Non era nemmeno finita la stagione 2016-2017 che già si pensava a una ricostruzione dopo la matematica e cocente delusione per non essere arrivati a conquistare un posto in Europa.

Come di consuetudine la prima poltrona a saltare è quella del mister e di conseguenza anche la prima da riempire per programmare mercato e stagione del rilancio. E allora, già a inizio aprile, via al toto-allenatore che secondo i giornalisti si sarebbe concluso con il clamoroso ingaggio di Antonio Conte.

Erano tanti i nomi in circolazione, dal richiestissimo ex tecnico juventino alla speranza Diego Simeone, dall’illusorio Fabio Capello all’opzione Leonardo Jardim. Ma c’era un nome, uno solo, che era parso sin dal primo momento il più realistico, anche se screditato da molti come l’eterno secondo: Luciano Spalletti.

Il grande Luciano – in altro modo non potrei chiamarlo perché l’appellativo Lucianone evoca la più grande vergogna del calcio italiano – è arrivato ufficialmente a Milano il 9 giugno 2017, dopo aver fatto visita a Nanchino.

Alla conferenza stampa di presentazione i giornalisti non hanno esitato a sottolineare che nella lista dei papabili per la panchina c’erano diversi tecnici e lui non era uno dei primi… «Non mi interessa. Io sono l’allenatore dell’Inter e vi faccio vedere che ci sto comodo in questa posizione, ci sto bello rilassato».

Aveva ragione, e si vede. Il sergente di ferro capace, con il suo ingresso, di cacciare via le paure, i timori e le incertezze di una squadra che aveva iniziato a sgretolarsi prima di tutto sotto l’aspetto psicologico. L’uomo capace di rimettere insieme i cocci per poi trasmettere grinta, responsabilità e senso di appartenenza; di dare ordine a quel caos che era diventata l’Inter. Il mister che ha fatto diventare i nerazzurri quella squadra solida, cattiva e determinata che vediamo ogni domenica da 13 giornate.

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Molti richiamano alla calma e smorzano gli entusiasmi alla luce della caduta catastrofica dello scorso anno. Ma, tolta la scaramanzia, solo un matto può pensare che nulla sia cambiato rispetto alla scorsa stagione. Luciano Spalletti ha dato all’Inter una nuova identità.

Come ha fatto? Lo ha detto lui stesso, sempre nel giorno della sua presentazione: «Si lavora e si comincia a lavorare a modo mio perché io mi fido del mio modo di fare e chiedo ai calciatori di fidarsi di me perché io sarò con loro al 100% in qualsiasi situazione. Mi sembra che sia qualche anno che non vinciamo niente. O facciamo qualcosa di diverso o se no continuiamo ad avere i risultati che abbiamo sempre avuto».

Sin dal primo giorno ha parlato in prima persona, anche di quel recente passato catastrofico che non gli apparteneva. Ma lo ha fatto suo!

Oggi abbiamo uno stadio con una media di 59.365 spettatori a partita, senza contare il tutto esaurito del settore ospiti (più qualche infiltrato in tribuna) nella partita contro la Roma alla seconda giornata. Inimmaginabile dopo i malumori per un mercato faraonico tanto auspicato ma mai realizzato.

Credete sia solo amore incondizionato e merito della squadra? Qualcuno ha riacceso i fari dell’entusiasmo…

Spalletti fino ad oggi ha lavorato in modo eccellente, stimolando l’intero gruppo e iniettando nuova linfa fino a farlo correre a ritmo scudetto.

Tutti puntavano su Antonio Conte, alla fine è arrivato il Grande Luciano. E meno male!

Avanti tutta Mister!

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