Trattativa per un possibile passaggio di proprietà in corso, nodo stipendi da sciogliere, istanza di arbitrato presentata dall’agente di Eriksen al Collegio di Garanzia del Coni per presunte commissioni non pagate, trasferta contro la terza in classifica che è anche una delle squadre più in forma del campionato, mercato aperto, mese di gennaio in corso. È a questo cocktail di negatività potenzialmente micidiale che l’Inter ha dovuto rispondere all’ora di pranzo in quel dell’Olimpico. Ed è giusto dire che, come contro la Sampdoria, non ha demeritato, anzi ha disputato una buona partita, concedendosi però qualche fisiologico blackout che ai nerazzurri – più che alle altre squadre – costa sempre carissimo. Un prezzo che si può facilmente quantificare in punti. Altri 2 persi. Questa la sensazione che si porta dietro l’Inter al ritorno dalla Capitale, dopo l’ennesimo 2-2 che si ripete, in Roma-Inter, per la terza stagione consecutiva. Amaro in bocca, tantissimo, specie perché l’Inter – ancora una volta – crea tanto ma concretizza poco. E se contestualmente gli avversari, quando riescono a rendersi pericolosi, manifestano uno spietato cinismo, la strada è costantemente in salita.

Same old story…

L’Inter, ancora una volta, parte meglio degli avversari, va vicina al gol in particolare con Lautaro e Lukaku ma dall’altra parte c’è un Pau Lopez in versione deluxe, alla miglior partita stagionale (vista la tendenza dei portieri che affrontano l’Inter, non c’erano dubbi). I nerazzurri creano ma sprecano e non riescono a passare in vantaggio. E ancora una volta sono gli altri, al primo tentativo, a portarsi davanti, grazie a Lorenzo Pellegrini che trafigge l’immobile Handanovic. Nel primo tempo il match resta comunque equilibrato, con i nerazzurri di Conte a fare la partita e i giallorossi di Fonseca ad aspettare pronti a ripartire velenosamente in contropiede. Il centrocampo dell’Inter è pronto alla battaglia guidato da un Vidal che – almeno in fase difensiva – torna ai suoi livelli e non sfigura contro un reparto più qualitativo come quello romanista, i due attaccanti fanno a sportellate e i difensori sono chiamati a resistere alle fiammate giallorosse.

Dominio puro

All’intervallo deve essere successo qualcosa negli spogliatoi, perché l’Inter che scende in campo nel secondo tempo è la squadra che tutti i tifosi sognano di vedere: determinati, assetati di vittoria, capaci di trasmettere adrenalina ai propri tifosi e paura agli avversari. Gli anticipi dei difensori diventano costanti, il trio Barella-Brozovic-Vidal spadroneggia, Lautaro regala lampi di classe, Lukaku lavora per la squadra ma non disdegna la giocata personale, come quando mette il Toro nelle condizioni di siglare il pareggio ma è ancora uno straordinario Pau Lopez a negarglielo. Ma soprattutto, è il tempo di Achraf Hakimi, che ara la fascia destra della Roma mandando al manicomio Spinazzola. Milan Skriniar segna il secondo gol stagionale, sempre di testa, sempre pesantissimo: reti che sono un degno corredo di una stagione fin qui straordinaria per lo slovacco, di nuovo padrone della retroguardia nerazzurra. Il marocchino regala una perla pazzesca per passare in vantaggio, ma in quei 20 minuti iniziali di ripresa c’è di più: c’è una squadra che mostra tutto l’orgoglio, carattere, intensità e mentalità che dovrebbe contraddistinguere ogni Inter, di ogni epoca. È affamata di vittoria e trova il vantaggio che le garantirebbe i tre punti dopo svariati tentativi. Può anche chiuderla per l’1-3, ma Arturo Vidal cicca clamorosamente un cioccolatino servitogli da Hakimi: sarebbe stato il tipico gol alla Vidal, che nonostante un’ottima prova in copertura dimostra di essere clamorosamente a disagio quando c’è da concludere verso la porta. Bizzarro, per un centrocampista che ha sempre avuto uno score di gol importante per il suo ruolo. L’incapacità di segnare la terza rete, quella che avrebbe chiuso il match, è lo spartiacque per una nuova ondata di rimpianti, gli ennesimi stagionali, visto che si rivela di fatto l’ultima occasione del match nerazzurro. 25 minuti straripanti, i 25 successivi deprimenti. La squadra nerazzurra palesa una caratteristica che non appartiene a una grande squadra: l’intermittenza.

