Intendiamoci: non è fondamentale per il tifoso conoscere tutto quello che avviene nel segreto dello  spogliatoio e tanto meno sulla plancia di comando di una società sportiva. Molte delle decisioni che contano, dalla gestione interna al calciomercato, sono necessariamente prese lontano da occhi indiscreti. Le cose che contano per i tifosi dovrebbero essere soltanto lo spettacolo, la correttezza e, ovviamente, i risultati. E noi, da supporter educati, ci siamo sempre attenuti a questa regola.

Società forte cercasi

Negli anni abbiamo ricevuto numerosissime conferme che in linea di massima i risultati arrivano più facilmente quando la struttura societaria è forte e ben strutturata, ma non necessariamente la società più forte è quella che comunica di più. Quindi non ci ha mai spaventato, ad esempio, il fatto di non sapere esattamente come si dividono il lavoro Ausilio e Sabatini in fase di calciomercato. Queste cose le lasciamo volentieri a Gianluca Di Marzio.

E non ci scandalizza nemmeno il fatto che il piano di rafforzamento dell’Inter avvenga per piccoli passi, stanti i paletti del fair-play finanziario e le restrizioni del governo cinese. Tutto questo per dire che se la triangolazione tra proprietà, dirigenti e tecnici avesse portato a passi razionali e a progressi sensibili avremmo potuto rinunciare a saperne di più.

Invece siamo stati costretti ad assistere a un bimestre balbettante sia sul campo che sul fronte del mercato: e per mercato non intendiamo certamente l’arrivo del grande nome, che a gennaio è sempre difficile da catturare, ma anche soltanto l’acquisto del centrale difensivo implorato in ginocchio da Spalletti nella conferenza stampa di Firenze. Era il 5 gennaio. Solo venti giorni prima l’Inter era ancora in testa alla Serie A. Venti giorni più tardi era chiaro a tutti che il vento era girato definitivamente in senso contrario e che, soprattutto, non sembrava essere presente in società una figura in grado prendere il timone in mano per strambare energicamente.

Sabatini dà le dimissioni

E in queste ore arrivano le indiscrezioni raccolte dalla Gazzetta dello Sport che due settimane fa Walter Sabatini (il quale ricordiamolo, è un collaboratore di Suning e non dell’Inter) avrebbe chiesto la risoluzione del contratto. Il suo eventuale addio ci confermerebbe che quella sensazione di impotenza provata tra la metà di dicembre e febbraio non era dovuta a un semplice malumore dei tifosi di fronte ai risultati improvvisamente crollati, ma si riferiva a qualcosa di più profondo e che andava oltre anche rispetto ai vincoli dati dalla Uefa e dalla Repubblica Popolare Cinese.

Sabatini, l’uomo forte di Suning

Nel disegno iniziale Walter Sabatini avrebbe dovuto essere l’uomo forte, il visionario, l’uomo capace di gestire trattative di alto respiro anche internazionale, laddove Ausilio doveva rappresentare la parte più strettamente operativa, il recuperatore di palloni, l’instancabile faticatore di centrocampo.

Non stiamo dicendo che se sotto l’albero di Natale fosse arrivato il centrale difensivo (oppure Pastore o lo stesso Ramires, che peraltro dovrebbe essere ancora indisponibile) adesso saremmo ancora attaccati a Juventus e Napoli, ma che in quel lungo frangente tutti, ma proprio tutti, a partire dai giocatori, abbiamo sentito la nave ballare troppo. Oggi capiamo che la tempesta non ce la siamo sognata e che in cabina di pilotaggio mancava la mano forte. I risultati sono andati di conseguenza. Non abbiamo informazioni di prima mano che ci confermino che la tanto lamentata “assenza della società” sia tale anche dietro le quinte, però che questa assenza non sia una completa invenzione lo deduciamo dalle difficoltà.

Far rientrare le dimissioni!

Ora la squadra sembra aver ripreso con il piglio giusto, forse anche la chiusura della destabilizzante fase di mercato ha aiutato a guardare avanti. L’odierna notizia dell’arrivo di De Vrij potrebbe fare ipotizzare che le supposte dimissioni di Sabatini, che risalirebbero a quindici giorni fa, possano essere nel frattempo rientrate. In fondo lo speriamo. Una conferma l’avremo dalla gestione delle scadenze di Rafinha, di Cancelo e su quanto verrà fatto per mantenere Icardi e Skriniar in nerazzurro. Insomma: non ci importa se i direttori sportivi e generali di altre squadre hanno uno stile più verboso e aperto con i media e quindi con i tifosi. A noi basta che si faccia la cosa giusta. Fate la cosa giusta: anche senza dircela, ma fatela.

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