Era quello capace di sfottere Ibrahimovic con una linguaccia prima di andare tra i pali e provare a parare il rigore in un derby poi finito 4 a 2 per i nerazzurri; lo stesso che dopo una sconfitta pesante chiedeva scusa a tutti e tornava a casa a piedi per riflettere.

Il numero 12 nerazzurro, Julio Cesar, l’acchiappasogni che con il suo balzo felino arrivava ovunque ad acchiappare palloni, anche quelli impossibili che ormai tutti vedevano in fondo alla rete. Molte sue parate valevano quanto un gol vittoria, il prezzo dell’intero biglietto.

Dopo aver soffiato il posto a Francesco Toldo – l’eroe nazionale degli europei 2000 contro l’Olanda, certo non l’ultimo della classe – ha iniziato la sua carriera nerazzurra da titolarissimo piena di trionfi ed emozioni. Giusto per rispolverare la memoria di questo campionissimo possiamo dire che in 300 partite ufficiali con la maglia della beneamata ha messo in bacheca:

  • 5 scudetti
  • 1 Champions league
  • 1 Mondiale per club
  • 3 Coppe Italia
  • 4 Supercoppe italiane
  • 1 fiume in piena di lacrime nel giorno del suo addio a San Siro.

Ho dimenticato qualcosa? Sì, perché per un portiere non contano solo i gol subiti ma anche quelli parati, soprattutto quando si parla di tiri dal dischetto.
Julio Cesar ha parato ben 15 rigori su 55, come dimenticare quel colpo di reni a neutralizzare il penalty di Ronaldinho nel derby? Emozioni…

Le stesse emozioni che quel ragazzo a tutti sconosciuto, arrivato in punta di piedi, è riuscito a regalare a un intero popolo da anni in attesa di un trionfo importante. Un professionista serio, il valore aggiunto di una squadra imbattibile, che ha dato tutto sé stesso per trascinare in alto chi lo ha portato nel calcio che conta.

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Inutile cercare di elencare i suoi interventi migliori, ce ne sono troppi. Si rischia di dimenticare qualcosa di importante. Ognuno ha una classifica personale dei suoi miracoli. Limitiamoci a dire che è stato un portiere para rigori, sicuro nelle uscite e nei rinvii, dotato di senso della posizione e di una buona tecnica individuale. Una sicurezza. E uno come lui di certo non poteva passare inosservato.

La UEFA lo ha premiato come miglior portiere dell’edizione 2009-2010 della Champions league, l’anno del magico Triplete nerazzurro. Per ben due anni consecutivi, 2009 e 2010, ha vinto l’Oscar del calcio AIC come il migliore della sua categoria.

L’Inter ha sempre avuto grandi portieri, lui indubbiamente è stato uno dei migliori. Per i tifosi è un idolo assoluto, forse perché più di tutto ha colpito il suo lato umano. Il suo essere un eroe romantico, capace di emozionarsi dopo una sconfitta e dopo un grande trionfo.

Quando ha posato per terra i guanti lasciando la porta nerazzurra al nuovo arrivato Handanovic, ha pianto come un bambino. E con lui ha pianto tutto lo stadio.

Oggi vederlo ancora così emozionato nel giorno del suo addio al calcio giocato fa ancora un certo effetto a chi lo ha amato.

Forse perché in lui vediamo ancora un pezzo di quell’Inter invincibile capace di affrontare e saltare con il fuoco negli occhi ogni ostacolo verso la vittoria, uno degli artefici di quel dominio ininterrotto.

Forse perché è stato uno di quelli che la nostra maglia l’ha rispettata e onorata davvero, ogni giorno, sentendola sempre più sua.

Forse perché è semplicemente Julio Cesar, il nostro Julio Cesar!

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