Riccardo Ferri

Ebbi modo di intervistarlo assieme ad un mio socio nell'estate 2001 per una pubblicazione underground: in pieno stile società-Inter di quegli anni, intervistammo Ricky prendendo direttamente accordi con lui, gli chiedemmo di tutto (anche commenti un po’ scomodi su ex allenatori o giocatori interisti che rilasciò senza problemi) e lui parlò a ruota libera, ovviamente senza addetti-stampa presenti, eravamo solo noi tre in uno stanzino dello spogliatoio del campo di calcio della Chiavennese. Gli dicemmo che l’intervista sarebbe finita su un periodico locale e lui ci disse di farne quello che volevamo, non c’era problema: già allora all’Inter erano maestri nel controllare la comunicazione coi media, eh? ;-)

L'ho ritrovata e ve la metto qui (anche se è un po' lunghetta), sperando sia una lettura interessante ;-)
(Claudio sono io, Lanzo il mio socio, va da sè).

Intervista a RICCARDO FERRI
di Claudio e Lanzo

Quando avevo fra i dodici e i quindici anni ed ero abbonato al Guerin Sportivo, la prima cosa che andavo a cercare su quel periodico (ovviamente dopo l’allora immancabile pagina di nudi femminili con le attricette dell’epoca!) erano le interviste ai giocatori: questo perché il Guerino aveva la capacità di renderle interessanti e ben lontane dallo stereotipo “gazzettiano” (per intenderci, domanda: come finirà domenica, pensi di far gol?, risposta: l’importante è fare bene, non mi interessa segnare.
Interviste tutte uguali e inutili che differiscono fra loro solo per i nomi degli intervistati).
Una quindicina di anni dopo mi sono trovato davanti l’occasione per tentare di ricalcare quel modello: la possibilità di un’intervista con Riccardo Ferri, trentottenne ex difensore di Inter (soprattutto, fra i pilastri del 13° scudetto dell’88/89), Sampdoria e Nazionale, attualmente allenatore delle giovanili dell’Inter.
Con la collaborazione del giornalista-terrorista Lanzo (cronista della pagina locale del Giorno), ho beccato il Ferri a Chiavenna (dove era in ritiro coi suoi ragazzi) e negli spogliatoi dello stadio chiavennasco io e il mio socio abbiamo effettuato l’intervista che segue.
Non so se siamo riusciti ad arrivare al livello del Guerino degli anni ottanta (sinceramente direi proprio di no!), comunque non mi sembra una brutta intervista, dopotutto.
Il Ricky si è dimostrato una persona gentile, molto coi piedi per terra e assolutamente lontano dal ruolo di star tipico di troppi calciatori.
Erano le quattro del pomeriggio del torrido giorno di Ferragosto 2001, nello spogliatoio girava anche un inquietante magazziniere con “tutto er papagno de fora”, ed è in questo clima che abbiamo dato inizio all’intervista:

LANZO: Il Milan ha ritirato il numero 6, maglia di Franco Baresi, nell’Inter, vabbè, tu e Zenga siete finiti alla Sampdoria, ma Bergomi, che era un po’ il corrispettivo nerazzurro di Baresi, è stato fatto fuori senza troppi complimenti dopo ventitrè anni di milizia nerazzurra. Come hai vissuto tutto ciò, sia in riferimento allo Zio sia alla tua situazione?
FERRI: Mah, la scelta del Milan penso sia stata doverosa nei confronti di un personaggio che ha fatto la storia della società rossonera e credo sia stato un gesto affettuoso verso un uomo che ha dato tanto sia dal punto di vista tecnico sia da quello morale. Per quanto riguarda la scelta dell’Inter, diciamo che era una scelta difficile da fare e individuare nella figura di Bergomi (non tanto in quella mia o di Zenga) una figura da mettere in una sorta di archivio particolare diventa dura, quando magari in passato gente come i vari Meazza, Suarez, Corso, ecc. non hanno avuto lo stesso trattamento. Non lo so, ripeto, era una scelta difficile: il Milan l’ha fatta, l’Inter non l’ha fatta. In ogni caso mi fa piacere che un simbolo come Franco Baresi sia stato, diciamo così, incorniciato; per il resto personalmente preferisco starmene fuori da queste celebrazioni.

