90 minuti di furore agonistico, sofferenza, voglia, cuore. Una battaglia. L’Inter ne esce vincitrice e si prende meritatamente la semifinale di Europa League, giunta al termine di un match estenuante, nel quale la squadra di Conte ha mostrato – condensandoli in 90 minuti – tutti i suoi pregi e difetti. 2-0 in 21 minuti, occasione sbagliata per il 3-0, rete del Leverkusen con il temuto Havertz, rigore cancellato dal Var all’Inter, serie infinita di occasioni fallite per chiudere il match, tedeschi insidiosi, altro rigore cancellato ai nerazzurri, assedio finale infruttuoso del Bayer. Nel mezzo, tanta grinta e tenacia per difendere un risultato meritato, che conduce l’Inter lì dove non arrivava da 10 anni, ovvero fra le prime quattro di una competizione europea.

Nel segno dei record

L’approccio dell’Inter stavolta è impeccabile – a differenza di quanto successo con il Getafe – e gli uomini di Conte si portano meritatamente sul doppio vantaggio. I nerazzurri danno l’idea di voler letteralmente mangiare l’erba e di essere assetati di vittoria. La prima rete è di Nicolò Barella con un destro magnifico che si infila all’angolino: il sardo è il primo centrocampista di un club italiano a segnare in 4 competizioni differenti (Serie A, Coppa Italia, Champions League, Europa League) in una sola stagione. Ma la prova sensazionale di Barella non sta solo nel pur importantissimo gol che sblocca il match. La cosa impressionante è che il numero 23 sale di livello in maniera direttamente proporzionale al passare dei minuti, mostrando una resistenza ai limiti del paranormale. Nel finale guadagna minuti preziosi, in un’occasione addirittura si fa beffe di tre giocatori del Leverkusen, che provano inutilmente a portargli via palla ritrovandosi poi costretti a stenderlo. Mai come ieri sera Barella ha ricordato – per spirito e abnegazione – una leggenda nerazzurra come Dejan Stankovic, che in queste serate si esaltava a dismisura. Il secondo gol, invece, tanto per cambiare è di Romelu Lukaku: ancora spalle alla porta, come con il Getafe. Quando si ritrova in quella situazione, nella quale può sfruttare tutta la sua potenza fisica, per gli avversari c’è solo da pregare che la palla – in un modo o nell’altro – non finisca in porta. Oltre ai 31 gol stagionali con i quali supera anche Milito, Big Rom batte anche un record relativo all’Europa League: mai nessuno, nell’ex Coppa UEFA, aveva segnato per 9 partite consecutive. L’ultimo – Alan Shearer – si era fermato a 8 nel 2005. Ma lo spessore umano oltre che calcistico di Lukaku sta nel fatto che, dopo l’ennesima partita a segno e dopo l’ennesimo record frantumato, quando potrebbe accentrare su di sé le luci della ribalta e diventare il protagonista, non lo fa. Nel post-partita, infatti, quando lo nominano migliore in campo, Romelu afferma con sicurezza che il migliore non è stato lui, ma Barella. “È il miglior Lukaku di sempre”, ha detto Conte. Come dargli torto?

Sprechi e sofferenza

Lo stesso Lukaku, tuttavia, spreca l’occasione del 3-0 e così si riscopre un atavico difetto della stagione nerazzurra: non riuscire ad “uccidere” l’avversario, consentirgli di ridestarsi e di rendersi nuovamente pericoloso, lasciando aperta la partita fino all’ultimo secondo. E così, subito dopo arriva il 2-1 di Havertz che costringe l’Inter a dover rimanere con il fiato sospeso fino al fischio finale, nonostante la quasi totalità delle occasioni continui ad essere appannaggio degli uomini di Conte. Non si ricordano, infatti, miracoli di Handanovic o clamorose occasioni sciupate dai tedeschi, ma è una continua apprensione per un 2-2 che cambierebbe totalmente l’inerzia del match. L’Inter continua a sprecare chance ghiotte, lo fa con Brozovic, Sanchez, Gagliardini che sbatte su Lukaku, Moses. Nelle fasi finali di partita, tuttavia, due uomini su tutti spiccano: Christian Eriksen Diego Godin. Il primo, entrato a partita in corso, mette al servizio della squadra tutta la sua classe, liberando regolarmente i compagni e fornendo chances – poi vanificate – di chiudere il match. Ma non solo. Il danese, inaspettatamente, è prezioso anche in copertura, dove è utilissimo nel contenere le offensive dei tedeschi. Godin, invece, nonostante non sia impeccabile sul gol di Havertz, conquista tutti i palloni vaganti negli emozionanti minuti finali, fra cui l’ultima preghiera del Bayer, respinta ancora da quella testa che ha scritto pagine di storia dell’Atletico Madrid e dell’Uruguay. E si spera, questa volta, anche dell’Inter.

Nota stonata

In una serata di gioia per gli uomini di Conte, l’unico (grande) neo è l’infortunio muscolare di Alexis Sanchez, che con tutta probabilità chiude qui la sua Europa League, nonostante sia rimasto in campo claudicante nella battaglia degli ultimi minuti. La defezione rischia di essere pesantissima non solo per il valore assoluto del cileno che, quando entra, riesce sempre a rendersi pericoloso e rappresenta una carta potenzialmente vincente da giocare dalla panchina. Senza il Nino Maravilla, l’Inter resta inoltre senza alcun attaccante – a parte l’acerbo Esposito – in panchina, restando costretta a dover chiedere a Lautaro e Lukaku gli interi 90 minuti o, in caso di supplementari, addirittura 120. Una situazione complicata che rischia di pesare tantissimo sul prosieguo dell’avventura europea nerazzurra. La sfortuna, come in campionato, continua a perseguitare in maniera a tratti inquietante la stagione dell’Inter. Essere più forti del fato avverso, però, può rivelarsi un’altra enorme dimostrazione di forza.

Conclusioni

L’Inter stasera attende la sua avversaria in semifinale nella sfida tra Shakhtar Donetzk e Basilea, con gli ucraini ampiamente favoriti. Il rischio è che si possa sottovalutare l’avversario, sentendosi già in finale, ma siamo certi che Conte azzererà questa possibilità. A proposito del tecnico, l’Inter sembra più che mai unita. È una squadra vera, nella quale ognuno si sacrifica per l’altro, i dettami dell’allenatore vengono seguiti alla lettera e si gioca anche per lui. Il rapporto che si è creato fra Antonio Conte e questo gruppo, comunque vada la competizione, è qualcosa che non si può e non si deve sfaldare. Non ci sono solo i numeri, come il secondo posto che mancava dal 2011 e una semifinale europea che mancava dal 2010: è la coesione, l’unità d’intenti, una squadra che è già ottima e che ha tutto per diventare grande. Per questo, confidiamo nel buon senso di tutte le parti coinvolte. Intanto, però, fra una settimana c’è la semifinale. Servirà un’altra prova da Inter. Con un obiettivo fisso: Colonia, 21 agosto.

 

 

24 anni, laureato in "Scienze della Comunicazione" presso l'Università della Calabria. L'Interismo è qualcosa che scorre dentro senza freni, in maniera totalmente irrazionale. Condividere questo sentimento è magnifico, scrivere di Inter ancora di più.