È ancora 1-1. Il terzo consecutivo. Ed avviene nella stessa modalità degli ultimi, quelli contro Atalanta e Lecce: vantaggio interista, sofferenza, pareggio avversario, tentativo di fiammata finale alla ricerca del disperato 2-1 fallito. L’Inter di Conte frena ancora. Maran disegna il Cagliari con un 3-5-2 a specchio che mette in difficoltà ancora una volta i nerazzurri. Sta diventando una costante, ormai, il fatto che gli allenatori avversari – per affrontare l’Inter – utilizzino lo stesso modulo in modo da arginarne il potenziale e la capacità di pressing, che comunque non viene mai a mancare ma diventa meno efficace. Anche su questo Antonio Conte dovrà lavorare, con l’aiuto dei nuovi acquisti, per recuperare quell’imprevedibilità che spesso, negli ultimi periodi, sta venendo meno. L’Inter perde presto Skriniar per una sindrome influenzale: lo sostituisce Godin che – suo malgrado – lo fa rimpiangere eccome. Altra partita sotto tono per l’uruguaiano, che continua a sembrare un pesce fuor d’acqua nella difesa a tre. Si vede che il piglio è quello del grande giocatore, ma la brillantezza fisica, a 33 anni, non può più essere quella dei tempi d’oro. Per questo va spesso in affanno, ed entra ancora una volta in negativo nell’azione del gol avversario. Di tutt’altro stampo la partita del solito eccezionale De Vrij, che salva più volte il reparto sull’1-0 e sventa i pericoli ai quali l’Inter si espone dopo il pareggio, quando va disperatamente e nervosamente alla ricerca del 2-1. Lui e Bastoni, oltre che un’ottima fase difensiva, garantiscono anche preziose doti di regia. A centrocampo Borja Valero è il migliore dei tre nel primo tempo, sia in fase offensiva che in difensiva, ma le energie vengono a mancare come di consueto intorno all’ora di gioco.

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Barella Sensi, come a Lecce, dimostrano di essere ancora lontani dalla condizione migliore: i due crescono nella ripresa, ma sono ancora un lontano ricordo di quei due giocatori fondamentali visti nella prima parte di stagione. La nota lieta arriva dalla fascia destra, con un’ottima partita giocata dal debuttante Young (suo l’assist per il gol di Lautaro). Meno lieta, come al solito, la prestazione dell’esterno sinistro, Biraghi. Cristiano si impegna, lotta, corre, ma è totalmente inadeguato – senza offesa – nel ruolo di titolare di una squadra da vertice come l’Inter si propone di essere. Davanti, è solita partita di lotta per la coppia Lautaro-Lukaku. L’argentino, oltre al gol, prova a costruirsi altre opportunità ma in alcuni casi sbaglia la scelta (o la sbagliano i suoi compagni), mentre il belga, a parte una progressione devastante con la quale rischia di far venir giù San Siro, non riesce a sfondare.

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INTER COSA SUCCEDE?

Dicevamo che l’Inter, ancora una volta, è stata agguantata sul pareggio. Quali sono i comun denominatori rispetto alle gare contro Atalanta e Lecce? Sicuramente il calo nel secondo tempo, che a dir la verità è una costante di tutta la stagione. In questi ultimi match, però, la flessione appare più netta, a dimostrazione del fatto che questa squadra è in difficoltà fisica, appare svuotata. Che sia un richiamo di preparazione svolto nel mese di gennaio per arrivare al top in primavera? Le squadre di Conte solitamente, nel mese di gennaio, sono meno brillanti, ma c’è anche da dire che 3 pareggi consecutivi, per le sue squadre, sono parecchio rare. Se poi sbagli delle scelte decisive in ripartenza, non riuscendo a concretizzare un raddoppio che sarebbe stato importantissimo, tutto diventa più difficile ed il triste epilogo diventa più probabile. Bisogna sottolineare, poi, che anche ieri si è giocato con un reparto di centrocampo in totale emergenza: tre uomini contati, tutti in campo, fra cui Borja Valero, che negli ultimi 20-30 minuti arranca, e parecchio. Gli ennesimi infortuni – stavolta di Brozovic e Gagliardini – oltre che alla situazione controversa di Vecino, si sono rivelati ancora una volta pesanti. Certo, avere a disposizione Eriksen un paio di settimane in anticipo sarebbe stato determinante. Una differenza da colmare di soli 3-4 milioni, che nel mondo del calcio sono francamente una cifra abbastanza irrisoria, (specie per una società come l’Inter, e specie se parliamo di Eriksen), giustificano una trattativa così lunga in una fase determinante del campionato e con un centrocampo a cui mancavano uomini come l’acqua nel deserto? L’interrogativo resta, ma è inutile perdersi ulteriormente in rimpianti per quel che sarebbe potuto essere e non è stato.