CLAUDIO: Fino ad una decina di anni fa un tifoso poteva identificarsi nella propria squadra, visto che i giocatori bene o male erano sempre quei quindici o sedici e la formazione titolare era pressochè una sola. Pensa ai tuoi tempi con Zenga, Bergomi, Brehme, ecc. e pensa adesso con Toldo, Zanetti (o Vivas), Materazzi (o Simic), Georgatos (o Guly), ecc. Cosa ne pensi?
FERRI: Diciamo che adesso, soprattutto per i tifosi, è difficile identificarsi in un gruppo al quale potersi ispirare. Ai tempi ognuno di noi tifosi aveva la propria formazione e i propri idoli in cui potersi identificare, al giorno d’oggi diventa difficile; diciamo poi che il calcio è cambiato e di conseguenza si deve cambiare anche, mi metto anch’io dalla parte dei tifosi, il nostro atteggiamento nei riguardi delle società e del loro comportamento, sicuramente diverso rispetto a qualche tempo fa.
LANZO: Anche perché vedere un Vieri che canta “chi non salta è un bianconero” fa un po’ cadere i coglioni, fosse stato un Bergomi a farlo era un’altra cosa!
FERRI: Effettivamente…

CLAUDIO: Suggerisco un paragone fra l’attuale allenatore interista Cuper e il mitico Trapattoni (l’allenatore dell’ultimo scudetto), ci può stare? Sul Trap cosa ci puoi dire?
FERRI: Sì, ci può stare. Sul Trap posso dire che era molto bravo nel preparare la partita durante la settimana nei minimi particolari; era molto puntiglioso e molto pignolo e riusciva a caricare alcuni di noi che non sentivano ancora la partita, dandogli quel qualcosa in più per sentirla in anticipo e portandoli così al livello degli altri che avevano la tensione giusta per la gara. Poi ognuno ha il suo modo di fare, Cuper ha quella pacca sul petto ed è un gesto bello, che può essere significativo, anche se poi l’importante è che quando la squadra entra in campo riesca a svolgere quello che il tecnico richiede: penso comunque che nelle prime partite estive di quest’anno la mentalità, l’atteggiamento tattico e l’entusiasmo siano quelli giusti, nonchè una delle componenti importanti di questo gruppo.

LANZO: Il Trap disse che fuori dal campo i giocatori dell’Inter dello scudetto 88/89 si mandavano a quel paese…
FERRI: Diceva così??
LANZO: Sì, dice così, ma vorrei sapere chi osava mandare affanculo Mattheus! Comunque, era vero o no?
FERRI: No, diciamo che il Trap stesso aveva creato una sorta di rispetto fra di noi per quanto riguardava il campo e quelli che erano i doveri reciproci, così che magari qualcuno che veniva meno a qualche dovere era ripreso non tanto dal tecnico quanto dai compagni che invece rispettavano le regole. A volte Mattheus era uno di quelli che non le rispettavano e veniva richiamato da noi, ma solo per il bene della squadra e del gruppo, non per altri motivi, questo sicuramente…spero che il Trap volesse dire questo!

CLAUDIO: Colonia-Inter, coppa Uefa 84/85: dopo neanche dieci minuti tirasti un calcio in culo a Klaus Allofs e l’arbitro ti buttò fuori, ricordi?
FERRI: Ricordo! Mah, diciamo che ero ancora un po’, fra virgolette, inesperto e ingenuo ed ero caduto nella trappola di questo marpione che era Allofs, che era alla fine della carriera ma che era comunque un giocatore di grande spessore; fu bravo a cercare di farmi reagire provando da subito a stuzzicarmi in parecchie situazioni e riuscì nel suo intento provocandomi la reazione: non fu propriamente un calcio diretto con potenza nel culo, ma il gesto venne punito e ci rimasi molto male perchè misi in difficoltà la mia squadra che fortunatamente riuscì a superare il turno vincendo la partita (3-1 ai crucchi, con gol di Marini e doppietta di Kalle Rummenigge – n.d.Claudio). Indubbiamente fu un gesto ingenuo ed impulsivo, ma che mi servì poi in futuro per diventare molto più razionale in queste situazioni.

