Luciano Spalletti

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Luciano Spalletti è uscito di scena in maniera composta e lineare. Lineare come è stata la sua Inter in questi due anni. La richiesta del club nerazzurro era proprio quella: centrare la qualificazione in Champions League. Aspettative soddisfatte, quindi. Ma Rivista Undici cerca di approfondire come questa normalità raggiunta dall’Inter si sia trasformata in un limite. Da superare con un cambio in panchina. “Spalletti ha indirizzato l’Inter in un percorso, ma in quel percorso è rimasto. E quindi – naturalmente – non è stato esonerato perché ha eseguito il compito, ma perché non ha mai dato l’impressione di poter andare oltre. L’andamento della sua gestione è l’alibi della scelta dell’Inter. Quando Spalletti ha dovuto dare ordine, ovvero nella prima metà della prima stagione, ha ottenuto il massimo; quando invece ha provato a innovare la squadra, a spingerla verso l’evoluzione, ha riscontrato difficoltà. Ci ha provato durante l’inverno della prima stagione e nella prima parte dell’annata appena terminata, e l’impressione è che l’Inter sia cresciuta in termini di stabilità mentale e di capacità di contenere le avversità, ma meno di quanto ci si poteva aspettare sul piano del gioco”.

I giocatori non hanno aiutato l’ex tecnico nerazzurro e quell’equilibrio troppo sottile: “L’idea che giustifica il cambio di tecnico è che Spalletti, di fronte alla difficoltà dei suoi giocatori nella crescita, abbia preferito preservare piuttosto che innovare, ritenendo forse che potesse essere pericoloso farlo. Anche perché la grande scommessa del tecnico di Certaldo è andata persa: le fiches posizionate sui giocatori simbolo – Nainggolan, Icardi, Perisic, Vecino – non hanno portato i benefici sperati perché, a rotazione, proprio questi calciatori hanno deluso e compromesso le potenzialità dell’Inter. Spalletti, di fatto, ha costruito una squadra che non ha mai potuto sfoderare la sua massima espressione; e anche se le colpe non sono soltanto sue, è colui che ne ha pagato le conseguenze. Ciò che si può imputare a Spalletti è che di fronte ad uno scenario avverso non abbia saputo reagire e trovare una contromossa. Il modulo è rimasto sempre il 4-2-3-1: di nuovo, è come se un cambio potesse minare l’equilibrio raggiunto dalla squadra, che dal suo punto di vista deve essere stato sottile”.

Mai sopra le righe: l’Inter punta su Conte: “La rinuncia di Spalletti ad un qualcosa in più, alla novità, all’invenzione, è stata costante nei due anni in nerazzurro. La sensazione è quella di aver avuto a che fare tecnico che ha più che altro organizzato, ma mai inventato qualcosa. L’amarezza finale nasce dal fatto che l’invenzione è parte del suo repertorio, eppure all’Inter non si è mai vista. In sostanza, il pregio della sua gestione – strutturare una squadra reduce da un susseguirsi di “anni zero”, o peggio, dall’assenza di progetti sportivi e societari, definendo dei punti fermi – ha portato benefici tali per cui alla lunga è diventato un difetto: la normalità di cui l’Inter aveva bisogno due anni fa è stata sostituita, nella mente della dirigenza e della proprietà, dall’ambizione e dalla volontà di accelerare l’andatura del progetto di crescita. Il fatto che Conte fosse libero ha chiuso il cerchio disegnato dai dirigenti nerazzurri”.


(Rivista Undici)
 
L'ho ringraziato già l'altro giorno ma dopo aver letto il suo post voglio ringraziarlo ancora una volta...grazie Luciano per averci riportato in CL dopo tanti anni, grazie per esserne uscito da signore...lo ricorderò con affetto, nonostante negli ultimi mesi come allenatore non mi è piaciuto.
quoto, il suo l'ha fatto, unico allenatore che ha portato qualcosa di utile dopo Leonardo
 
