Probabilmente è perchè la società si è evoluta molto velocemente e le differenze di mentalità sono molto più evidenti.Ma certo, è tutto relativo e molto personale.
Io sono andato via di casa a studiare all’estero a 17 anni. Sono tornato, ho finito il liceo in Italia, sono andato a fare l’università e il dottorato fuori sede, mantenendomi da solo con lavoretti e borse di studio, poi sono “emigrato” per fare il ricercatore all’estero e farmi una famiglia e costruirmi una carriera accademica dai trent’anni.
Cioè tecnicamente ho fatto una vita indipendente e “adulta” dai vent’anni. Però mi sono sempre inconsciamente autoincluso nella categoria “giovani” per altri vent’anni, se non trenta.
I “grandi” erano la generazione dei miei genitori o anche i miei semicoetanei che facevano lavori e apparivano e di comportavano da “maturi”.
E poi sono passato repentinamente e direttamente nella categoria “vecchidimerda”
All' epoca dei nostri genitori la differenza fra un trentenne con famiglia e un sessantenne era minima.
Anche io mi sono trovato a pensare ancora come un quarantenne pur avendone venti di più, poi ti accorgi che non parli più con vecchi geometri ma con giovani ingegneri, pensi a come vedevi da giovane i sessantenni e capisci che è ora di ritirarsi.
Anche se mi iscriverei ancora fra i giovani adulti.