LANZO: Napoli, 3 Luglio ’90, Italia-Argentina, semifinale dei Mondiali si decide ai rigori: cos’hai pensato quando Aldone Serena sbagliò quello decisivo, consegnando di fatto la finale a Maradona e compagni?
FERRI: Mah, guarda, non si pensava al fatto che lui avesse sbagliato e come mai l’avesse fatto perchè in quei casi chi si prende la responsabilità di battere un rigore si prende anche la responsabilità di qualcuno che magari in quel frangente non è in condizione di farlo o che comunque non se la sente: dunque gran merito a questi ragazzi che si sono fatti avanti a battere i nostri rigori. Quando i rigori furono sbagliati crollarono quelli che erano i nostri obiettivi e in quel momento il pensiero volò subito all’aver giocato un campionato del mondo in cui, in sei partite (se non vado errato), prendendo un solo gol e senza mai perdere una partita “sul campo”, fummo eliminati: questo ci lasciò veramente l’amaro in bocca. Penso che siamo stati una delle nazionali più compatte degli ultimi mondiali, una squadra in cui, ne parlavamo prima, il tifoso si identificava. L’aveva conosciuta magari nel campionato europeo under 21 dell’86, l’aveva vista crescere e maturare. Crollò il nostro sogno: quello di diventare campioni del mondo in Italia, un qualcosa per cui saremmo veramente passati alla storia, sia per la vittoria nel mondiale sia per averla ottenuta nel nostro paese (un qualcosa quasi irripetibile, insomma!).

CLAUDIO: Una curiosità. Dove sono finiti certi giocatori che erano dell’Inter, p.e. il grande Nicolino Berti, Ciocci, Rocco, Rivolta, Calcaterra…
FERRI: Ciocci mi sembra giochi nel Verbania nei dilettanti, è ancora giovane ma ha avuto problemi ai legamenti, quindi ha subito varie operazioni. Berti ha fatto una parentesi in Spagna (Alavès), poi è andato in Australia e ha tentato di giocare lì, ma ha smesso quasi subito perchè fisicamente non teneva più il passo; l’ho visto l’anno scorso quando è venuto da noi a Interello a fare gli allenamenti ed è una persona che rivedo con piacere, come Matteoli, che è in Sardegna e fa il manager del Cagliari o qualcosa del genere, oppure Ramon Diaz che è tornato in Argentina e allenava il River Plate. Rivolta ha smesso, Calcaterra ha giocato un po’ nel Cesena e nel Bari e poi ha smesso anche lui, Pasquale Rocco non lo so, l’ho perso di vista…
CLAUDIO: Mah, l’anno scorso avevo letto nelle cronache regionali che era alla Cremonese, ma fuori rosa e in pratica disoccupato….
LANZO: Sono tanti quelli che si perdono però! Penso a quei ragazzi che erano i cannonieri o le stelle della Primavera e poi sono finiti nel nulla.
FERRI: Sì, perché il salto è notevole dalla Primavera alla prima squadra, lo dicevamo ieri vedendo Ferraro (che è dell’83, quindi solo due anni in più dei nostri); è una grande soddisfazione per noi allenatori, e anche per i ragazzi più giovani, vedere un ragazzo esordire in prima squadra contro il Real Madrid al Bernabeu. Arrivati lì, però, non si è ancora fatto niente, l’importante è restare umili come prima, tornare il giorno dopo agli allenamenti e rimettersi a lavorare come e più degli altri senza montarsi la testa e mettendoci dentro sempre di più per cercare di agganciarsi in alto senza staccarsi più.
CLAUDIO: Certo che diventa molto più difficile per il ragazzo se viene ceduto a qualche squadra minore, dove corre il rischio di perdersi.
FERRI: Perdersi no, certo che se non fai bene in provincia la salita diventa maggiore. Ferraro è arrivato lì, ha fatto magari una buona impressione a Cuper e deve sfruttare l’occasione, visto che evidentemente si è messo in mostra più di altri. È vero che il treno passa e non si ferma, però bisogna prenderlo al volo! Guardate lo stesso Adriano, gli han dato dieci minuti a disposizione e lui ha fatto vedere qualcosa di notevole sfruttando così l’occasione. Farsi trovare pronti al momento giusto e poi continuare a lavorare con umiltà, la ricetta è questa!

