Christian Eriksen è stato senz’altro uno dei personaggi più discussi dell’ultimo anno e mezzo nerazzurro. Un ambientamento difficile, il rapporto con l’ex allenatore Antonio Conte che stentava a decollare, la rassegnazione e poi addirittura la decisione di cedere il calciatore nel mercato di gennaio, comunicata da Beppe Marotta il 23 dicembre, alla vigilia di Verona-Inter. Quel giorno Eriksen si trovava in Danimarca per assistere alla nascita del suo secondo figlio con sua moglie Sabrina. Ci piace pensare che il numero 24 dell’Inter sia riuscito ad attingere dal forte carico di serenità familiare per ritornare a Milano con più decisione. Ci è decisamente riuscito.

La favola calcistica

La storia è nota: il 14 gennaio Eriksen parte da titolare in Coppa Italia, a Firenze, nel ruolo di regista basso. È il lento inizio di una svolta che cambierà la storia del danese con l’Inter. Già, perché circa due settimane dopo arriva lo spartiacque della sua esperienza nerazzurra: la pennellata all’angolino contro il Milan, sempre nella coppa nazionale, che regala alla Beneamata le semifinali del torneo e una vittoria nel derby all’ultimo secondo. Mai una cosa banale. Da quel momento in poi, la favola si arricchisce: sono narrazioni all’interno di narrazioni, storie da raccontare all’interno di una stagione memorabile. Perché Eriksen si prende l’Inter, ne diventa titolare indiscusso, partecipa al grande allungo messo a segno fra febbraio e marzo. Ed è simbolico che nell’ultima partita con l’Inter non ancora Campione, è proprio Eriksen a sbloccare il match di Crotone che fa partire in anticipo la festa nerazzurra. Sembra una sceneggiatura, ma è tutto vero. Il calcio è uno sport meraviglioso, non ci stancheremo mai di ribadirlo.

A un passo dall’incubo

Tuttavia, a meno di un mese dal trionfo con l’Inter, arriva un imprevisto, l’imprevisto per eccellenza, quello che rischia di essere fatale e di tramutarsi in tragedia. Sono tanti i tifosi nerazzurri che sabato 12 giugno si posizionano davanti alla tv per guardare Danimarca-Finlandia. Non che il match fosse di particolare spessore, ma in campo – con la maglia rossa – c’è un giocatore con il numero 10 sul quale i tifosi confidano molto in vista della prossima stagione: è il principale indiziato a salire ulteriormente di rendimento, ci si aspetta che continui a prendersi l’Inter a colpi di classe. La curiosità è tanta, anche perché – si dice – Inzaghi vorrebbe nuovamente avanzare la posizione di Eriksen e con la Danimarca, il danese, gioca proprio in quella zona di campo. Sono tanti i tifosi nerazzurri che per 42 minuti circa osservano la prestazione di Christian, e sono tanti quelli che sul finire del primo tempo assistono ad immagini tremende, orrende, indelebili. Sono tanti i tifosi nerazzurri che per circa 30 minuti, davanti alla televisione, piangono a dirotto. Travolti da una angosciante sensazione di vuoto, smarrimento, terrore. La moglie Sabrina in lacrime, i compagni disperati ma al tempo stesso lucidi, eroici – come Kjaer – nell’effettuare le operazioni necessarie per far sì che il loro compagno più forte potesse continuare a coltivare una speranza. Quella che è affiorata in tutti coloro che hanno assistito a quei minuti concitati guardando la foto che ritraeva Eriksen sveglio, in procinto di lasciare il terreno di gioco per essere trasferito nell’ospedale della sua Copenaghen. Era l’incipit di un nuovo racconto, scritto ancora una volta da quello sceneggiatore che accompagna, ormai da un anno e mezzo a questa parte, la vita di Christian Eriksen.

Una nuova favola, quella più importante

Quello che è accaduto da sabato pomeriggio in poi è riuscito a unire in maniera totale, compatta il mondo del calcio e non solo. Tutti insieme, coordinati all’unisono, con un unico grido: “Forza Christian!“. Ce l’ha fatta, è sopravvissuto dopo che il suo cuore ha smesso di battere per alcuni interminabili minuti: è stato il principale attore protagonista di una nuova favola, infinitamente più importante rispetto a quella che aveva come sfondo un campo da calcio. O forse no, perché se Eriksen non fosse stato nel suo habitat naturale, quel prato verde, probabilmente non ce l’avrebbe fatta. Questa, però, ha come sfondo la vita, ed Eriksen ci è rimasto aggrappato con tutta la sua forza, non privando Sabrina e i suoi figli di un marito e di un padre, siamo sicuri, eccezionale.

Adesso, dopo che a Christian è stato impiantato un defibrillatore cardiaco con conseguenti dimissioni dall’ospedale, molti sportivi si interrogano a proposito del suo futuro. È giusto che sia così, ma è altrettanto giusto che sia lui a scegliere qual è la strada che vuole percorrere, insieme alla sua famiglia. Sabrina, non a caso, ha chiesto riservatezza in questo delicatissimo momento. Christian si è aggrappato alla vita ma adesso è naturale che voglia rimanere aggrappato anche al suo lavoro, quello che ama. Non deve essere per niente facile, in queste ore, convivere con il rischio di non poter più fare ciò che ama, a 29 anni, da un giorno all’altro. Saranno fondamentali, in questo senso, le prossime settimane, nelle quali Christian verrà sottoposto a nuovi esami che definiranno in maniera più chiara il suo futuro. Giusto che sia lui a scegliere, giusto che la sua decisione – qualunque essa sia – venga rispettata, giusto che i tifosi sognino di rivederlo in campo, giusto che gli interisti accarezzino ancora quella speranza di rivederlo in maglia nerazzurra. D’altronde, è proprio quel sentimento a volte illusorio ma stavolta provvidenziale – la speranza – ad aver portato fuori tutti noi dall’incubo nel quale eravamo precipitati insieme al giocatore, alla famiglia e ai suoi compagni di squadra. Comunque vada, Christian ne uscirà vincitore.

24 anni, laureato in "Scienze della Comunicazione" presso l'Università della Calabria. L'Interismo è qualcosa che scorre dentro senza freni, in maniera totalmente irrazionale. Condividere questo sentimento è magnifico, scrivere di Inter ancora di più.