Per anni ho coltivato la mia duplice passione: l’Inter e la musica. Purtroppo, o per fortuna, il tempo presto o tardi ti sbatte più o meno violentemente contro il muro di una realtà illusoria e coatta dove sei “socialmente invitato” a correre al ritmo imposto da terzi (da chi?). In questa danza frenetica sei “costretto” a superare diversi step, pena l’essere considerato un reietto.

La scelta del titolo non è casuale. La musica, passione coltivata per almeno due lustri, si è trasformata in un hobby da coltivare tra le mura domestiche. Al contrario, l’Inter, lentamente e con la forza di un fiume in piena, ha tracimato fino a diventare un qualcosa di più di un semplice retaggio ancestrale. Anche più tangibile di un “fugace appuntamento di Fede” da trascorrere in un luogo sacro al fine di espiare i peccati di ogni giorno. No, l’Inter rappresenta parte dei miei valori morali ogni giorno, tutti i giorni.

COME LA LUCE PER LE MOSCHE

Il titolo della canzone dei Trivium (a proposito, la traduzione fa davvero piangere, parola di traduttore), mi aiuta ogni giorno nell’affrontare la sempiterna battaglia tra il mio essere pensante opposto all’indottrinamento colluso che fa leva sulla dilagante ignoranza di questo periodo storico. Una manipolazione mentale in piena regola sia nel bene che nel male.

Proprio per questo motivo ogni cosa che succede ai nerazzurri viene amplificata, ogni notizia viene filtrata e proposta negativamente, “se non si arriva in Champions è fallimento”, l’allenatore buono è sempre quello che deve arrivare, ecc. Luce che attira a sé le mosche che non sapendo discernere tra bene e male si vanno a infrangere contro il vetro, ancora e ancora, finché, stremate, giacciono lì inerti. Magari rimembrando quella promessa illusoria della luce prima di lasciarsi cadere nell’oblio.

PERCHE’ NON SAREBBE UN FALLIMENTO

Il pensiero analitico, più o meno sviluppato nell’individuo, dovrebbe portarlo autonomamente a porsi delle domande e provare a darsi delle risposte. Il confronto (ormai ridotto a mero esercizio denigratorio, se non peggio, dall’avvento dei social network), ha lasciato strada all’insorgere di tanti “guru”, ciascuno con la sua fan base (perché chiamarla “mandria” era politicamente scorretto, alias non faceva “fico”). In questo modo, il progresso ha trascinato verso l’oscurantismo delle menti a causa del suo cattivo utilizzo (non certo per i buoni motivi per i quali era stato concepito e creato).

In questo medioevo moderno, il calcio, come stagno della società (al tempo stesso specchio e, appunto, acquitrino), è stato presto risucchiato dalle tenebre. Quindi se l’Inter non va in Champions è un fallimento, Spalletti è un perdente inadeguato, quel giocatore è mediocre, quel tizio è così, caio è colà, ecc.
La verità, o quello che ragionevolmente si crede sia la verità, è soggettiva e appartenente agli occhi di ciascun individuo. Tuttavia, esiste una verità più oggettiva di altre e sarebbe oltremodo apprezzabile scostarsi da certi luoghi comuni.

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Un esempio banale potrebbe essere credere che l’Inter debba ottenere determinati risultati unicamente per il nome che porta, senza analizzare lucidamente tutto il resto. Un “resto” che, tra gli altri, si traduce con difficoltà pluriennali, con interpreti che da almeno 3 stagioni accusano le stesse problematiche e lacune, e con una rosa che ai nastri di partenza non sembrava oggettivamente all’altezza per il conseguimento dell’obiettivo stagionale.

E’ SEMPRE COLPA DELL’ALLENATORE

Benché si possa credere il contrario, gli innesti (sia positivi che negativi) a una rosa arrivata settima nella precedente stagione non lasciavano presagire di aver colmato quel gap con le uniche reali avversarie per quei 4 posti. Lacune non colmate nel mercato estivo e solo parzialmente in quello invernale. Malgrado tutto, l’Inter di Spalletti è lì a -1. E a nulla serve la dietrologia, perché a 4 giornate dal termine la fiammella di speranza è ancora viva. E fa specie leggere in giro di presunte “colpe”, di “perdenti”, “fallimenti”, e chi più ne ha più ne metta.

Luciano Spalletti, nonostante le sue responsabilità (preferisco questo termine) all’interno delle singole partite, è riuscito a cavare il sangue dalle stesse rape insultate a più riprese tra il 2015 e il 2017. Errori di valutazione che accomunano tutti i professionisti di ogni settore in percentuali differenti in base ai risultati. E, credeteci, Spalletti è il miglior tecnico che ci si possa augurare per l’Inter attuale. E’ una semplice questione di attrattiva. Il nome dell’Inter ancora la conserva, indubbiamente, ma quando si passa oltre e si dà uno sguardo alla rosa, parte del fascino scema drasticamente. E sarebbe davvero interessante leggere di critiche e di inviti “a togliere le tende” corredati da proposte costruttive su eventuali (e possibili) sostituti. Semplicemente non ce ne sono.

Benché ci si creda tutti esperti, tutti allenatori, tutti giudici, l’unica persona che sta alla Pinetina ogni giorno, che presenzia e guida gli allenamenti, che conosce tutto a 360° si chiama Luciano Spalletti. E un discorso simile sembra persino pleonastico nel 2018, ma a quanto pare non lo è.

L’INTER E L’INTERISTA DEL FUTURO

Il percorso di crescita dell’Inter dell’immediato futuro non può prescindere da Luciano Spalletti. Non esiste allenatore maggiormente qualificato e in grado di contribuire a restituire all’Inter lo status perduto. Possono essere mosse critiche più o meno legittime a proprietà e dirigenti, ma 8 anni e 10 allenatori cambiati sono indizi più che sufficienti per comprendere che la guida tecnica è l’ultimo dei problemi in casa-Inter. Ora tocca agli interisti cercare di fare il più possibile fronte comune con Spalletti e la squadra per un fine comune.

Errore a cui sono soggetti anche i giocatori. Beninteso, non sono esenti da colpe, ma abbiamo imparato a conoscerli in un lasso di tempo importante. Un periodo sufficiente per evitare insulti e improperi alla ricerca di chissà quale rito apotropaico. Sono questi, proviamo a incitarli. Nel caso siano protagonisti di prestazioni negative è nostro diritto e dovere esprimere il disappunto a fine partita.

Tuttavia, il passo culturale più importante sarebbe quello di imparare a distinguere la luce meritevole da quella fittizia e distruttiva. In questo modo, isoleremmo le menzogne delle mosche bianche e contribuiremmo a ostacolare gli ingranaggi del giochino perverso che ci vuole ostinatamente ciechi. Come (fa) le luce per le mosche.