LANZO: Per il Milan c’è Egidio Calloni, per l’Inter c’è Darko Pancev…
FERRI: Pancev prima di venire da noi era stato capocannoniere della Stella Rossa Belgrado, di conseguenza era un giocatore di grande qualità; all’Inter ha trovato una situazione di squadra e di ambiente che non l’ha messo in condizione di poter rendere. Si aspettavano da lui qualcosa che non era nelle sue caratteristiche, l’avevano preso sapendo che giocava in un certo modo, sapevano che non era uno che recuperava palloni, ma era un giocatore d’area e se tu non giochi con la squadra alta o comunque spesso in area di rigore avversaria, diventa difficile valorizzare questo tipo di giocatore. Calloni secondo me è stato un grande giocatore, voglio dire quando giochi nel Milan o nell’Inter… poi alla gente piace screditare determinati professionisti, però chiaramente per arrivare lì ci vogliono comunque delle grosse componenti.

CLAUDIO: Ti faccio i nomi degli allenatori che hai avuto durante la tua carriera in nerazzurro, dimmi qualcosa a proposito di ognuno di essi, ok? Cominciamo da Eugenio Bersellini, il Sergente di Ferro:
FERRI: Bersellini è quello che mi ha scoperto, di conseguenza devo a lui il fatto di aver messo il piede su questo treno famoso. Una persona concreta.

Rino Marchesi​

Marchesi…quell’anno lì ero militare, quindi ho avuto poche occasioni di allenarmi con lui e non l’ho conosciuto benissimo. Una persona comunque molto equilibrata.

Gigi Radice​

Radice era bravissimo nel tenere il gruppo, bravissimo nel crearlo e nel creare motivazioni, entusiasmo e carattere.

Ilario Castagner​

Castagner a mio avviso era un allenatore molto complessato e molto timoroso, che trasmetteva questa timidezza, questo suo essere introverso anche alla squadra. Non aveva le idee molto chiare, poi è cresciuto, è migliorato, è maturato, ma quando ha allenato noi non aveva grandi capacità, secondo me.

Mariolino Corso​

Corso è stata una parentesi, aveva ereditato una squadra che ormai era quasi alla deriva, ha cercato di rimetterla in strada, ma era un compito difficilissimo, dunque non è secondo me, diciamo così, classificabile.

Giovanni Trapattoni​

Il Trap è l’esempio lampante di come si deve essere capaci di gestire determinate situazioni, non solo in campo, ma anche fuori, nello spogliatoio. Uomo da spogliatoio, uomo di calcio, uomo di grande cultura calcistica e grande persona.

Corrado Orrico​

Orrico era arrivato un po’ come l’innovatore, ha preso l’esperienza dell’Inter come l’andare a sperimentare qualche sua idea particolare, senza tenere conto che davanti non aveva squadre di serie B, ma squadre dotate e capaci, sia a livello globale che individuale. Ha preso quest’esperienza con un po’ di presunzione e l’ha pagata.

