Intervistato ai microfoni di Repubblica, l’ex difensore dell’Inter Beppe Bergomi ha analizzato il cambiamento del gioco del calcio dopo l’introduzione del VAR, facendo riferimento anche ai difensori, ruolo maggiormente interessato dopo l’ingresso della tecnologia.

Bergomi, i difensori cambieranno modo di marcare con l’occhio della telecamera puntato addosso?

«È così, ne sono convinto. Ma forse il discorso è ancora più ampio. Si dice sempre che non ci sono più difensori bravi come una volta, ma è più difficile fare il difensore adesso. E il calcio nell’evoluzione delle regole favorisce sempre gioco offensivo a discapito del difensore. Anche il Var si muove in questo senso: è inevitabile che sia più semplice concedere un rigore e che chi difende non può ignorarlo nel modo di muoversi».

Pensa che l’esperienza del Var influirà in qualche modo anche sul Mondiale, favorendo magari chi già la conosce?

«No, questo non credo. A livello europeo, basta guardare le partire di Champions per accorgersene, si commettono meno falli che delle nostre partite, il difensore è mediamente più corretto, rischia meno l’intervento. È il nostro campionato che è sempre spezzettato, a causa di tanti falli, tante scorrettezze, tante situazioni al limite. Al Mondiale un difensore sarà sempre molto attento perché sa che lì il metro è quello internazionale».

Quello che si evidenzia invece è che i recuperi rischiano spesso di allungarsi: giocare di più può incidere sulle prestazioni?

«No, la gestione fisica non cambia, si tratta solo di qualche minuto in più. I giocatori sono abituati a giocare cinquanta partite all’anno, non è certo un recupero più lungo a influire, ci si abitua. Nel mondo del calcio, ci sono state tante regole innovative. Quando vai a mettere dentro passaggi nuovi, inevitabilmente devi mettere in conto anche un periodo di adattamento».

A proposito: quanto servirà per abituarsi alle interruzioni del Var?

«Diventerà presto normale, è solo questione di tempo. Vi ricordate il retropassaggio? Noi lo usavamo addirittura come tattica, contro il Milan di Sacchi: loro pressavano alto, allora io aspettavo che Van Basten mi arrivasse addosso, giocavo la palla dietro a Zenga, lui la prendeva con le mani, lancio lungo per la sponda di Serena e si iniziava l’azione. Quando vietarono al portiere di prendere il retropassaggio con le mani si lamentarono tutti, allenatori e giocatori. Poi ci si è abituati. Il Var penso sia utile, magari va calibrato meglio. Non deve eliminare tutte le situazioni limite, per quelle si continuerà a protestare. E bisogna essere obiettivi: in queste prime due giornate alcuni casi li ha risolti correttamente».

E l’applicazione porterà a ridurre i tempi.

«L’importante è che sia sempre l’arbitro che decide. Il Var non gli va a togliere nessun tipo di potere. Ma in alcune situazioni devono far capire bene soprattutto al pubblico come funziona. Sabato ero a Roma: è difficile far capire ai tifosi perché non sono intervenuti nel contatto su Perotti. L’arbitro ha dato un calcio d’angolo che non c’è, vuol dire che ha visto male, la gente se ne è accorta. Dai la possibilità a Irrati di andarlo a vedere, poi fai decidere a lui una volta che ha rivisto le immagini. Non doveva concederlo per forza, ma almeno rivederlo: di fronte a un arbitro che valuta l’azione al video si sarebbero azzerate le polemiche. Ma bisognava fare in modo che in quell’occasione lo vedesse».

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