La ferita brucia ancora. Sono stati giorni difficili questi, per i tifosi neroazzurri. Tante domande, tanti dubbi e incertezze sul futuro. Da dove ripartire? Da Luciano Spalletti, ci sentiamo di dire. Sì, anche se ha sbagliato i cambi di Inter-Juventus. Ecco cinque ragioni per tenere il tecnico toscano:
La pazienza dei forti
Uno dei più tipici errori commessi da chi non vive il calcio dall’interno è quello di mettere fretta all’allenatore. Finché l’errore viene commesso dai tifosi, poco male, se non eccedono in contestazioni aggressive. Più grave è quando a commetterlo è la troppo impaziente dirigenza di una società. Se poi una squadra di rango non vince da molti anni, la fame di solito riduce ulteriormente la pazienza, portando a una spirale di esoneri a catena, quando dovrebbe invece valere il principio opposto: fermare la trottola impazzita e applicare la virtù della pazienza.
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— Interfans (@interfansorg) April 24, 2018
Il ciclo minimo per un allenatore di una squadra top sono tre anni. Nei primi due anni gli si deve concedere quasi tutto (a livello di schemi, di gestione e di uomini). Solo nel corso del terzo si deve iniziare a metterlo sotto esame. Non prima, salvo casi estremi. So perfettamente che ci sono stati allenatori che hanno vinto subito, ma sono le eccezioni. Mi sembra molto più istruttivo il caso di Alex Ferguson, che nei suoi 27 anni al Manchester United ha portato a casa 38 trofei (tra cui due Champions League) ma che ha impiegato tre anni e mezzo prima di vincerne uno (la FA Cup), e quasi sette anni per aggiudicarsi un campionato, cioè la prima di ben tredici Premier League. Anche Ancelotti, di cui ricordiamo sempre volentieri la fede nerazzurra da giovane e l’apparizione nell’Inter in un’amichevole con l’Hertha di Berlino, era considerato dai tifosi juventini un mister perdente, salvo poi diventare il recordman di Champions League (tre da allenatore), una volta lasciato il team bianconero, da decenni piuttosto refrattario a vincere fuori dall’Italia. Non sappiamo se Spalletti possa ripetere le gesta di questi due grandi, ma la politica di lasciare lavorare il mister prescinde dalle individualità: è una buona cosa di per sé.
Inter-Juventus: ma stiamo scherzando?
Spalletti ha sicuramente sbagliato i cambi nel finale di Inter-Juventus. Ma incolparlo della sconfitta, per chi ha visto la partita, sarebbe come ritenere responsabile dell’incidente un pilota che va a schiantarsi dopo che qualcuno gli ha manomesso i freni e lo sterzo dell’automobile. Certo, magari rallentando avrebbe tenuto la macchina in pista, ma chi è il vero responsabile? La squadra aveva tenuto meravigliosamente fino all’87’, rischiando qualcosa, ma procurandosi persino la palla del 3-1.
No alle amebe
Spalletti ha scelto male, ma ha scelto. Molti allenatori più pavidi di Luciano Spalletti, nei momenti difficili fanno sempre la scelta più “popolare”, ben sapendo che se le cose dovessero andare male, avendo adottato una decisione fortemente appoggiata dall’opinione pubblica, le critiche verrebbero spostate dal mister a qualche altro elemento. Spalletti ha deciso diversamente: ha visto la squadra in difficoltà e ha cercato di porvi rimedio con i mezzi a sua disposizione. Non poteva non sapere che scegliendo Davide Santon, sarebbe stato fortemente criticato in caso di pareggio della Juventus.
Figuriamoci dopo avere subito due goal, in due azioni in cui lo stesso Santon ha sbagliato di brutto. Avremmo forse preferito avere in panchina un’ameba che non sceglie mai? Forse sì in questa specifica occasione, ma in futuro? (Tra l’altro: chi minaccia Santon non è un tifoso dell’Inter, ma un criminale. Ma anche chi semplicemente lo critica a voce troppo alta NON è un vero tifoso dell’Inter). Già in passato, con la gestione di Francesco Totti, il mister ha fatto vedere di essere in grado di fare scelte impopolari. E questa, per me, è una delle doti che un grande allenatore deve avere.
E comunque si gioca
Abbiamo citato un motivo di lungo periodo e due di breve. Ma ci sono anche motivi di medio periodo per tenere Spalletti. E il primo è relativo al gioco dell’Inter. Spalletti, con una rosa di buona qualità, ma non eccelsa, ristrettissima dal punto di vista numerico (e non sappiamo quanto voluta da lui), ha fatto vedere in moltissime occasioni, specie nell’ultimo mese, di essere perfettamente in grado di dare un vero gioco all’Inter, a partire dalla difesa e via via a salire. Manca ancora la continuità: le grandissime squadre fanno almeno 8-9 partite di livello su 10, le buone squadre come l’Inter ne fanno 6-7 su 10 e all’interno della stessa partita i minuti “perfetti” della grandissime squadre sono di più, rispetto a quelli che è in grado di ottenere l’Inter. Ma il primo passaggio per raggiungere la continuità è necessariamente sapere toccare questi livelli con una certa frequenza. Anche a livello di tensione-gara, almeno contro le squadre più forti: tra le prime nove in classifica solo la Juventus (e tutti hanno visto in che modo) è riuscita a battere l’Inter. E questo a Spalletti va certamente riconosciuto.
Il fattore umano
L’ultimo motivo si ricollega a questo, ma su un piano strettamente individuale. E si chiama Marcelo Brozovic. Non può essere un caso che nel giro di poche settimane l’uomo più fischiato di San Siro sia diventato un faro del centrocampo e un idolo delle folle. Spalletti fa il modesto e dice che la posizione più arretrata del croato gliel’ha suggerita Mario Sconcerti. Ma qui c’è molto di più, perché sembra che il lavoro sul giocatore sia andato molto più in profondità, ovviamente grazie anche alla tigna dello stesso numero 77, ma non può non esserci stata una mano molto sicura da parte di chi guida la squadra. E se l’ha fatto con uno così tosto, Spalletti, ne sono certo, può farlo con chiunque altro.
Dunque in un momento dove certezze ce ne sono poche, ci sembra logico che la società confermi Spalletti a prescindere dall’accesso alla Champions League o all’Europa League. Non a caso, abbiamo scritto questo articolo a 3 giornate dal termine con l’Inter che ha ancora qualche (debole) speranza per raggiungere l’Europa che conta.