(qui ci siamo vergognosamente -noi e lui!- dimenticati Luisito Suarez… - n.d.C.)​

Osvaldo Bagnoli​

Bagnoli è un allenatore molto preparato, molto puntiglioso, assomiglia in parte a Trapattoni: è un uomo vero, uno che se deve dire qualcosa a qualcuno glielo dice in faccia, e, cosa importante, mette la squadra prima di se stesso.

Giampiero Marini, il Pirata​

Marini è stato un grande perchè ha ereditato, come Corso, un’Inter che in campionato andava malissimo (quell’anno abbiamo rischiato di andare in serie B) ed e’ riuscito a tenere salde le fondamenta di quella squadra, puntando su sei o sette persone per ricompattare una rosa che si stava sfilacciando. Poi, con grande capacità e grande acume tattico, è riuscito a vincere la Coppa Uefa e in quell’anno un’impresa del genere, che chiaramente sarà risultata insignificante per qualcuno, è stata grandiosa e poi indubbiamente nella bacheca c’è una coppa in più. Per me Marini significa qualcosa di più di un allenatore, per me è stato un insegnante di vita, nei miei primi anni all’Inter ero in camera con lui; mi ha dato delle indicazioni giuste per potermi migliorare, sia nella vita calcistica che in quella comune, ed aver avuto con lui anche un’esperienza come suo giocatore per me è stato motivo di crescita. Sono molto affezionato a Marini!

LANZO: Hai scelto di allenare i giovani, eppure molti ex giocatori tuoi coetanei o giù di lì partono ad allenare direttamente dalle prime squadre delle serie inferiori (per esempio Donadoni col Lecco quest’anno, oppure il tuo ex compagno di squadra Verdelli che allenava la Cremonese, e altri ancora), tu hai avuto la possibilità di allenare in C o hai deciso di dedicarti direttamente alle giovani leve?
FERRI: Mah, a dire la verità io non ho mai avuto l’occasione di allenare in C o in B, ho iniziato ad allenare a Lodi gli Allievi del Fanfulla per un anno, poi ho avuto l’opportunità di allenare per una stagione il Pavia nel Campionato Nazionale Dilettanti. Quindi ho avuto queste due esperienze, i ragazzi e gli adulti. Lì ho capito di essere molto più portato per i primi, visto che mi piace di più lavorare, diciamo così, in sordina, cercando di mettere i ragazzi davanti a me stesso, riuscendo a crescerli e a portarli magari a determinati traguardi, cose per me molto importanti. Ecco, penso che il mio scopo principale, almeno a termine medio-lungo, sia questo: crescere i ragazzi e portarli più in alto possibile, dare loro quello che io ho appreso durante la mia carriera (che non è stata solo professionista, visto che ho iniziato anch’io nel settore giovanile e quindi ho avuto esperienze come le loro) e cercare di valorizzarli al massimo. Questo penso sarà il mio obiettivo finale (anche se non si possono mai fare pensieri a lunga scadenza): interpretare un po’ l’allenatore del settore giovanile di una volta, che restava nel settore giovanile ed era un punto di riferimento per la società, la quale poteva contare su di lui; questo anche perché non ho quella necessità di riflettori, di notorietà, di ritornare alla vita di prima e di vivere da personaggio, una cosa che proprio non mi manca.

LANZO: Thuram 80 miliardi, Nesta 110 miliardi, ecc.: nel calcio sono esplose le mega-quotazioni e i mega-ingaggi. Un calciatore come te che ha chiuso la carriera proprio un attimo prima del boom come si sente?
FERRI: Io sono abbastanza realista, non sono di quelli che dicono: *****, se giocavo cinque anni più avanti guadagnavo in un anno quello che ho guadagnato in una carriera e mezza o anche due! Io, forse anche perché vengo da una famiglia molto modesta, guardo sempre quelli dietro: gente che magari giocava con me, come dicevi tu, in Primavera e che aveva più capacità di me, ma che è scomparsa e magari fa un lavoro normalissimo, oppure gente che non ha mai neppure avuto l’opportunità di giocare a livello professionistico e ha fatto una vita da dilettante conciliandola con un lavoro. Io penso a loro e sono sereno. Mi reputo più che fortunato, ho toccato livelli altissimi nel calcio e potevo guadagnare, come dici tu, cifre astronomiche se solo avessi giocato cinque anni più tardi. Però, ripeto, non penso a quello perché sarebbe come non essere mai contenti e credo che nella vita si debba essere contenti di quello che si riesce ad ottenere e io, ritenendomi uno di quelli fortunati, sono sereno e tranquillo.

