sacralitá dello spogliatoio, la lealtá verso amici e compagni, verso le sue bandiere, l'Argentina e il Napoli, verso la missione da portare a termine per quello che considerava essere il suo popolo, a qualsiasi costo, anche segnare di mano davanti agli occhi di tutto il mondo, specie se contro gli odiati inglesi.
Potevi picchiarlo con ogni genere di scorrettezza e violenza, ma da buon comandante si rialzava senza fare storie, perché un capo deve rialzarsi in piedi.
Da una parte é sempre rimasto quello di Villa Fiorito, disprezzava i poteri forti, le prepotenze, non lesinava la parola mafia e mafioso dal suo vocabolario, abbiamo visto tutti il casino, assurdo, che piantó su contro Icardi in nazionale, reo di aver infranto un suo codice d'onore, aver toccato la donna di un compagno.
Che poi la donna di un altro si puó anche toccare, in fondo lui le donne degli altri le ha sempre toccate probabilmente anche piú di quanto non abbia toccato la sua, ma nella sua morale non deve essere quella di un compagno, di un amico, di qualcuno che faccia parte della sacra "famiglia del calcio".
Insomma, nella sua limitateza culturale, per quanto chiusa, magari contraddittoria, oggettivamente ipocrita, maschilista, sui generis e curiosa fosse...Diego aveva una sua morale. Un suo senso dell'onore, del dovere, di appartenenza. Ed era un qualcosa di ferreo, non era ipocrita in questo, traspare come ci credesse davvero.
Era uno che si dava, in campo, in televisione, tra la gente, si dava.
Nel marciume in cui ha liquefatto la sua vita, aveva qualcosa di puro, luminoso, vero e autentico dentro che traspariva, e queste cose arrivano.
Ed é alla fine tutto questo che lo differenzia da Messi.
Messi ha un talento assolutamente paragonabile, é un atleta esemplare e ha fatto piú di lui, molto piú di lui. Parlando di calcio, di storia del calcio, di campo, Messi é stato molto di piú.
Ma non é mai stato un comandante, non ha la stoffa del capo, ha scelto la causa piu antipatica dell'aristocrazia del calcio, e non si é mai dato alla gente. Non é mai arrivato del tutto, alla gente.
La sua figura, la sua storia, la sua grandezza, non saranno mai paragonabili a quelle di Diego.
Diego era davvero un comandante nato.
Un capo.
Non é facile avere le doti, la stoffa di un capo vero, non lo incontri tutti i giorni.
Una di quelle persone che non si fanno spaventare da nulla, che non si tirano mai indietro, che stanno sempre in prima fila e si prendono sulle spalle il peso di tutto perché sanno di poterlo fare. Di doverlo fare.
Diego in campo aveva il potere totale, un gesto, un'occhiata, una sillaba, e i compagni si sarebbero tuffati a pesce nel fuoco per lui senza chiedere, e lui lo avrebbe fatto per loro.
Aveva una sua moralitá di ferro, il che suona paradossale parlando di Maradona, ma é proprio questa la cosa affascinante, pur nella sua viziositá, pur nell'inclinazione alla dipendenza dal goderecciame piú distruttivo, aveva una sua morale su cui non era disposto a scendere a compromessi. La sacralitá dello spogliatoio, la lealtá verso amici e compagni, verso le sue bandiere, l'Argentina e il Napoli, verso la missione da portare a termine per quello che considerava essere il suo popolo, a qualsiasi costo, anche segnare di mano davanti agli occhi di tutto il mondo, specie se contro gli odiati inglesi.
Potevi picchiarlo con ogni genere di scorrettezza e violenza, ma da buon comandante si rialzava senza fare storie, perché un capo deve rialzarsi in piedi.
Da una parte é sempre rimasto quello di Villa Fiorito, disprezzava i poteri forti, le prepotenze, non lesinava la parola mafia e mafioso dal suo vocabolario, abbiamo visto tutti il casino, assurdo, che piantó su contro Icardi in nazionale, reo di aver infranto un suo codice d'onore, aver toccato la donna di un compagno.
Che poi la donna di un altro si puó anche toccare, in fondo lui le donne degli altri le ha sempre toccate probabilmente anche piú di quanto non abbia toccato la sua, ma nella sua morale non deve essere quella di un compagno, di un amico, di qualcuno che faccia parte della sacra "famiglia del calcio".
Insomma, nella sua limitateza culturale, per quanto chiusa, magari contraddittoria, oggettivamente ipocrita, maschilista, sui generis e curiosa fosse...Diego aveva una sua morale. Un suo senso dell'onore, del dovere, di appartenenza. Ed era un qualcosa di ferreo, non era ipocrita in questo, traspare come ci credesse davvero.
Era uno che si dava, in campo, in televisione, tra la gente, si dava.
Nel marciume in cui ha liquefatto la sua vita, aveva qualcosa di puro, luminoso, vero e autentico dentro che traspariva, e queste cose arrivano.
Ed é alla fine tutto questo che lo differenzia da Messi.
Messi ha un talento assolutamente paragonabile, é un atleta esemplare e ha fatto piú di lui, molto piú di lui. Parlando di calcio, di storia del calcio, di campo, Messi é stato molto di piú.
Ma non é mai stato un comandante, non ha la stoffa del capo, ha scelto la causa piu antipatica dell'aristocrazia del calcio, e non si é mai dato alla gente. Non é mai arrivato del tutto, alla gente.
La sua figura, la sua storia, la sua grandezza, non saranno mai paragonabili a quelle di Diego.