inter dominante

Il weekend, appena concluso, ha visto l’allungo del Milan in vetta. I rossoneri si sono portati a +2 sull’Inter che, nella sfida di S.Siro si è buttata via, ancora una volta, contro un’emiliana e, ancor più di una volta, contro il Bologna di Thiago Motta che sta diventando indigesto a Lautaro e compagni. Sarà una pausa all’insegna dei processi e dei quesiti. Il primo è cosa manca all’Inter per essere dominante in campionato? Potremmo individuare 3 aspetti che aiuterebbero a raggiungere l’obiettivo

Fame europea anche in Serie A

L’Inter, a partire dalla parte finale della scorsa stagione, sta vivendo una sorta di doppia personalità. La squadra balbettante in campionato si trasforma quando sente la musichetta della Champions diventando una belva assatanata. L’anno scorso è arrivata la finale di Istanbul, quest’anno è stato annientato, ben oltre l’ 1-0 finale, il Benfica. Il primo aspetto è sicuramente questo

Abbiamo tutti negli occhi la fame con cui l’Inter ha dominato il secondo tempo nella sfida contro il Benfica. Un gol fatto e, almeno, altre tre o quattro palle gol create in maniera nitida. San Siro viaggiava sull’onda dell’entusiasmo e ed era in visibilio. Lo stesso è successo nei primi 15 minuti della sfida contro il Bologna e poi, improvvisamente, 10 passi indietro che hanno portato ad un pareggio harachiriko che ha, come immagine in evidenza, il secondo gol preso. Inspiegabile. Ecco perchè, la fame deve essere la prima componente che deve caratterizzare sia l’Inter di Champions che quella del campionato, un campionato estremamente alla portata della squadra di Inzaghi.

 

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Inter dominante? Bisogna saper anche osare

Come può essere un Inter dominante? Anche sapendo osare. Non si tratta di voler far portare la croce solo a Simone Inzaghi, ma anche il tecnico piacentino ha le sue colpe in alcuni frangenti delle situazioni che si vengono a creare.

La squadra, sabato, dopo aver subito il gol del 2-2, si è riversata in attacco alla ricerca del gol da 3 punti. In questo frangente Inzaghi ha operato un triplo cambio. Ha sostituito gli esterni e poi ha tolto Thuram per mettere Alexis Sanchez. In questo ultimo cambio ci sono due errori in uno. Il primo è legato al fatto d’aver tolto l’unico vero centravanti fisico che, in caso di palle alte, può dire la sua a differenza di Sanchez che, a livello di altezza, conta poco. Il secondo è dato dalla fretta. L’inserimento di Sanchez ci può stare, ma poteva essere fatto negli ultimi 10/15 minuti, e soprattutto non in luogo di Thuram bensì di un difensore o un centrocampista per aggiungere qualità alla Thu-La come successo a San Sebastian, (e che ha portato al gol del pareggio). Il secondo aspetto riguarda, dunque, la capacità che deve avere Inzaghi di cambiare spartito nelle occasioni di necessità per disegnare un’altra Inter e provare a cogliere alla sprovvista gli avversari che le si contrappongono.

L’umiltà di una squadra operaia

Riavvolgiamo il nastro all’ultimo scudetto che si è colorato di nerazzurro. La squadra di Conte era sì la più forte, ma aveva anche una componente operaia che le permetteva di sacrificarsi in fase di non possesso creando un vero e proprio bunker davanti alla propria porta e, appena si affacciava in attacco, faceva valere le proprie ragioni e le proprie qualità.

In questi scampoli di campionato è sembrato, a volte, che l’Inter, prenda gol a causa di disattenzioni banali. Se nel derby, il gol di Leao è stato oscurato dalla goleada, altri gol come quello di Berardi, (gran gol, ma alla base c’è un errore difensivo di Mkhitaryan), o quello di Zirkee, (con i tre centrali che scappano insieme e nessuno che accorcia sul nove bolognese), denotano una disattenzione che una squadra che vuole ambire a vincere il campionato non può permettersi. Se prima abbiamo parlato di fame, adesso parliamo di umiltà. Nessuno vuole mettere in dubbio il fatto che i giocatori dell’Inter difendano la maglia che indossano, ma, a volte, sembrano trattare con supponenza chi hanno di fronte e non lo considerano per la qualità che l’avversario ha, (come nel caso ultimo di Zirkee). Adoperarsi, cooperare e tornare umili. Una finale di Champions guadagnata non deve creare supponenza, ma deve essere un mattone che, nella maniera corretta, può far puntare verso la seconda stella.

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