CLAUDIO: Chiudiamo con una domanda alla Dario Vergassola: Vieri va con la velina, Totti con la De Grenet, Simone Inzaghi con la Marcuzzi: probabilmente anche io e lui se giocassimo a calcio ad un certo livello qualche attricetta o starletta la tireremmo qua pure noi due, dici che sarebbe possibile?!
FERRI: Ah bè, visti i risultati direi di sì! Basta giocare in serie A che magari qualche possibilità in più di attingere nel campo delle vallette e delle soubrettes c’è senz’altro! Poi vabbè, c’è questo binomio calciatori-attrici, ma è una scelta molto soggettiva. Anche quando giocavamo noi c’era la tendenza a conoscere l’ambiente degli artisti e degli attori, ma, insomma, ci sono persone equilibrate anche in quegli ambienti lì: voglio dire che se due si mettono insieme, vanno d’accordo e si vogliono bene, non vedo perché la cosa debba far scalpore… certo che se poi si tratta di vendere uno scoop e basta, allora ben vengano le Novelle 2000 che ci ricamano sopra, ma questo è un altro discorso. L’importante è che questi calciatori conducano la loro vita da professionisti, per il resto che vivano come credono: io non mi scandalizzo né vado a sindacare se uno va con una soubrette o una conduttrice televisiva, l’importante è che in campo ognuno faccia il proprio dovere.
CLAUDIO: Beh, c’era Romario che al Valencia saltava gli allenamenti e quando decideva di farli arrivava in ritardo in elicottero: lo tenevano in panca alla domenica, lui entrava a dieci minuti dalla fine e ne buttava dentro due!
FERRI: Eh, però questo non è giusto, perché se uno all’allenamento arriva una o due ore dopo quando gli altri invece sono puntuali non è giusto nei riguardi degli altri giocatori. All’Inter se qualcuno arrivava tardi pagava la sua multa e se le sentiva dai compagni, perché bisogna sempre rispettare gli altri: se io vengo da Lodi e ho 60 km. per arrivare e sono lì anche un’ora prima, mentre l’altro abita a un km. e mezzo dal campo e arriva dieci minuti in ritardo non ci siamo proprio!

LANZO & CLAUDIO: Ok, abbiamo finito, ciao e grazie!​

FERRI: Grazie a voi ragazzi!
 
Ah ma c'è ancora?
SI, e se ci fai caso è molto vicino ai giocatori, sia alla Pinetina che in campo, infatti siede in panchina con loro.
Probabilmente il ruolo può risultare un po' defilato ad una prima occhiata disattenta, ma io invece penso che la coesione del gruppo e l'amore che i ragazzi lasciano trasudare per l'Inter siano in gran parte anche merito del suo lavoro e del suo esempio.
Grande Riccardo!
 
SI, e se ci fai caso è molto vicino ai giocatori, sia alla Pinetina che in campo, infatti siede in panchina con loro.
Probabilmente il ruolo può risultare un po' defilato ad una prima occhiata disattenta, ma io invece penso che la coesione del gruppo e l'amore che i ragazzi lasciano trasudare per l'Inter siano in gran parte anche merito del suo lavoro e del suo esempio.
Grande Riccardo!
Fà il lavoro che faceva il buon Oriali
Però non si vede mai
Lavora molto dietro le quinte ma sicuramente c'è anche del suo in questo gruppo
 
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