Giorni difficili, questi, per noi Interisti. Quanto accaduto domenica sera a Firenze è la prova pratica del “piove sul bagnato”. Già, perchè non bastavano il caso Nainggolan di fine anno, il gennaio terribile cosparso di risultati negativi e dei malumori prolungati di Perisic con richiesta di cessione, il terremoto Icardi di San Valentino. Proprio quando la squadra sembrava in ripresa ed aveva infilato – a cavallo della decisione di cambiare il proprietario della fascia di capitano – quattro vittorie consecutive, sono subentrati dei fattori esterni pesanti come macigni. Una decisione, al minuto 100 (!), che ha portato via due punti fondamentali ai nerazzurri, mettendoli in grossa difficoltà per quanto riguarda la difesa di un posto Champions.

E allora, ieri mattina, ci siamo svegliati un po’ tutti con l’amaro in bocca. E via con i “stiamo arrivando” del collega di lavoro milanista della scrivania al tuo fianco, del collega universitario, del compagno di banco a scuola. E tu ripensi ad Abisso, a quella decisione assurda che ci ha impedito di rimanere a distanza di sicurezza. Poi ripensi a Icardi, che millanta un infortunio dal giorno in cui è stato degradato, a quello che è stato e a quello che poteva essere con un po’ di intelligenza e di buon senso in più. Poi, però, pensi anche al fatto che sei Interista, orgogliosamente Interista, e che hai la tempra per poter resistere ad ogni situazione difficile, visto che ne hai passate di cotte e di crude ma poi, il bello di questa fede, è che quando la vittoria arriva è imparagonabile a quella di qualunque altro club. Per spessore umano, morale, per quelle sensazioni che solo questo meraviglioso club può regalarti. E allora andiamo ad analizzare questo momento, passo per passo, e capiamo come “sopravvivere”, tra il serio e il faceto, a questo momento duro e allo stesso tempo strano. Fra speranze, inviti e segnali di fiducia. Perchè ce ne sono, a partire dall’atteggiamento che la squadra sta mostrando nell’ultimo periodo.

1) La speranza: mai più assurde decisioni arbitrali

Marotta l’ha definito “un danno notevole”, “il più grande errore nella storia del VAR“. Ed ha ragione, clamorosamente ragione, perchè a distanza di due giorni si fatica a capire il motivo per il quale il signor Abisso da Palermo abbia visto e rivisto per 4 lunghi minuti un rigore totalmente inesistente. Sarebbero potuti bastare trenta secondi per capire che la decisione era nettamente errata, ma in 4 minuti Abisso è riuscito addirittura a confermare il proprio errore e a strapparci via due punti. Non vogliamo pensare alla malafede, certo, anche perchè probabilmente si sarebbe manifestata già prima, in occasione del rigore (sacrosanto) concesso all’Inter o del gol annullato (altrettanto sacrosanto) a Biraghi. Però l’errore è talmente macroscopico da far pensare che Abisso non abbia deciso serenamente, che sia stato influenzato da un ambiente che ribolliva di rabbia senza un motivo ben precisato. Un ambiente che ritiene i polpastrelli non appartenenti alla mano, ma il petto, quello sì. Un ambiente che vede in Federico Chiesa il suo capitano, un giocatore dal talento immenso che però diventa simbolo ed espressione lampante dei problemi del calcio italiano: un mix di bassezze, scorrettezze e simulazioni a dire basta. Marotta ha scelto di parlare con toni duri ma senza scadere nel ridicolo: grazie al cielo, almeno, non ha parlato di bidoni della spazzatura al posto del cuore o di flauti che hanno falsato una partita. Ha semplicemente fatto notare che è inconcepibile sbagliare e condizionare un risultato nonostante l’aiuto prezioso del VAR, sperando che le sedi opportune prendano una decisione in tal senso. L’Inter deve farsi sentire affinché quello che è successo a Firenze non succeda mai più. Non con queste modalità, non in maniera così grottesca e inspiegabile. Altrimenti non ha più senso. E se davvero l’Inter non andrà in Champions (ma siamo fiduciosi nell’esito opposto), che succeda per demeriti propri. Non per fattori esterni.

