Dialetti

Sono uno strenuo oppositore di ogni dialetto. E' qualcosa di arcaico ed anacronistico verso il quale non provo né il minimo interesse né la minima simpatia.

Siamo nel 3° decennio del XXI secolo, è giunto il momento di mettere da parte questa roba inutile: in quanto italiano, io parlo esclusivamente italiano con un mio connazionale. Non me ne frega niente se sia mio compaesano o se abiti a 300 km a nord o a sud da me. Siamo connazionali? Benissimo, si usi l'italiano, è anche dall'utilizzo di un'unica lingua da Trento a Siracusa che si stabiliscono le fondamenta di un Paese.

Il dialetto è una di quelle classiche cose per cui dobbiamo - nel 3° decennio del XXI secolo, cosa che mi manda ai pazzi - sentirci più affezionati al nostro campanile piuttosto che alla nostra patria. Ma anche basta, che palle. A me l'Italia piace tutta, anche se ne conosco solo il 5%. E se incontro un mio connazionale, pretendo di parlare in italiano, appunto la lingua nazionale.

Poi, per carità, gli accenti purtroppo ci sono (li ho anche io, mio malgrado) e chissà quanti secoli ci vorranno perché spariscano. Ma va bene così, non possiamo parlare tutti come accademici della Crusca o come Luca Ward, con gli accenti perfetti che sanno distinguere tra pésca e pèsca. Ci arriveremo, spero nel minor tempo possibile

SPOILER ALERT: non travisate questo discorso in melassa nazional-salviniana/meloniana "prima gli italiani" falsamente patriottica. Sono uno strenuo oppositore del dialetto e allo stesso modo sono uno strenuo sostenitore della fondamentale importanza dell'apprendimento della maggior parte di lingue straniere possibili, quantomeno l'inglese. Il mondo odierno chiede di parlare quante più lingue nazionali possibili, in modo da favorire scambi di cultura e crescita personale attraverso la diversità anche linguistica: ed è fondamentale coltivare queste abilità. Il che è esattamente agli antipodi del dialetto - che altro non è che un modo chiuso con cui una estremamente piccola comunità chiusa in se stessa si è espressa, per vari motivi storici, per uno svariato periodo di tempo. Tra l'altro non solo ci sono differenze dialettali enormi tra provincia e provincia ma finanche tra comune e comune. Che roba inutile.

SPOILER ALERT 2: non travisate questo discorso in melassa radical chic per cui lo studio del latino e del greco antico siano inutili. E' una cazzata che non c'entra niente con quanto io stia affermando.

SPOILER ALERT 3: non travisate questo discorso in inutilità dello studio accademico dei dialetti. Se deve servire per qualche ricerca linguistica o filologica (vedasi anche i casi del griko in Salento e del grecanico in Calabria), bene, si studiassero, almeno a qualcosa possono ancora servire. Ma un conto è l'accademia, un conto è la comunicazione nella vita reale in cui l'uso del dialetto è - per me - inaccettabile oltreché totalmente privo di qualsivoglia sfumatura di simpatia

Ghe sboro, che sproloquio! Ma che problemi hai?
 
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GioanBreraFuCarlo

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Tanto per dire, siamo all'inizio della seconda decade del ventunesimo secolo.
Mia figlia maggiore deve fare la tesi del triennio all'UNIVR in lettere moderne e si trova suor Arcangela Tarabotti tra i piedi, protofemminista venexiana. (1604-1652)

(sento già le budella di @Obdulio Varela fremere dal piacere)

Accompagno la fiola all'archivio di stato un paio di volte. Fotocopia qui, fotocopia là.
Alla fine della storia molti documenti sono in lingua veneta dell'epoca.

... secondo voi, chi ha fatto l'esegesi di quei testi? :neroblu

PS: alla magistrale è uscita con 110 e lode, quasi un triplete per me.
 
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