È stato un derby beffardo, paradossale, nel quale uno scenario consolidato è stato improvvisamente ribaltato, insieme alla classifica. L’Inter è riuscita a passare, nel giro di tre maledetti minuti, dal +7 (potenziale +10) al +1 con una gara da recuperare. Non si può parlare di partita sbagliata. Simone Inzaghi l’aveva preparata bene, riuscendo a far male al Milan e sfruttando bene gli spazi ogni qualvolta i nerazzurri riuscivano a recuperare palla, mettendo sotto i rossoneri per tutto il primo tempo e chiudendolo meritatamente in vantaggio.
Il problema è che quell’1-0 con il quale si è andati negli spogliatoi era obiettivamente troppo poco per i valori restituiti dal campo. L’Inter, infatti, ha avuto la colpa – un vizio datato – di non capitalizzare a sufficienza la mole di occasioni create. Gran parte del merito, vero, è stato di Maignan, che si è opposto alla grande in almeno tre circostanze. Mantenere in vita l’avversario è sempre potenzialmente autodistruttivo, lo è ancor di più se succede in un derby, quando tensione e adrenalina possono determinarne l’andamento. E l’Inter, infatti, non ha mai superato psicologicamente il momento dell’1-1 firmato Giroud.
15 minuti da “Brividi”, dove tutti sbagliano tutto
La squadra nerazzurra, intorno al 75′, decide di omaggiare – in anticipo e nostro malgrado – il brano targato Mahmood e Blanco vincitore, in serata, del Festival di Sanremo. Regalando “brividi“, nell’accezione più negativa possibile, ai propri tifosi.
Le avvisaglie, c’è da dirlo, erano state già rintracciabili nel secondo tempo: l’impressione è che in alcuni frangenti la squadra di Inzaghi si sia piaciuta troppo, peccando di presunzione e “giochicciando”, senza la rabbia e la freddezza necessaria per chiudere un match che fino a quel momento sembrava esser tinto di nerazzurro. È un peccato poiché il Milan, che nel primo tempo aveva offerto una delle sue peggiori versioni stagionali, ha pian piano preso fiducia e metri, forte del solo gol di svantaggio. E così è bastato un episodio, per giunta contestato, a ribaltare tutto: il fallo di Giroud su Sanchez poteva essere fischiato, certo, così come l’arbitraggio di Guida e la sua gestione dei cartellini sono stati parecchio irritanti, ma non ci si può fermare lì. E soprattutto, non si può cadere nello sconforto e perdere la testa al primo evento avverso. Un déjà-vu, che francamente non ci aspettavamo, di quanto accaduto a metà ottobre contro la Lazio. Dal 70′ in poi l’Inter sbaglia tutto, a livello collettivo e individuale, con tutti i suoi attori protagonisti.
Sbaglia Inzaghi a sostituire Calhanoglu con Vidal, poiché in una partita ad alta intensità significa perdere un uomo a centrocampo e regalarne uno al Milan, che con Brahim Diaz diventa pericoloso e padrone del campo. Conosciamo la tendenza, anzi la sistematicità con la quale il tecnico nerazzurro sostituisce i giocatori ammoniti: il turco lo era, ma ci sono partite che non possono essere trattate come le altre, ci sono momenti di importanza capitale che possono indirizzare una stagione (con una vittoria, l’Inter lo avrebbe fatto) ed è lì che la suddetta sistematicità bisogna metterla serenamente da parte. Calhanoglu, fino a quel momento, aveva disputato un’ottima partita, fatta di corse, recuperi palla, qualità, lucidità: Vidal non ha offerto niente di tutto ciò e bisognava aspettarselo, poiché l’età è quella che è. Se la prima scelta di riserva a centrocampo è un 34enne che è stato senz’altro un grande giocatore la colpa non è di Inzaghi, ma lo stesso Inzaghi – allora – deve chiedere uno sforzo in più ai suoi tre centrocampisti titolari e fidarsi di loro, anche con l’ammonizione pendente. Discutibile, inoltre, pure la scelta di inserire Vecino per Brozovic: con una squadra nervosa e incapace di costruire azioni ragionate, il croato sarebbe stato importante per garantire lucidità e diventare accentratore di palloni. L’uruguaiano, invece, è stato buttato in attacco e ne ha prese poche, nonostante la stazza elevata, il suo principale (unico?) pregio.
