Werckmeister Harmonies

Servi scalzi agitano le caviglie ferrose
i loro occhi stritolati dal mattino estivo


piegano le esalazioni roventi degli oleandri


negli altopiani urbani cosparsi di granito





si augurano malasorte, lividi azzurri o violacei,


unghie bianche e ramate


dove il flusso che un tempo li univa


alla placenta dell'appartenere


possa testimoniare quiete cimiteriale





Aggrediscono il disappunto nervoso


che ne sbiadisce intenti


e sbalordite giacenze nell'ovvio;
raccolgono mozziconi di speranza


per alitare gastriti e presunzioni


sotto la supervisione di metanfetamine


rimaste integre nei fondali


dei distributori sulla Statale 25


a pochi passi dalla Locanda Marion


dove la mano stanca di Saenredam


deposita sul suolo annerito da una finta eclissi


la sua matita d'argento incenerita.
 
Quattro Stracci


Lo senti,
arriva come un fiato di genitore
che ti spiega dove poter sbagliare
prima che il tempo intervenga
lo senti che è finito
tutto ciò che che ipotizzavi
le coperte per impedire
agli incubi peggiori
certe urla
i dolci per rovinare i denti
le prime volte in cui hai creduto
che andartene potesse risolvere
per poi tornare
andare via di nuovo
e tornare con piu' rughe piuttosto
che lacrime
In quei vecchi posti
si respira il disfacimento
le pietre non reggono
i colori sono devastati dal sole
dalla pioggia, dagli inverni
dalle estati roventi
dai tentativi di andarsene
di quelli ancora dentro
cambiate strade
per disintegrate attitudini,
non c'è gioco sostituibile
a questo mentirsi
odio la primavera
perché insegna ai prati la maleducazione
fiorendo meraviglie
che non ho il potere di calpestare.


°° °


Di processioni affrettate
con il passo verso la fame
ne ho viste tanto poche
quanto sufficienti
perché bastassero all'idea
dell'inutile procedere
se con malagrazia
si esorcizza l'inquietudine
ben vengano i gambizzati avamposti
di qualsivoglia andare;
senza rincorsa e senza spinta
solo sostare per capire
lo scerno stato di quiete
che pure è pace.
Mi avessero promesso entusiasmi
li avrei scambiati volentieri
per mantenute assuefazioni,
avessero rischiato la decenza
mi sarei venduto l'anima per sete
La stolta cronistoria degli eventi
che disarciona il paritetico asservire
non rende gloria al manifesto nella brina
che toglie ai vespri della stolta primavera
l'idea di un canto che non è già mio
intersecato nelle polveri annerite
di un pavimento lastricato di importanza
disintegrata nel simmetrico annaspare
Come si può
avere il senso dell'insensatezza
e relegarsi a quattro stracci di miseria
dare al recinto un punto di caduta
e non avere perdita di sensi
Come si può condannare un'epoca
ed abbracciarla con fiumi di incertezze
sentendosi incolpevoli
e recitare con il canto dell'orgoglio
la virtù della fame
Come si può presumere dolcezza
quando l'imperativo è cadere
negli abissi più cruenti
baciando nel contempo
gli anelli sporchi nelle mani rosa-bianco
dei venditori di rassegnazione
Certe luci si stancano
di arruolarsi nel ventre della notte
e balbettando gli ultimi capricci
lasciano spazio
alle indecenze della notte a venire;
esercitano il diritto al disconoscere
provate da cotanta,
inutile,
conservazione.



ç ç





Viali adombrati
nascondono verità incommestibili
mentre i palazzinari
si siedono a cena e baciano le cravatte
tronfi della propria barba curata
e delle loro ordinazioni con un gesto
di dita
L'umanità ha perso
quando in mancanza di bombe
si è preferito leccare lo scroto
di addomesticati scriba
totalmente incapaci di parole;
inutile qualsiasi tramonto
se la luce non si riflette
sulla malagrazia
Queste città sono tutte identiche
senza coraggio
senza vera violenza
private dalla capacità di disarcionare
l'essenza stessa del resistere
siamo stati abituati alla sopportazione
e proliferiamo intolleranza
siamo stati adattati alla sopravvivenza
e desideriamo la morte
siamo stati condannati alla continuazione
e bramiamo l'incostanza;
la pazzia è nelle sanguisughe
che ci tolgono il senso di colpa
ad ogni meraviglia
e l'affossare la religione del nulla
è un nichilismo cannibale
nel sovrapprezzo delle corde sui lampadari
Ci hanno insegnato la *****
dimenticando la facoltà al digiuno
ci hanno imposto la leggerezza
scordando la distanza tra figure retoriche
e colpi di coda
ci hanno consigliato l'ovvietà
e si sono nutriti dell'incapacità di accettarla
rendendoci servi
annebbiate scogliere
sabbie incalpestabili
amianto, plastica, cancrena;
speranza, malagrazia, incendio
Ma un giorno
tutto ciò avrà da tacere
di fronte all'imbarazzo del silenzio
e sarà quello il punto esatto
del non ritorno
I cattivi maestri
dormiranno in grembi spettrali
il cielo sarà di seta
e lo spavento supremo
sarà salutarsi con un battito di nervi
torneranno i campi verdi
costellati di malizia a rendere
e tutti i film visti
esigeranno nuovi autori
entusiasti di capovolgere
il velo di Maya
od altri avamposti
Queste città sono tutte
sentenziate e sentenzianti
identiche
quando fanno riferimento al labiale
assortimento di idiozie che manifesta
le logiche ardenti annerite.