L'articolo di Rivista Undici l'ha scritta un tifoso (probabilmente frequentatore di questo forum), perché se l'impostazione generale è corretta (per usare un termine caro a Spalletti) poi non è riuscito ad andare oltre all'apparenza superficiale delle cose, scadendo poi in luoghi comuni e citando cose palesemente false.
Spalletti in quanto allenatore capace di rimanere in alta quota ma incapace di effettuare lo step decisivo verso le zone che contano può essere un'interpretazione condivisibile - in effetti, è stato quello che ha pensato anche la società, evidentemente. E' anche vero che dopo un iniziale tentativo di innovare poi ha preferito preservare - ma quello che non viene detto (o viene detto in modo impreciso e lacunoso) è che dopo vari tentativi si è ritrovato a poter contare, per un motivo o per l'altro, su un numero assai ristretto di calciatori, alcuni dei quali flessibili come una sbarra di ferro e quindi incapaci di andare al di là dei loro abituali standard di routine. LS non ha messo in pratica contromosse semplicemente perché non aveva i mezzi necessari per farlo. Scrivere che è rimasto prigioniero del 4-2-3-1 significa o voler trovare a tutti i costi qualcosa per attaccarlo oppure guardare le partite senza capire una beata minchia di quello che sta succedendo, perché invece il modulo è stato cambiato più e più volte, sia in partenza che nel corso della partita, è solo che con giocatori capaci solo di un'interpretazione monocorde del loro ruolo e soprattutto con quel centrocampo, non è che si potesse fare granché.
E' chiaro che con Gonde la società ha voluto dare un chiaro segnale, cioè la volontà di compiere quello step di cui si diceva prima e del quale non ritenevano LS capace di effettuare.
La mia perplessità però riguarda la tempistica, o meglio la situazione. Gonde ha dato il meglio di sé quando è arrivato in squadre reduci da campionati anonimi per non dire deludenti, ha praticamente ricostruito il gruppo intorno a sé per ottenere i risultati.
Questa Inter non è reduce da un settimo posto come la sua goBBa, il suo Chelsea o come l'Inter di qualche anno fa, per cui ogni progresso seppur piccolo era visto come un successo, qua stiamo parlando di una squadra che non ostante le note vicissitudini si è qualificata per la prossima ChL, quindi il famoso step successivo porta necessariamente a lottare per il titolo. La domanda è: la squadra è pronta ? Bastano alcuni ritocchi per raggiungere questo traguardo ? Per me la risposta è NO, non ancora, ed è per questo - e non per ammirazione verso Spalletti - che il cambio di guida tecnica in questa fase mi sembra azzardato, se non addirittura poco opportuno. Mi auguro vivamente di sbagliarmi !
 
Mazzoleni: "Spalletti mise una mia foto nello spogliatoio e scrisse: è tosto"
L’arbitro racconta un episodio inedito sull’ex tecnico interista: “Lo faceva con tutti per far capire ai giocatori chi si trovavano di fronte. Mi fece piacere”

Paolo Mazzoleni ha chiuso la carriera dopo 28 anni di calcio per limiti d’età, anche se è quasi certo che resterà nel mondo arbitrale come Var. Intanto, mercoledì 12 giugno alle 18 al teatro di Colognola (Bergamo) presenterà il suo libro biografico La mia regola 18. Una regola “personale” in più oltre le 17 esistenti: quella del buonsenso.
Mazzoleni ne ha viste tante, sui campi, in questi anni. E in un’intervista a L’Eco di Bergamo ha raccontato un episodio inedito: “Quest’anno a fine gara sto lasciando San Siro dopo aver diretto l’Inter, passo davanti al loro spogliatoio e sulla porta, era aperta, campeggia una mia foto con scritto ‘è tosto, è spigoloso’. Incrocio Pane, è nello staff di Spalletti, gli chiedo spiegazioni e lui mi dice: ‘Il mister lo fa sempre, per spiegare ai giocatori chi è l’arbitro’. L’ho sentita una medaglia al merito: tosto e spigoloso. E per bene. Infatti i rapporti migliori li ho avuti con i carismatici: De Rossi, Bonucci, Zanetti, Diamanti, Gattuso, Stankovic”. L’episodio di San Siro, sconosciuto ai più, la dice lunga anche sulla meticolosità di Luciano Spalletti nel preparare le partite. Nulla viene lasciato al caso. E a volte anche una foto dell’arbitro appiccicata alla porta dello spogliatoio può fare la differenza.

(Gazzetta.it)
 
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