Sbaglia De Vrij su Giroud facendosi beffare malamente in occasione del gol. E qui bisogna dire che anche nel primo tempo l’olandese aveva perso i duelli, mostrandosi meno reattivo ed efficace dei suoi due compagni di difesa. La serie di errori di Stefan si arricchisce di un ulteriore capitolo: è intelligente, è forte ed è il primo a saperlo e a soffrirne. Per inseguire il titolo, abbiamo senz’altro bisogno del miglior De Vrij, poiché l’Inter – a differenza di altre squadre – non può permettersi di concedere tiri in porta. I tre difensori devono essere perfetti nel coprire lo specchio per 90 minuti più recupero. Quando non succede, è un guaio.
Sbaglia Handanovic, dunque, sulla conclusione centrale e neppure potente di Giroud, consegnando al Milan derby e -1 in classifica ed alimentando il piccolo psicodramma vissuto dall’Inter in quei minuti finali. Se c’è una partita che testimonia quanto i portieri incidano nel corso della stessa, quella di ieri è sicuramente simbolica. Nel primo tempo il numero uno del Milan, Maignan, ha permesso ai suoi di sopravvivere, tenendo il risultato inchiodato sull’1-0: non ci sono solo le parate e una reattività monstre, c’è una serie di uscite coraggiose e sprezzanti del pericolo che annullano diverse potenziali chances nerazzurre. Cose che noi interisti abbiamo ormai dimenticato. Dall’altra parte, nel secondo tempo, arrivano invece due tiri del Milan e sono due gol: la reattività di Handanovic sul secondo non ha bisogno di commenti, basta il replay.
Ma, al di là dei singoli, sbaglia l’Inter tutta. La squadra si è fatta divorare dal nervosismo, cadendo nelle provocazioni avversarie, su tutte le reiterate simulazioni di Theo Hernandez che, per 90 minuti, ha avuto libertà di dispensare gomitate e scivolate a tutti gli avversari senza ricevere neppure un cartellino giallo, salvo poi starnazzare per terra al minimo contatto. Il rosso è arrivato solo nel finale, dopo un’entrataccia, l’ennesima, stavolta su Dumfries. L’Inter ha perso la testa e non l’ha più ritrovata, esattamente come successo contro la Lazio quattro mesi fa. In quel caso l’episodio controverso era stato il gol segnato dai biancocelesti dribblando Dimarco a terra, ieri con l’intervento di Giroud su Sanchez. Sarebbe il caso, però, che i giocatori dell’Inter si ricordino che, storicamente, giocare e vincere per questa maglia significa essere più forti di situazioni del genere. Significa essere psicologicamente migliori degli altri, prima che tecnicamente. Da sempre e per sempre.
Giusta la rabbia, ma niente drammi
È sacrosanto che la rabbia divori dentro i giocatori nerazzurri, perché questo deve accadere dopo ogni sconfitta, figuriamoci a seguito di un derby perso così. Tuttavia, servirà recuperare lucidità e farlo in fretta per analizzare e comprendere le dinamiche di questa sconfitta: nulla di diverso da quanto accaduto dopo la sconfitta del 16 ottobre a Roma. Quella data è stata riconosciuta da molti come un vero e proprio spartiacque nella stagione nerazzurra, visto che da quel momento in poi è arrivata una svolta nei risultati e nella mentalità. Anche in quel caso l’Inter aveva dominato e gestito per larghi tratti, anche in quel caso è finita con un semi far-west del quale hanno beneficiato solo gli avversari. La squadra di Inzaghi si dimostrò capace di trarne grandi insegnamenti e di ripartire più forte di prima.
Oggi deve accadere lo stesso. Rimanendo consapevoli che, a differenza di ottobre, questa volta c’è un primato in classifica che arride all’Inter, con un +1 che può diventare +4 grazie al “jolly” da giocarsi a Bologna. Niente drammi, dunque, solo rabbia. Se l’Inter riuscirà a portarla sul campo e tramutarla in carica agonistica già nei prossimi impegni, sarà pronta per andare a prendersi quel grande obiettivo che deve continuare ad illuminare il nostro cammino. D’altronde, è questo che fa una stella.