@ . @




Tolte dall'inverno le foglie sulla strada
si riaccordano gonfi di vigore
gli entusiasmi dei corpi scalzi
indirizzati verso balere ed altri avamposti
annullando le lamentele del quotidiano
nella regale salvezza del finalmente
- è arrivata. Nei patetici frastuoni
già privi di spettralità e quiete
la stagione in cui tuffarsi
nel gran teatro ridipinto
per accogliere recitazioni maldestre
di virtuosismi ingabbiati nel formichiere.
Si esaltano le palpebre disarcionate
dal letargo di centenarie resistenze,
la voce del sacrificio è già sepolta
dalla polvere di un'attesa ripagata
Neanche un filo di vento
per la complicità di un disappunto
dinanzi a certe emerite indecenze;
soltanto il cadavere momentaneo
di una vecchia ramazza
abbandonata nel centro del cortile
sotto lo sguardo sfinito
dello spazzino dalle tasche bucate
ed il fiato centrifugato
da un whisky rovente di discount
che rimanda ad un tempo imprecisato
tutte le bestemmie guadagnate
nella notte.
 
Quattro Stracci


Lo senti,
arriva come un fiato di genitore
che ti spiega dove poter sbagliare
prima che il tempo intervenga
lo senti che è finito
tutto ciò che che ipotizzavi
le coperte per impedire
agli incubi peggiori
certe urla
i dolci per rovinare i denti
le prime volte in cui hai creduto
che andartene potesse risolvere
per poi tornare
andare via di nuovo
e tornare con piu' rughe piuttosto
che lacrime
In quei vecchi posti
si respira il disfacimento
le pietre non reggono
i colori sono devastati dal sole
dalla pioggia, dagli inverni
dalle estati roventi
dai tentativi di andarsene
di quelli ancora dentro
cambiate strade
per disintegrate attitudini,
non c'è gioco sostituibile
a questo mentirsi
odio la primavera
perché insegna ai prati la maleducazione
fiorendo meraviglie
che non ho il potere di calpestare.


°° °


Di processioni affrettate
con il passo verso la fame
ne ho viste tanto poche
quanto sufficienti
perché bastassero all'idea
dell'inutile procedere
se con malagrazia
si esorcizza l'inquietudine
ben vengano i gambizzati avamposti
di qualsivoglia andare;
senza rincorsa e senza spinta
solo sostare per capire
lo scerno stato di quiete
che pure è pace.
Mi avessero promesso entusiasmi
li avrei scambiati volentieri
per mantenute assuefazioni,
avessero rischiato la decenza
mi sarei venduto l'anima per sete
La stolta cronistoria degli eventi
che disarciona il paritetico asservire
non rende gloria al manifesto nella brina
che toglie ai vespri della stolta primavera
l'idea di un canto che non è già mio
intersecato nelle polveri annerite
di un pavimento lastricato di importanza
disintegrata nel simmetrico annaspare
Come si può
avere il senso dell'insensatezza
e relegarsi a quattro stracci di miseria
dare al recinto un punto di caduta
e non avere perdita di sensi
Come si può condannare un'epoca
ed abbracciarla con fiumi di incertezze
sentendosi incolpevoli
e recitare con il canto dell'orgoglio
la virtù della fame
Come si può presumere dolcezza
quando l'imperativo è cadere
negli abissi più cruenti
baciando nel contempo
gli anelli sporchi nelle mani rosa-bianco
dei venditori di rassegnazione
Certe luci si stancano
di arruolarsi nel ventre della notte
e balbettando gli ultimi capricci
lasciano spazio
alle indecenze della notte a venire;
esercitano il diritto al disconoscere
provate da cotanta,
inutile,
conservazione.



