La vittoria sulla Juventus poteva essere evento isolato e casuale oppure crocevia decisivo. È ancora presto per dirlo in maniera perentoria, ma di sicuro – dopo il successo dello Stadium – qualcosa è cambiato nell’atteggiamento dei nerazzurri. Il problema era evidentemente mentale più che fisico, dal momento che i ragazzi di Inzaghi hanno approcciato in maniera feroce la partita di ieri che veniva subito dopo il successo estremamente sofferto di Torino. Vero, contro i bianconeri c’era stata anche della fortuna, così come nelle sconfitte più brucianti tutto era girato male: l’Inter è stata brava ad incanalare nel migliore dei modi il vento finalmente girato in suo favore. E allora eccolo qui, il secondo successo consecutivo per la prima volta nel 2022, contro un Verona che storicamente (chiedere al Napoli) non regala nulla a nessuno, neppure quando si trova in una posizione di classifica tranquilla.

La squadra di Tudor ha provato a disputare la sua solita partita uomo contro uomo, ma nel primo tempo ha dato una netta sensazione di impotenza di fronte alle numerose sortite e alla prestazione famelica della squadra con lo Scudetto sul petto. Ciò che ha colpito dell’Inter non è stata solo la mole di occasioni creata, ma anche – se non soprattutto – l’atteggiamento in fase difensiva, con un recupero palla puntuale figlio di un’intensità spaventosa. Le desiderate risposte sono arrivate pure dai singoli. Il rientrante De Vrij ha disputato un’ottima prestazione sia in marcatura che nelle uscite, favorendo una costruzione di gioco fluida: peccato che la sua gara sia durata solo 45 minuti e speriamo si tratti solo di affaticamento, poiché il vero Stefan può essere davvero un valore aggiunto in questo rush finale. Certo, il suo sostituto D’Ambrosio si è reso protagonista di un’altra prova eccellente, dopo quella dello Stadium, andando addirittura vicino al gol dopo un contropiede eccezionale griffato Brozovic e Vidal. Ha ben pagato pure la scelta di Inzaghi, che ha schierato Dimarco titolare e non Bastoni: Federico è stato una spina nel fianco dei veneti con le sue incursioni e la qualità del mancino, utilissimo anche in occasione del gol di Dzeko. Bene anche Dumfries, sempre più inserito nei meccanismi di squadra e utile a far respirare i compagni con la sua corsa: deve migliorare ancora nella qualità delle scelte, ma l’olandese continua a crescere. Il trio Barella-Brozovic-Calhanoglu è nuovamente apparso quello dei giorni migliori: la lucida regia del croato, lo stato di forma del sardo di nuovo in fase ascendente, il sottovalutato apporto difensivo del turco: quanti palloni recuperati, quanta grinta, quante scivolate in mezzo al campo!

Correa doveva sostituire lo squalificato Lautaro e la sua prova è stata ottima: sin dai primi minuti è stato il protagonista delle ripartenze nerazzurre, garantendo gli strappi dei quali gli uomini di Inzaghi spesso hanno bisogno per ribaltare l’azione. Incrociando le dita per la sua condizione fisica, il Tucu può rivelarsi un fattore chiave nella volata finale, dal momento che favorisce anche i suoi compagni di reparto: ieri ottima prova di Dzeko, ma lo stesso Lautaro ha sempre fatto meglio con l’argentino (o Sanchez) al suo fianco. Un discorso a parte, poi, lo meritano i due migliori in campo.

Perisic e Skriniar, i volti dell’Inter

Il volto che l’Inter deve assumere, lo spirito che l’Inter deve possedere per queste ultime 7 giornate di campionato appartiene a questi due signori: Milan Skriniar Ivan Perisic. Il primo, dopo la prova monumentale dello Stadium nel quale ha difeso gelosamente la porta nerazzurra dalle avanzate bianconere, è stato di nuovo super. La posizione non fa alcuna differenza: a Torino da centrale per tutta la partita, ieri a destra nel primo tempo e ancora al centro nel secondo tempo. Il risultato non cambia: è sempre straripante e leader assoluto della retroguardia nerazzurra, con la ferocia e l’abilità negli uno contro uno che lo contraddistinguono. Il croato ha letteralmente trascinato i suoi compagni, imponendo a tutta la gara il suo ritmo, sfiancando gli uomini di Tudor sulla sinistra e firmando non a caso entrambi gli assist di giornata. La sua esplosività atletica ha inciso in maniera netta sulla partita, anche quando ha cambiato la posizione diventando attaccante. Al fischio finale si è buttato per terra stremato, vista la quantità spropositata di chilometri percorsi e di sacrificio pure in fase difensiva. È sicuramente il miglior Perisic di sempre perché è un Perisic che brama la vittoria, che sarebbe disposto ad improvvisarsi pure portiere per cucirsi un altro Scudetto sul petto. La sua è la mentalità che deve pervadere l’Inter tutta e per ora condensa questa nuova versione della squadra di Inzaghi.

È una nuova Inter

La sensazione è di essere davanti alla terza versione stagionale dell’Inter. Dopo l’iniziale fase di assestamento, l’Inter 1.0 è quella ammirata da novembre a gennaio: dominio del gioco costante, quantità enorme di occasione e di gol segnati, manovra avvolgente e rapida fatta di scambi nello stretto. A febbraio e marzo, poi, ecco l’Inter 2.0: quella a tratti frenetica, a volte apatica, sempre inconcludente e praticamente mai vincente. La squadra dagli approcci sbagliati, bloccata nella testa, come detto in precedenza e come ammesso pure da Simone Inzaghi ieri nel post-partita: “La squadra era bloccata perché i risultati non arrivavano“.

E adesso, dallo Stadium in poi, speriamo di assistere all’Inter 3.0. Tratto caratteristico? La maturità di gestire i tempi di gioco, consapevole dei momenti della gara: quelli in cui c’è da accelerare, da rallentare, da abbassare il baricentro, da indossare l’elmetto oppure da aggredire l’avversario. A Torino i nerazzurri hanno accettato la battaglia e lo hanno fatto pure nel secondo tempo di ieri, forti del doppio vantaggio da difendere e con la consapevolezza che la tenuta fisica non può essere quella di inizio stagione. Dopo un primo tempo così, insomma, occorre gestire. L’Inter 1.0 probabilmente avrebbe vinto 5-0, l’Inter 2.0 si sarebbe inchiodata sullo 0-0 o avrebbe dovuto rincorrere sbagliando l’approccio. L’Inter 3.0 invece parte forte, domina il gioco, annichilisce l’avversario con un doppio gancio e poi si mette lì ad aspettarlo, sfruttando le ripartenze e abbassando il blocco. La cosa più bella è che, questa Inter, ha tutti i tratti delle squadre vincenti. Con questo spirito i nerazzurri potranno giocarsela fino all’ultima giornata senza paura di nessuno. Lo ha detto lo stesso Perisic, uomo che più di ogni altro condensa questa nuova versione nerazzurra: “Se siamo questi, non ho paura di nessuno”.

 

 

24 anni, laureato in "Scienze della Comunicazione" presso l'Università della Calabria. L'Interismo è qualcosa che scorre dentro senza freni, in maniera totalmente irrazionale. Condividere questo sentimento è magnifico, scrivere di Inter ancora di più.