NERVI

L’Inter, nel finale, perde la testa. La squadra è nervosa per il terzo pareggio consecutivo, perché la Juventus si allontana in maniera probabilmente definitiva, perché al miracolo – ad un certo punto della stagione – ci credevano un po’ tutti. Tifosi compresi. La squadra di Conte, c’è da dire, viene anche esasperata da un metro di giudizio a senso unico adottato da Manganiello: all’inglese quando c’è da sanzionare i falli commessi dai sardi, esageratamente all’italiana quando si tratta di maglie nerazzurre. L’impressione era quella che, nel momento in cui ci fosse da fischiare fallo per l’Inter, l’arbitro smarrisse il fischietto, per poi recuperarlo prontamente nel momento in cui c’era da fischiare per Simeone & c. Lascia perplessi, poi, la gestione del recupero: 4 minuti assegnati un’espulsione, almeno 5-6 falli con perdite di tempo reiterate, minuti effettivi giocati? Qualche secondo in più di 1. Lautaro si fa espellere, Conte viene placcato a fatica da Oriali e il suo staff e così via. Preoccupano in particolare le giornate di squalifica dell’argentino, con Udinese ma soprattutto Milan e Lazio alle porte. Pronti a sostituirlo Sanchez e probabilmente Giroud. L’impressione è quella di una crisi di nervi. Bisogna fare in modo, però, che non diventi una crisi di risultati, perché questa ancora non lo è. Certo, tre pareggi consecutivi rappresentano una importante frenata, ma l’Inter non può considerarsi in crisi. Gli uomini di Conte sono ancora al secondo posto (in potenziale coabitazione con la Lazio) e da lì devono ripartire. Già, proprio Conte ieri pomeriggio ha abbandonato lo stadio senza rilasciare dichiarazioni, ufficialmente per un attacco febbrile. Il tecnico è probabilmente il primo a dover recuperare serenità. Comprensibile ed anche apprezzabile il fatto di essere furiosi per un primo posto che si allontana sempre di più. Anzi, finalmente c’è qualcuno sulla panchina dell’Inter con una mentalità da Inter. L’ambizione è sicuramente da lodare, in ogni contesto. Questa, però, deve scaturire positività. Conte sapeva della differenza enorme che ancora sussiste fra le rose di Inter e Juventus, ma comprensibilmente ed anche ammirevolmente cercava il miracolo. Ma in quanto miracolo, rientra nella normalità il fatto che questo – nella stragrande maggioranza dei casi – non si verifichi. Conte è l’allenatore giusto per questa Inter, e l’Inter è la squadra giusta per Conte. Magari non si vincerà subito, ma le basi poste sono quelle corrette.

Insieme, rimanendo uniti e non facendosi prendere da isterismi, si può soltanto crescere. Già da mercoledì, per prendersi la semifinale di Coppa Italia. Un trofeo da cui si può partire. Nell’ultimo ciclo vincente nerazzurro è andata proprio così.

24 anni, laureato in "Scienze della Comunicazione" presso l'Università della Calabria. L'Interismo è qualcosa che scorre dentro senza freni, in maniera totalmente irrazionale. Condividere questo sentimento è magnifico, scrivere di Inter ancora di più.