Momento 1
Il 15 marzo 2011 è stato il giorno del mio quarantottesimo compleanno. Avevo deciso di celebrarlo assieme al compleanno dell’amico e collega Filippo Rossi, rampollo della famiglia più nerazzurra di tutta Castiglione della Pescaia, che quello stesso giorno raggiungeva quota trenta, andando a sostenere i ragazzi a Monaco di Baviera. L’impresa era disperata, occorreva ribaltare lo 0-1 dell’andata subito a San Siro ad opera del Bayern di Monaco, la squadra che dieci mesi prima avevamo battuto a Madrid portandoci a casa la coppa con le orecchie. Impresa disperata, ma potevamo farcela: in fondo Filippo e io eravamo la stessa formazione che aveva celebrato il compleanno precedente a Stamford Bridge battendo il Chelsea con un gol di Eto’o.
Raggiungere l’Allianz Arena con una Fiat Multipla, partendo da Milano non fu impresa semplice, anche perché, una volta giunti in Austria, ci dimenticammo di acquistare la malefica “vignette” per l’ingresso in autostrada. Ma alla fine, partiti la mattina, arrivammo allo stadio a pochi minuti dal fischio di inizio. Come andò quella partita ce lo ricordiamo tutti e quindi la faccio breve. All’ottantasettesimo, sul 2-2, risultato che ancora ci condannava, entrò Yuto Nagatomo. Restavano da giocare solo tre minuti più recupero, ma il suo ingresso in campo non fu affatto banale. Soltanto nove giorni prima – a un mese esatto dal suo debutto nerazzurro – Yuto aveva segnato il suo primo gol da interista, nel finale di un travolgente 5-2 sul Genoa.
Forse era stato in quel frangente che per la prima volta avevamo sentito la curva intonare il coro “Yuto Nagatomo, oh, o-oh, o-oh”, sulle note di Vamos a la playa. Di certo tutto il Meazza era rimasto a bocca aperta per celebrare il primo gol nipponico della storia dell’Inter. Ma nel breve lasso di tempo tra quel primo momento felice (6 marzo 2011) e la gara dell’Allianz (15 marzo 2011) un evento tragico, l’11 marzo, aveva toccato il Giappone: un terremoto di magnitudo superiore al 9.0 aveva colpito il paese ed era stato seguito da uno tsunami con conseguenti danni alla centrale nucleare di Fukushima. I morti erano stati quasi diciottomila.
A tre minuti dalla fine, dicevamo, mister Leonardo fece cenno a Yuto Nagatomo di entrare. Quali pensieri attraversassero la mente di Yuto Nagatomo lo avremmo capito qualche minuto più tardi. Ma a pochi secondi dall’ingresso del giapponese ecco il miracolo: un lancio lungo raggiunge Samuel Eto’o nei pressi dello spigolo sinistro dell’area bavarese. Sammy, con una magia, riesce a liberarsi di Dante e a dirigersi con il pallone verso il centro dell’area. Yuto è lì, vicinissimo, rischia quasi di scontrarsi con il nostro centravanti, ma con la sua azione diversiva manda in confusione altri due difensori in maglia rossa. Così Eto’o riesce a proseguire nella sua corsa e, giunto sulla verticale del dischetto, apre sulla sinistra per Goran Pandev che di piatto sinistro infila il portiere Kraft. Non ricordo di essere stato mai così felice per una rete. Non era tanto l’importanza del gol (si trattava in fondo di un semplice ottavo di finale), quanto della completa imprevedibilità di ciò che stava accadendo davanti ai nostri occhi.
Il Bayern aveva vinto a San Siro, aveva dominato per larghi tratti, eppure stava per essere eliminato per 2-3. Al fischio finale, nel pieno del delirio nerazzurro, Yuto Nagatomo portò in campo la bandiera del Sole Levante con le scritte di incoraggiamento in giapponese e in inglese (“You’ll never walk alone”) che aveva già mostrato dalla panchina. Un momento molto toccante. Per l’Inter degli Eto’o, degli Sneijder, dei Maicon e dei Cambiasso, quella sera fu forse l’ultimo atto veramente vincente in Champions League (al turno successivo venimmo eliminati dallo Schalke 04).
Ma fu anche il momento in cui scoprimmo Yuto sotto una luce diversa (ci sarebbero anche altri gustosi aneddoti personali dedicati a quella sera, ma ne parleremo forse un’altra volta). Fatto sta che la foto con la bandiera del Giappone diventò anche la copertina della sua autobiografia, best seller in patria, molto apprezzata anche in Italia. Titolo: Un ragazzo giapponese. Con la sua naturale modestia Yuto aveva dichiarato «All’inizio, quando ho ricevuto l’offerta di scrivere un libro, pensavo fosse troppo presto per una biografia, ma poi l’ho ritenuta un’occasione per ringraziare la mia famiglia». Il libro ripercorreva le tappe della sua vita, comprese le difficoltà dell’infanzia dopo il divorzio dei genitori, l’esordio a ventidue anni nella JLeague, l’arrivo in Italia nel Cesena e il quasi immediato passaggio in nerazzurro. All’Inter si era distinto subito per la sua enorme serietà negli allenamenti, pare che sia sempre stato incontentabile.
“15 marzo 2011, la mia nazione era appena stata devastata da un tremendo tsunami. Anche se iniziavo in panchina, il mio stato d’animo era lo stesso di chi sarebbe stato in campo.”