Panico e crollo

Occorre sottolineare innanzitutto che è fisiologico non poter reggere per tutto il secondo tempo i ritmi forsennati che hanno contraddistinto l’approccio dei nerazzurri alla ripresa. Il “dovrebbero giocare sempre così” è un luogo comune dal carattere fortemente utopico perché impossibile da garantire fisicamente prima che mentalmente. Il bisogno di rifiatare, dopo questa scarica di adrenalina, è normale oltre che logico visto il risultato che sorride ai nerazzurri. Ciò che non è minimamente giustificabile, però, è il fatto che i nerazzurri vengano letteralmente schiacciati nella propria area di rigore dalla Roma per 25 minuti consecutivi senza essere capaci di uscire, di respirare. L’Inter mette a nudo la sua atavica incapacità di gestire. La squadra di Conte non è di quelle che fanno della difesa posizionale un punto di forza: la fase di non possesso si basa molto sugli anticipi, è aggressiva. Parliamo di una squadra che non è in grado di consegnare il pallone agli avversari e di dare l’idea che “qui non si passa”.

Di qui a continuare ad attaccare in maniera scriteriata passa un oceano, ovvio, anche perché sarebbe l’errore che l’Inter ha commesso a Madrid contro il Real, trovandosi dal rincorrere una vittoria a leccarsi le ferite per una sconfitta. Quello che manca alla squadra è la furbizia, la capacità di leggere alcuni momenti della partita, di saper gestire il pallone e guadagnare tempo. E qui si apre il capitolo cambi. Sempre facile esprimersi a posteriori, ma sembra evidente che ieri Antonio Conte abbia letto male la partita. L’Inter è l’ultima squadra per dribbling riusciti nell’intero campionato. Ripetiamo, ultima. I giocatori in grado di saltare l’uomo rappresentano una mancanza, un tasto dolente per i nerazzurri, a testimonianza dell’assenza di qualità. Ma l’Inter, tutto sommato, funziona bene così in situazione normale, ed infatti è con l’assetto classico che ha dominato una squadra forte come la Roma. Ma se vengono a mancare anche quei pochi elementi in grado di gestire il pallone con classe e con capacità di guadagnare falli (Lautaro), oltre a chi in situazioni a campo aperto – che certamente si sarebbero verificate visto il disperato bisogno della Roma di trovare il gol – è devastante (Hakimi), provare a gestire e contemporaneamente ad affondare per tentare di chiudere il match diventa impresa ardua. Il cambio Hakimi-Kolarov è ampiamente discutibile, ma si può trovare una giustificazione nel fatto che probabilmente il marocchino non ne avesse più. La sostituzione che si fa fatica a comprendere e che risulta autolesionistica è Lautaro-Perisic. Ed è in particolare il croato a renderla tale. Si può rinunciare al Toro vista la stanchezza che sicuramente si è fatta fortemente sentire (non dimentichiamo che quasi tutti i giocatori in campo ieri venivano da tre partite in sette giorni), ma non si comprende perché non scegliere Alexis Sanchez, sicuramente in grado di gestire la palla e di strappare con la sua velocità sfruttando l’inevitabile stanchezza della retroguardia avversaria. Il croato è invece ormai una scommessa a perdere, è duttile nella sua connotazione negativa: fa male ovunque venga impiegato. La sensazione che l’Inter avrebbe subito gol negli ultimi dieci minuti del match era fortissima, palpabile, era quasi una certezza, e non è stata una sorpresa concederlo, almeno per chi scrive, vista la sistematica tendenza a regalar palla agli avversari, a rinunciare alla ripartenza e al possesso. Viene poi da chiedersi perché non inserire Stefano Sensi, un cambio utile sia quando c’è da attaccare che quando c’è da difendere vista l’enorme qualità e capacità di mandare in porta i compagni a campo aperto.

Alla fine della fiera, l’Inter perde altri due punti, si allontana dal Milan (-3) e vede da vicino la Juventus, non solo perché è ora potenzialmente a -1 ma perché sarà il prossimo avversario in una partita vitale per il prosieguo della stagione. Prima, però, mercoledì c’è da affrontare la Fiorentina a domicilio in Coppa Italia nel dentro o fuori degli ottavi. In questa settimana l’Inter si gioca le sue chance nella coppa nazionale e, probabilmente, anche in campionato. Il tutto con un clima segnato dall’incertezza per i risvolti societari che sicuramente faranno parlare (e scrivere) ancora a lungo. Non è facile. I giocatori e l’allenatore dovranno compattarsi ulteriormente, fare fronte unico, isolarsi. Mai come stavolta servirebbe un San Siro pieno a far sentire tutto il calore e l’amore verso questa maglia, che è spesso l’unico fattore al quale ci appelliamo nel momento in cui leggiamo di quote in pegno, di cessione, di governi e di fondi.

E allora buona fortuna ragazzi, buona fortuna mister, ne avrete bisogno. Ma soprattutto: forza Inter. Al di là di tutto.

 

 

24 anni, laureato in "Scienze della Comunicazione" presso l'Università della Calabria. L'Interismo è qualcosa che scorre dentro senza freni, in maniera totalmente irrazionale. Condividere questo sentimento è magnifico, scrivere di Inter ancora di più.