A volte basta un episodio. Ma a questa Inter, forse, succede un po’ troppo spesso. A Bologna, dopo il gol di Arnautovic, i nerazzurri erano entrati in un incubo sfociato in naufragio; contro l’Empoli, dopo 40 minuti terribili, è bastato l’autogol di Romagnoli per dare la scossa e spingere gli uomini di Inzaghi verso una rimonta di puro furore agonistico. Ben 37 i tiri verso la porta dei toscani, che hanno opposto resistenza il più a lungo possibile, con un Vicario in stato di grazia e facendo fisicamente muro con i propri giocatori.

La squadra di Andreazzoli ha dimostrato di essere ben organizzata, come dimostra il gol di Pinamonti, nato da una costruzione intelligente, seppur favorita da un pressing troppo alto e prematuro da parte degli uomini di Inzaghi. La reazione nerazzurra era già riscontrabile dopo lo 0-1, ma era stata caratterizzata da poco nervosismo e lucidità. L’autogol di Romagnoli, invece, unito alla spinta di uno stadio commovente ed encomiabile, ha dato vita ad una risalita condita da qualità e ferocia: la manovra dell’Inter assomigliava a un vortice che pian piano ha risucchiato i giocatori dell’Empoli. In una settimana in cui si è parlato molto del miedo escenico del Bernabeu, ieri abbiamo assistito – con le dovute proporzioni, visto il diverso coefficiente di difficoltà – all’effetto San Siro. La casa dell’Inter assomigliava tanto a La Bombonera: segno che i tifosi della Beneamata non mollano mai, ci credono ancora e forse, sullo 0-2, ci credevano ancor più dei giocatori. Il finale di campionato sembrava essere scritto, specie nel momento in cui vedi Skriniar e De Vrij sbagliare in successione sulle reti di Pinamonti e Asllani.

Poi, però, dopo la succitata autorete, il pomeriggio è diventato un assedio nerazzurro, nel quale tutti sono saliti di livello. La difesa ha recuperato palla alta, Perisic è stato la solita spina nel fianco, Brozovic il direttore d’orchestra, Barella infaticabile e lucido in scelte e giocate, Calhanoglu splendido rifinitore per Lautaro e coraggioso nel provare conclusioni da fuori. Poi, però, quando la palla non entra e pesa, c’è bisogno del campione là davanti. E l’Inter ce l’ha, eccome se ce l’ha, nonostante in molti asseriscano il contrario.

Un Toro ti salva la vita

Con il pareggio, i nerazzurri avrebbero perso ogni residua speranza di titolo: è il segreto di Pulcinella. Quando arriva il 65′, ci stai provando in tutti i modi, il portiere avversario si esalta, i giocatori fanno muro immolandosi davanti alla porta, ci vuole un campione. Lautaro non è solo l’attaccante più forte dell’Inter (per distacco), è anche giocatore di indubbia qualità e di mentalità solida. Vuole vincere sempre: parlava di Scudetto anche durante la prima stagione in nerazzurro, quando la Juventus era a distanza siderale quanto a rosa, più che in classifica. E ieri lo ha dimostrato ancora, rimanendo sempre lucido nel momento più difficile. È vero, spesso tende a incupirsi nei momenti della stagione in cui non trova il gol e da questo punto di vista deve crescere, ma in molti dovrebbero riflettere sul fatto che, quando la palla ha cominciato a pesare di più, il Toro ha segnato 7 gol in 6 partite. Il gol del 2-2 è di enorme difficoltà, esaltante per come la palla viene scaraventata in rete con precisione e potenza: alla Mark Lenders in Holly e Benji. 

Giusto che sia stato ancora lui a portare avanti l’Inter, garantendole la sopravvivenza quando il campionato sembrava finito. Giusto perché è stato etichettato come mediocre, sopravvalutato, ingrassato, ridotto a ombra di Lukaku, giocatore del quale ci si può privare a cuor leggero. Il numero dieci, invece, è arrivato a quota 23 gol stagionali, record in carriera, ma soprattutto si sta dimostrando leader tecnico e mentale. E forse pure l’allenatore si è un po’ pentito di non avergli garantito centralità nel momento più difficile della stagione, scegliendo sempre Dzeko come intoccabile e sostituendolo in maniera sistematica intorno all’ora di gioco.

Fra la speranza di un miracolo e il desiderio di un altro titolo

Per la situazione in classifica cambia poco, nel senso che l’Inter ha ancora bisogno di un miracolo che si traduca in tracollo milanista. Ma era giusto e sacrosanto non fare altri regali ai rossoneri: i nerazzurri sono già stati particolarmente prodighi, in questo sensom durante la stagione. Soprattutto, sarebbe stato un delitto deludere lo splendido popolo nerazzurro che ieri ha riempito San Siro in ogni ordine di posto per la terza partita consecutiva. Lo stesso supporto che verrà garantito anche mercoledì a Roma, nella finale contro la Juventus.

L’Inter cerca il secondo titolo stagionale, ma sarà durissima: i bianconeri ieri hanno fatto ampio ricorso al turnover visti gli inesistenti obiettivi rimasti, mentre i nerazzurri hanno speso tantissimo impiegando tutti i titolari. Certo, all’interno di una stagione nella quale l’Inter rischia di fare un regalo tanto enorme quanto atroce al Milan, non sarebbe male vincere il secondo trofeo su due contro la Juventus, chiudendo la stagione senza sconfitte contro la squadra di Allegri. La Beneamata, d’altronde, ha chiuso la striscia di scudetti dei rivali lo scorso anno, ma non quella di trofei vinti, visto che i bianconeri hanno comunque portato a casa Supercoppa e Coppa Italia. Quest’anno la prima è già stata appannaggio dei nerazzurri. Non c’è bisogno di dire altro.

 

24 anni, laureato in "Scienze della Comunicazione" presso l'Università della Calabria. L'Interismo è qualcosa che scorre dentro senza freni, in maniera totalmente irrazionale. Condividere questo sentimento è magnifico, scrivere di Inter ancora di più.