Momento 2
Non dovemmo aspettare molto per trovare un altro momento in cui Yuto si fece notare: il suo primo e unico gol davvero decisivo: 13 dicembre sempre del 2011 e ancora contro il Genoa: 0-1 di testa al 71′ su cross di Ricky Alvarez, a Marassi.
Momento 3
Col Genoa il nostro doveva avere evidentemente un fatto personale perché contro i grifoni ha segnato tre dei suoi undici gol in nerazzurro, ai due già citati si aggiunge anche il gol di apertura del 2-0 a San Siro, alla prima partita del campionato 2013-14, sempre di testa, al 75′, anticipando l’ex Palacio che poi segnerà l’ininfluente 2-0 all’89’. Quello di Yuto era stato così il primo gol di quella stagione di Serie A.
Momento 4
Ma tra questi due gol al Genoa ci piace ricordare una delle più belle azioni del nostro amato Yuto. Torino, 3 novembre 2012. Per la prima volta lo Juventus Stadium viene violato. L’Inter è quella di Stramaccioni. Dopo soli diciotto secondi l’Inter è sotto per un gol di Vidal imbeccato da Asamoah in fuorigioco di svariati metri. Quindi si soffre, in una gara per certi versi simile a quella trasferta all’Allianz ricordata in apertura, andando più volte vicini al 2-0 per i bianconeri. Nel finale del primo tempo seconda enorme svista arbitrale di Tagliavento che grazia il già ammonito Lichsteiner. Ma nel secondo tempo l’Inter recupera: segna prima Milito su rigore al 60′, poi Guarin ruba palla a centrocampo, avanza e scaglia un missile per la respinta di Buffon e la doppietta del Principe al 76′. Yuto si batte come un samurai (mi sarà scusata la facile similitudine). Poi, al minuto 89, ancora Guarin imbecca in campo aperto proprio Nagatomo lanciato sulla fascia di sinistra per un contropiede fulminante. Una volta arrivato in area, Yuto si vede respingere da un difensore il tiro a colpo quasi sicuro, ma non si perde d’animo: riprende la palla e ricostruisce l’azione, uscendo addirittura dall’area, temporeggiando fino all’arrivo di Rodrigo Palacio che viene imbeccato splendidamente per l’uno a tre che resterà nella storia dello Juventus Stadium (e dell’Inter).
Momento 5
Torniamo alla stagione 2010-11, quella da dove siamo partiti. Nagatomo era arrivato all’Inter nel gennaio 2011, dopo le belle performance col Cesena. Ma il debutto era avvenuto solo il 6 febbraio, perché a fine gennaio, con la nazionale giapponese, aveva vinto la Coppa d’Asia, risultando anche nel “Team of the tournament”. L’Inter, dal canto suo, aveva vinto in dicembre la Coppa del mondo per club. Potremmo dire che Yuto è riuscito a partecipare agli ultimi fuochi d’artificio di quella che è stata una squadra epocale. Ma almeno all’ultimo ha preso parte, e da protagonista. Infatti, con il suo numero 55, è stato tra i titolari della finale di Coppa Italia 2010-11, vinta per 3-1, a Roma, il 29 maggio 2011, contro il Palermo, per la conquista di quello che è ancora oggi l’ultimo trofeo vinto dalla prima squadra dell’Inter. Con l’uscita di Nagatomo (e di Santon) è rimasto il solo Ranocchia in squadra a poter dire di aver vinto qualcosa con l’Inter.
Momenti brutti
Negli anni Yuto è riuscito a dare sempre il suo contributo con impegno, modestia e qualità. Non sono mancati certamente i momenti difficili, ne ricordo in particolare due: una prestazione orribile il 28 settembre 2014 contro il Cagliari di Zeman: con un errore sul primo gol di Sau (al 10′) ed espulsione sull’1-1 per doppia ammonizione (al 28′ del primo tempo). La partita era poi finita 1-4 con tripletta di Ekdal. E, ultimo tra tutti, l’errore del 30 aprile 2017 che ha propiziato il gol di Callejon nella sconfitta casalinga contro il Napoli (0-1). Ma anche dopo questo episodio Yuto ha saputo riprendersi e regalare qualche buona prestazione.
Momenti finali
L’ultimo momento di Yuto, ancora una volta, è legato a un momento di svolta della stagione. È il 13 dicembre e l’Inter che è prima in classifica affronta il Pordenone per gli ottavi della Coppa Italia. Yuto, che ha appena battuto tutti i compagni nella registrazione di Inter Bells, la canzone di Natale, che verrà cantata allo stadio il 16 dicembre contro l’Udinese, parte tra i titolari. La partita non si sblocca e, in un paio di occasioni, rischiamo anche di prendere il gol beffa. Si va ai rigori e nemmeno lì la situazione si sblocca. Toccherà a Yuto segnare con freddezza, il rigore decisivo, il quattordicesimo. Purtroppo tre giorni dopo, contro l’Udinese, Yuto non ci sarà. Il suo sostituto, Davide Santon commette due errori decisivi. Ventisei tiri a otto per l’Inter, ma il risultato è 1-3 per l’Udinese. La sliding-door della stagione. Non è stata colpa di Yuto, anzi. Pochi giorni dopo capiamo che per Yuto sta arrivando l’addio.
Gli abbiamo sempre voluto bene, abbiamo persino fatto il tifo un po’ anche per lui ai mondiali, continueremo a volergliene anche al Galatasaray e lo ricorderemo sempre con affetto. Sayonara, respect, caro Yuto.