ç ç





Viali adombrati
nascondono verità incommestibili
mentre i palazzinari
si siedono a cena e baciano le cravatte
tronfi della propria barba curata
e delle loro ordinazioni con un gesto
di dita
L'umanità ha perso
quando in mancanza di bombe
si è preferito leccare lo scroto
di addomesticati scriba
totalmente incapaci di parole;
inutile qualsiasi tramonto
se la luce non si riflette
sulla malagrazia
Queste città sono tutte identiche
senza coraggio
senza vera violenza
private dalla capacità di disarcionare
l'essenza stessa del resistere
siamo stati abituati alla sopportazione
e proliferiamo intolleranza
siamo stati adattati alla sopravvivenza
e desideriamo la morte
siamo stati condannati alla continuazione
e bramiamo l'incostanza;
la pazzia è nelle sanguisughe
che ci tolgono il senso di colpa
ad ogni meraviglia
e l'affossare la religione del nulla
è un nichilismo cannibale
nel sovrapprezzo delle corde sui lampadari
Ci hanno insegnato la *****
dimenticando la facoltà al digiuno
ci hanno imposto la leggerezza
scordando la distanza tra figure retoriche
e colpi di coda
ci hanno consigliato l'ovvietà
e si sono nutriti dell'incapacità di accettarla
rendendoci servi
annebbiate scogliere
sabbie incalpestabili
amianto, plastica, cancrena;
speranza, malagrazia, incendio
Ma un giorno
tutto ciò avrà da tacere
di fronte all'imbarazzo del silenzio
e sarà quello il punto esatto
del non ritorno
I cattivi maestri
dormiranno in grembi spettrali
il cielo sarà di seta
e lo spavento supremo
sarà salutarsi con un battito di nervi
torneranno i campi verdi
costellati di malizia a rendere
e tutti i film visti
esigeranno nuovi autori
entusiasti di capovolgere
il velo di Maya
od altri avamposti
Queste città sono tutte
sentenziate e sentenzianti
identiche
quando fanno riferimento al labiale
assortimento di idiozie che manifesta
le logiche ardenti annerite.


@ . @




Tolte dall'inverno le foglie sulla strada
si riaccordano gonfi di vigore
gli entusiasmi dei corpi scalzi
indirizzati verso balere ed altri avamposti
annullando le lamentele del quotidiano
nella regale salvezza del finalmente
- è arrivata. Nei patetici frastuoni
già privi di spettralità e quiete
la stagione in cui tuffarsi
nel gran teatro ridipinto
per accogliere recitazioni maldestre
di virtuosismi ingabbiati nel formichiere.
Si esaltano le palpebre disarcionate
dal letargo di centenarie resistenze,
la voce del sacrificio è già sepolta
dalla polvere di un'attesa ripagata
Neanche un filo di vento
per la complicità di un disappunto
dinanzi a certe emerite indecenze;
soltanto il cadavere momentaneo
di una vecchia ramazza
abbandonata nel centro del cortile
sotto lo sguardo sfinito
dello spazzino dalle tasche bucate
ed il fiato centrifugato
da un whisky rovente di discount
che rimanda ad un tempo imprecisato
tutte le bestemmie guadagnate
nella notte.

ambrose vive!
 
0,0

Per canzoni solo sirene d'allarme. Boulevard cosparsi di sole, ossa sgretolate e cimiteri fangosi lasciati nel marciume.
Quanto più ci disintegriamo, tanto più retti sembriamo a coloro che non possono permettersi la pratica della dannazione. Un giro di giostra tra le nuvole della presunzione costa più di un appartamento in via senzanome. Il clamore va reso tale con il disimpegno dall'orrido meccanismo della scelta obbligata. I cuscini pieni di pioggia non possono delimitare il confine con l'assurdo.
L'unica sete placabile è quella che non prevede l'istinto di sopravvivenza; quando l'ho capito ho iniziato un incontro di pugilato con un pluridecorato maestro di atrocità. Pozze di sangue sul tappeto di carne, fari nella bocca, lo spettro di una guerra di seta, mani guantate di gendarmi infilate nella gola per avvisarmi dell'inverno in corso.
Ma la poesia mi ha stancato; prevede troppe responsabilità ed io ho insegnato all'inferno come evitarle. Ho un dottorato in superficialità narcisistica ed in patetico edonismo, ho coltivato segretamente la ricetta perfetta per riportarmi nelle zone più alte; è tempo di lasciare i numeri per dedicarmi all'assenza di profondità.
Quando il sole tornerà a rendermi sommesso visitatore della bellezza avrò l'infinita vergogna a supportare labbra cucite. E nessun dolore.
Allora scriverò le pagine più belle, sapendo delle parole di condanna persino la musica; allora sarò ciò che non sono mai riuscito ad essere.
Allora non sarò chi sono.
Consegnate al suolo le doti dolenti delle giravolte, pozzanghere incenerite agitano flebili curvature d'inerzia restituendo alla mediocrità dei passi solcati un unico, autorevole, sentenziante straccio implacabile; l'abitudine alla bassezza morale è la più proficua delle dannazioni, comporta perdita di sensi e di ulteriori incastri di mancate occasioni colte. Lì prolifera l'estasi più disdicevole, la più spietata delle velleità, la più integerrima delle note splendidamente stonate.
Le case silenziose nascondono grida non consigliabili a nessuna narrativa, le porte socchiuse invano testimoniano spettri molto più spaventosi delle ghirlande oniriche che travasano sudore sulle federe annerite dal pianto.
 
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