La rete di Lautaro contro il Parma ha spezzato un digiuno di gol che durava da oltre tre giornate. La recente povertà di marcature da parte dell’Inter è stata lo specchio di una difficoltà di gioco che iniziava a farsi allarmante, ma anche il risultato di un’inusuale crisi realizzativa che ha colpito il suo capitano. Da quando veste il nerazzurro, Mauro Icardi non era mai rimasto a secco per così tanto tempo. Al Tardini, la squadra era riuscita a offrire più varianti d’attacco, con una manovra più fluida e meno fossilizzata sul consueto sfondamento dalle corsie laterali. Nonostante questo, il bomber di Rosario non è riuscito a sbloccarsi. E le giornate di fila senza timbrare il cartellino sono diventate sette.

Poche motivazioni o condizione deficitaria?

Durante la crisi nerazzurra ci si è chiesto spesso se le prestazioni sottotono di Icardi fossero la causa o la conseguenza di quell’andamento negativo. Contro il Parma, però, il miglioramento della fase offensiva non è coinciso con il ritorno al gol dell’argentino. Al contrario, il capitano dell’Inter è risultato impacciato e poco lucido in zona gol. Le uniche giocate degne di nota sono state una progressione palla al piede e il movimento a portare via l’uomo sul gol di Lautaro. Per il resto, troppi stop sbagliati, troppe palle sprecate e poca pericolosità in area avversaria. Di conseguenza, l’ennesima partita incolore ha portato in primo piano il dibattito sulle possibili cause di questo appannamento. Si tratta di scarsa condizione o scarsa motivazione?

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Astinenza da Gol

Se qualche mese fa si registravano i complimenti per una maggiore partecipazione del capitano alla manovra, e per l’impatto più che positivo con il palcoscenico europeo (4 gol in 6 partite), l’attuale incisività perduta in area di rigore sta iniziando a diventare un caso; sia perché accompagnata da prestazioni generali poco esaltanti, sia perché un digiuno di reti da parte di Icardi – che ha nel fiuto del gol la sua miglior dote – fa ovviamente notizia.
Per rendere bene l’idea della situazione assolutamente anomala che sta vivendo la punta interista, è sufficiente pensare che in questo periodo, lo scorso anno, aveva segnato ben 10 reti in più (per un totale di 19). E l’ultima rete su azione risale ormai al 2 dicembre scorso.

L’opinione di Spalletti

Il tecnico dell’Inter ha ammonito la società facendo intendere che le prestazioni dell’attaccante potrebbero essere condizionate dai discorsi sul rinnovo del contratto. Alla luce dell’ovvio fastidio che una presa di posizione di questo tipo avrebbe causato tra la dirigenza, i motivi di un simile azzardo da parte del tecnico potrebbero essere molteplici. Innanzitutto, il suo futuro dipende dalle vittorie, e le vittorie dipendono dai giocatori che vanno in campo. È quindi probabile che il tecnico abbia voluto dare un alibi al calciatore per le prestazioni poco brillanti e, allo stesso tempo, mandare un segnale a squadra e capitano. Lui sta con i giocatori.
Se questo tipo di strategia può avere una sua logica dal punto di vista della coesione e dell’unità d’intenti tra tecnico e squadra, forse è meno adatta all’interno delle dinamiche – già spesso complicate – tra tifosi e capitano. Da quest’ultimo ci si aspetterebbe uguale impegno, con o senza rinnovo.

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Wanda chiede maggiore tutela

L’uscita di Spalletti è ancor più sorprendente se considerata in relazione alle dichiarazioni della moglie e procuratrice dell’attaccante. La Nara assicura che la famiglia Icardi non stia facendo pressioni alla dirigenza per l’adeguamento del contratto, smentendo indirettamente la correlazione tra trattative e prestazioni del giocatore. Come se non bastasse, ha rincarato la dose chiedendo alla società un maggiore impegno nel tutelare l’immagine del marito, accusando una “talpa” interna di fare uscire notizie false al fine di destabilizzare l’ambiente e lo stesso attaccante.

Un patrimonio da salvaguardare

Ciò che è certo è che Mauro Icardi rappresenta un patrimonio tecnico ed economico troppo grande, e in quanto tale deve essere preservato per il bene dell’Inter. Questo a prescindere da qualsiasi conversazione su rinnovi, partenze o pretese – giustificate – di ben altre prestazioni.
Sarà compito di staff e dirigenza trovare il modo per far coesistere quest’obiettivo con quello di non influenzare le performance collettive. Questa volta, però, agendo possibilmente di comune accordo.

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