2) L’invito al buon senso: la situazione Icardi

Se in un primo momento c’è stato spazio per il lato romantico della faccenda, per quella speranza irrazionale che Icardi potesse ritornare ad essere simbolo dell’Inter nonostante tutto quello che è successo, adesso è purtroppo giunto il momento di badare al concreto. Con una premessa necessaria: questa situazione, di certo, non può andare avanti. Da più di dieci giorni, ormai, siamo di fronte al teatro (parola scelta non a caso) dell’assurdo. Un giocatore che dichiara di essere infortunato, con una moglie-agente che, nell’ordine, due settimane fa attacca i compagni di squadra; la scorsa settimana piange in diretta nazionale dichiarando di voler restare all’Inter davanti a Marotta; due giorni fa attacca nuovamente tutti con tono arrogante, Perisic in primis. E fa capire che suo marito non chiederà scusa a nessuno. E allora va bene, ognuno faccia le scelte più opportune, ognuno continui per la sua strada, ognuno si regoli di conseguenza. Sì, ma a giugno. Il mese di febbraio non è mai stato tempo di scelte di vita in ambito calcistico. Qui serve necessariamente che si prenda una decisione, perchè il fatto che Icardi stia fuori non fa bene a nessuno. A lui in primis, perchè così facendo sta dimostrando di essere un non-professionista davanti a tutta Europa. E non ci sembra a suo agio nel ruolo di spettatore.

Il numero 9, inoltre, sta perdendo forse inesorabilmente e definitivamente il treno per la Nazionale argentina, ambiente che ha faticato a conquistare e nel quale non è mai stato ben visto. Figuriamoci dopo questo episodio. E poi ci perde l’Inter, priva di uno dei suoi giocatori migliori che tanto servirebbe in questi tre mesi di rush finale. Per cui, si cerchi di usare il buon senso, si guardi al concreto. Icardi ha due strade, dando per scontato che la farsa della fisioterapia non potrà andare avanti per molto. O si opera, chiudendo in anticipo la stagione trovando una buona attenuante per non giocare più con la maglia dell’Inter, oppure ritorna in campo e fa ciò che sa fare meglio: il gol. Tragga motivazioni da se stesso, Icardi, se non nutre più l’amore che millantava in passato per questo club. Dimostri a tutti di essere ancora un professionista. Ne gioverebbe anche l’Inter. Poi, a giugno, ognuno per la sua strada. Perchè ci sono momenti in cui essere cinici e pragmatici.

3) Segnali positivi: atteggiamento della squadra ed ambiente compatto

Bisogna scindere il pareggio di ieri, ottenuto nelle condizioni di cui si è ampiamente parlato, dal momento della squadra. La squadra appare unita, compatta, pronto a battagliare. Il caso Icardi ha indubbiamente fornito motivazioni extra al gruppo, che si è sentito attaccato dall’esterno con troppe voci sull’ambiente che circonda Appiano Gentile. Appare difficile pensare che il numero 9 sia il mostro che sparisce e porta serenità, francamente, ed è proprio il motivo per cui ci auspichiamo quel suo ritorno “senza sentimenti” in tempi brevi. Certo, restano i suoi problemi ormai acclarati con Perisic. Non sappiamo se l’interpretazione relativa all’esultanza di Politano sia corretta, fatto sta che Wanda Nara ha reagito in malo modo appena ha visto le immagini. A riprova che i problemi fra i due esistono, e belli grossi. Serve però che ognuno accantoni i problemi personali per i rimanenti tre mesi di stagione. D’altronde, Spalletti non troppo tempo fa aveva detto: “Ci giochiamo le carriere”. Ed è questo che dovrà far capire ai propri ragazzi. Già, Spalletti, altra incognita nel futuro dell’Inter. Ultimamente lo si vede in difficoltà, nervoso, e non parliamo solo di ieri sera, quando anche un maestro di yoga sarebbe esploso e andato fuori di sè. Probabilmente anche l’allenatore di Certaldo sta avvertendo una pressione forte come non mai intorno alla sua figura. E magari pensava di non poter mai oltrepassare i limiti dell’ambiente romano con il caso Totti.

Anche lui, però, ha dimostrato di riuscire a rialzarsi proprio quando sembra sull’orlo del precipizio. Ed è questo che ci auspichiamo. Solo così si può uscire indenni da questa stagione, e per indenni si intende principalmente un piazzamento Champions, che a novembre nessuno avrebbe mai messo in discussione. E poi, ovviamente, c’è anche l’Europa League. Quella piccola fiammella di speranza per poter vivere ancora notti di adrenalina. Poi, a giugno, se rivoluzione dev’essere, se i vari Icardi e Perisic abbandoneranno Milano, che rivoluzione sia.

4) Il fattore San Siro

Serve la spinta del popolo nerazzurro, quella che non è mai mancata e che mai come adesso è indispensabile. Per cui, coloriamo San Siro di nerazzurro, diamo forza alla nostra passione, al nostro canto, al nostro orgoglio. Mettiamo da parte il rancore (giustificato) per alcuni personaggi che vanno in campo con la nostra maglia. Facciamolo per il bene dell’Inter. E sosteniamo soltanto la maglia, i colori, lo stemma, la nostra fede. La sopravvivenza passa soprattutto da qui.

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